Pubblicato il 28/05/2020, 11:32 | Scritto da La Redazione
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Allora, Salini, te ne vai o no a Netflix?

Allora, Salini, te ne vai o no a Netflix?
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: Michele Anzaldi, il parlamentare Pd con l’ossessione per la Tv, e il presidente della Commissione parlamentare di vigilanza, Alberto Barachini, s'interrogano sull’a.d. della Rai. E parte uno sfottò per Beppe Grillo…

Che Rai sarà?

Il Foglio, pagina 4, di Valerio Valentini.

L’incertezza, diceva Erich Fromm, è la condizione perfetta per incitare l’uomo a scoprire le proprie possibilità. In Rai, invece, è la condizione perfetta per generare l’immobilismo, e il caos che ne deriva. E allora ecco che pure Federico Fornaro, sempre pacifico, allarga le braccia sconsolato: «Fabrizio Salini deve chiarire le sue intenzioni per il futuro», dice il capogruppo di Leu alla Camera e membro della commissione di Vigilanza. «Non è possibile per la Rai affrontare le decisive sfide di questi mesi in un contesto di incertezza». Appunto. Un avviso di sfratto? «Se Salini vuol rimanere lo dica apertamente mettendo fine allo sterile chiacchiericcio dei corridoi aziendali oppure compia, legittimamente, altre scelte. Ma lo faccia subito».

Il chiacchiericcio, nella fattispecie, è quello che da giorni rimbomba per i corridoi di viale Mazzini, e che di lì inevitabilmente rimbalza tra le pareti di Montecitorio. Sul Foglio, lunedì scorso, lo abbiamo raccontato: a quanto pare, Salini si è deciso a lasciare la guida della Rai. Una scelta, quella dell’amministratore delegato voluto dal M5s agli albori del grillo-leghismo, che sarebbe motivata, tra l’altro, anche da una faccenda di impedimenti legali. «Da giorni – dice Michele Anzaldi, deputato di Italia viva – si parla di una misteriosa clausola nel contratto di Salini, secondo cui se non lascerà l’incarico entro giugno, al termine del mandato sarà poi costretto a rimanere fuori dal mercato televisivo per uno o due anni».

Il patto di non concorrenza

Ma forse non c’è neppure bisogno di inseguire i misteri. Perché basta leggere il testo della legge di riforma della Rai, voluta dal governo Renzi nel dicembre del 2015, per scoprire che sì, una clausola esiste eccome. Articolo 2, comma 10 bis. Recita così: “Nell’anno successivo al termine del mandato di amministratore delegato, non può assumere incarichi o fornire consulenze presso società concorrenti della Rai”. E pare che a Viale Mazzini si siano attivati per capire se davvero questa clausola entrerebbe in vigore a breve, nel senso che, entrato nel terzo anno di validità, il mandato dell’ad si considererebbe concluso. Se così fosse, Salini avrebbe tempo fino al 27 luglio, per formalizzare le sue dimissioni. Specie se sono vere le voci che lo descrivono come interessato ad un approdo a Netflix, su cui pure gli addetti ai lavori nutrono qualche dubbio.

«In realtà – spiegano nel M5s – Salini potrebbe andare via anche perché ormai il cda della Rai è una polveriera, la politica non dà più garanzie e il clima in azienda è pessimo anche in virtù delle azioni legali che alcuni giornalisti hanno mosso contestandogli un demansionamento». E allora altre voci, altri pettegolezzi: come quello che vorrebbe Salini spinto a un riposizionamento interno all’azienda, magari alla guida di Rai Way o addirittura di Rai Cinema.

 

(Nella foto Fabrizio Salini)