Pubblicato il 31/05/2023, 19:01 | Scritto da La Redazione

Piero Chiambretti: Ma quale censura in Rai, sono andati tutti via spontaneamente

Piero Chiambretti: Ma quale censura in Rai, sono andati tutti via spontaneamente
Lo showman di Mediaset, in un’intervista al quotidiano “La Stampa”, parla dei suoi 15 anni nella tv di Stato e di come le lottizzazioni politiche non siano cambiate negli anni. Ecco un estratto.

Piero Chiambretti: «La tv è da sempre un Grand Hotel, non sento aria di censura»

La Stampa, pagina 11, di Andrea Malaguti.

«Alla mia età mi sento come la Vanoni». Una donna? «No, una persona serena e in pace col mondo, che riesce a guardare le cose con distacco e può dire liberamente quello che gli passa per la testa». Anche quando si parla di Rai, Mediaset, pensiero unico e lottizzazione? «Soprattutto». Chissà se Ornella Vanoni è davvero pacificata, ma Piero Chiambretti, il bambino più adulto della tv italiana, sembra a due passi dal Nirvana. Invidiabile. «Oggi mi sento proprio a posto. Ho ricevuto un sacco di messaggi pieni di affetto. Vuole dire che ho seminato bene». Ha firmato un nuovo contratto? «No, è il mio compleanno. Sono 67. Il WhatsApp di mia figlia Margherita mi ha spappolato il cuore». Non lo sapevo, gaffe. Mi perdoni. Auguri. Parliamo di televisione? «Di che cosa se no?».

Piero Chiambretti, con una tessera in tasca si lavora meglio in tv?

«Bella domanda. Soprattutto perché ha tante risposte».

La prima che le viene in mente?

«La prima che mi viene in mente sono due. Se ce l’hai fatichi meno a lavorare, direi. Ma direi anche che se non ce l’hai, se sei un cane sciolto, hai il vantaggio che magari lavori anche quando cambiano i governi».

Diciamo che nella tv pubblica è meglio essere amici degli amici?

«Diciamo che la tv e la politica vanno a braccetto da sempre e che non c’è nulla di nuovo sul fronte occidentale, anche se oggi molti scappano dando l’impressione di farne una questione di principio».

E invece?

«Non vanno sulle montagne in Sardegna, si spostano più semplicemente dove hanno mercato per continuare a fare il proprio lavoro».

È un pizzino per Fazio?

«Ma figuriamoci. La tv è da sempre una specie di Grand Hotel pieno di gente che va e gente che viene».

Salvini ha salutato quelli che sono andati via da Rai3 con un velenoso Belli Ciao.

«Bah, un tempo la televisione spostava i voti. Nel 1994 successe con Berlusconi, che passò rapidamente da imprenditore a primo ministro. Poi questa forza di persuasione si è affievolita. D’altra parte se la tv fosse tutta di sinistra la destra non avrebbe vinto le elezioni».

Vero, ma Salvini e Belli Ciao?

«È di cattivo gusto usare Bella Ciao in questo modo. Rende omaggio a quei partigiani che morivano davvero per la nostra libertà. Mi pare una mancanza di rispetto nei loro confronti usarla così superficialmente».

Lo sente il venticello autoritario di cui tanto si discute?

«No. Io faccio tv da decenni e anche negli anni d’oro di Rai3, di cui sono stato fondatore (e me ne vanto), la lottizzazione era codificata. Rai1 alla Dc, Rai2 ai socialisti, Rai3 alla sinistra. Sono giusto cambiati i colori».

La Rai si sta impoverendo?

«Tutto può essere. Ma, da quello che leggo, chi se n’è andato lo ha fatto per scelta. Non è stato cacciato nessuno. E nessuno è rimasto disoccupato. Mi sembra difficile parlare di censure».

Di che cosa parlerebbe?

«Vedo che in giro ci sono agenti molto efficienti che riescono a garantire spazi confortevoli ai propri assistiti. Io, quando fui fatto fuori dalla Rai, rimasi fermo due anni. Nessuno si indignò o scese in piazza, ma non è che mi sentissi un martire. Piuttosto noto con dispiacere che in Italia gli ideali sono meno importanti degli interessi».

Chi fu a cacciare lei?

«Non ricordo l’esecutore».

Il mandante?

«Si disse Berlusconi. Che poi però mi ha chiamato a Mediaset, dove sono in piena sintonia con Piersilvio. Lavoro lì da dodici anni, dopo averne fatti quindici in Rai».

Ci resta a Mediaset?

«Spero di sì. Abbiamo dei progetti».

Ha mai votato per il Cavaliere?

«Mai. E neanche fatto una festa dell’Unità».

È vero che il suo primo provino in Rai, nel 1982, lo fece in mutande?

«Sì, avevo capito come sarebbe finita».

Mi pare che sia andata di lusso.

«Oggi sono una persona serena, senza conti in sospeso. A 67 anni sono un uomo libero, un privilegio a cui tanti si sottraggono. Ma la libertà di pensiero esiste. Poi, certo, bisogna trovare il pensiero».

Bello. Ma tornerei brevemente alle mutande. Che cosa le saltò in testa?

«Volevo rompere gli schemi e suscitare una reazione. Mi trovai in una stanza con sette funzionari di altissimo profilo e dissi: scusate, non ho sentito la sveglia e sono dovuto uscire di casa in fretta, avevo anche il pianoforte ma è rimasto incastrato nell’ascensore».

Reazione?

«Nessuna. Un silenzio tombale. Ma nella loro testa evidentemente restò qualcosa. Tipo: ma tu guarda questo demente».

Bruno Voglino, su questo giornale, ha detto di lei: Chiambretti è un genio, ma ha perso la sua carica rivoluzionaria. Le dispiace?

«È giusto che Voglino dica quello che pensa, anche se mi vede diversamente da ieri. Lo ringrazierò sempre per quello che ha fatto per me».

 

(Nella foto Piero Chiambretti)