Pubblicato il 11/02/2022, 14:32 | Scritto da La Redazione

“Il Riformista” spara a zero su Ranucci e “Report”. Ma cosa sta succedendo?

“Il Riformista” spara a zero su Ranucci e “Report”. Ma cosa sta succedendo?
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: il quotidiano diretto da Pietro Sansonetti lancia accuse durissime al vicedirettore di Rai3, parlando di fatture false, dossier su politici e rapporti con i Servizi segreti.

Ecco Ranucci: fatture false, latitanti, dossier di fango e super 007 molto amici

Il Riformista, pagina 1, di Aldo Torchiaro.

Siamo entrati in possesso di documenti che riguardano il modo nel quale viene realizzato il programma di Rai3 Report. Da questi documenti risulta che il coordinatore di questo programma, Sigfrido Ranucci, ha offerto dei soldi ad alcuni free lance che gli proponevano dei filmati per demolire la reputazione di un politico. Non solo offriva soldi, ma li offriva con un raggiro. Cioè proponeva a questi free lance di fargli avere per posta e in forma anonima i filmati che incastravano il politico e poi di vendergli invece, fatturandolo, un servizio privo di interesse, anche immagini grezze, sulla Calabria. Ranucci spiega che lui stesso avrebbe garantito il valore giornalistico del servizio sulla Calabria alla Rai e quindi avrebbe ottenuto il pagamento dalla Rai. Poi avrebbe archiviato la Calabria e usato invece le immagini contro il politico. Non sappiamo come.

Diciamo che, a quanto pare, è questo il metodo con il quale si fabbricavano dossier a spese della Rai. A noi avevano detto che era giornalismo di inchiesta. Mah. Uno dei freelance avvertì Ranucci che lui non poteva nemmeno stare in Italia (evidentemente dichiarava di essere latitante), ma Ranucci gli disse di non preoccuparsi perché gli avrebbe procurato un appuntamento con il capo dei Ros dei carabinieri.

Il metodo Report

L’etica. La trasparenza. Il rigore morale. Quei valori che Sigfrido Ranucci predica per gli altri, non valgono per Report. Non per quella sua azienda nell’azienda, anzi: per quella fabbrica che è diventata la trasmissione di cui il vicedirettore di Rai3 è autore e conduttore. Una fabbrica di dossier costruita su mandati precisi e diretti e realizzata grazie a relazioni arcane, commistioni oscure e commesse scottanti. Il Riformista, usando gli strumenti di inchiesta giornalistica di cui troppo spesso Ranucci si è fatto portabandiera, ha guardato dentro al “metodo Report“. Partendo da quei messaggi – sparati come colpi al cuore, in quel suo sfogo «da un uomo a un altro uomo» – con cui il conduttore Rai si è rivolto al deputato Andrea Ruggieri e al senatore Davide Faraone.

«Abbiamo 78.000 dossier», aveva sparato per intimidire (o ricattare?) i parlamentari che in Commissione di vigilanza da troppo tempo osano inarcare un sopracciglio. L’iperbole non distragga: conta il metodo. Il come e non il quanto. E il metodo è terrificante. Quello messo in atto da Ranucci nel tempo è un mercanteggiamento di video, di piste, di ipotesi accusatorie fondate su filmati ottenuti con formule di inscatolamento indegne del servizio pubblico.

Come funziona

Proviamo a immaginare Ranucci che, seduto al tavolo di un ristorante, incontra tre persone. Una sta con lui, due invece sono freelance di un service videogiornalistico. L’appuntamento è stato concordato perché i freelance avrebbero del materiale che risponde a una sua esigenza: un video che potrebbe “incastrare”, come si ama dire a Report, un politico. Ranucci si presenta in veste di acquirente e spiega agli ignari astanti come funziona il meccanismo. Come funziona? Il mercato nero di Report prevede “una formula”, come la chiama Ranucci. «Voi mi date del materiale grezzo, montato su una mini-cassetta. Non l’avete? Ve la fornisco io. E la Rai paga». Si legga: paghiamo noi contribuenti. Ma per cosa? Per ottenere dai due “videosicari” un video “rubato” che esporrebbe qualche vizio segreto di un rappresentante delle istituzioni, con quella che il conduttore definisce “una prassi”.

Eccola: «Da un lato entra del materiale grezzo con un titolo di fantasia, che ne so, immagini da Crotone». Un girato che non ha alcuna attinenza con il servizio che in realtà, nei disegni di Ranucci, va costruito. E che quindi non andrà mai in onda, ma che serve come copertura per la fatturazione. Nel mirino di Ranucci adesso c’è un politico del Nord. E per depistare, va scritto che si tratta di un filmato sulla Calabria. «Il materiale che entra viene pagato dalla Rai», assicura. Gli interlocutori a quel punto lo interrogano. Faranno controlli? «La Rai controlla, sì, ma voi come service fate cose anche legali, no? Bene, la Rai verifica che voi esistete e che il materiale c’è, poi io garantisco che ha un interesse giornalistico importante e vi faccio mettere in pagamento la fattura». Dove sta l’inganno? Che in realtà deve entrare anche la cassetta con il materiale che scotta, quello che i freelance avrebbero in mano. E deve entrare in Rai con una busta anonima. Spedito con tutti i crismi dell’anonimato assoluto. «Decidiamo da dove. La busta la possiamo far arrivare, senza mittente, da Bolzano, da Roma, Milano, Verona, Padova, Piacenza… La posso far mandare da dove decidiamo che sia il posto più sicuro. E a qualsiasi persona che mi dovesse chiedere da dove mi è arrivata, dirò solo che è arrivata in redazione questa busta anonima». E si premura di aggiungere: «Dirò che ho fatto delle verifiche, punto. E la storia finisce là».
(Continua su Il Riformista)

 

(Nella foto Sigfrido Ranucci)