Pubblicato il 02/02/2022, 15:01 | Scritto da La Redazione

Aldo Grasso dà una bella lezione a quelli di Report

Report, quel teorema su Berlusconi nell’inchiesta di Ranucci

Corriere della sera, pagina 43, di Aldo Grasso.

Silvio Berlusconi era appena uscito dall’ospedale e su Rai3 andava in onda Report con un’inchiesta di Luca Bertazzoni dal titolo II Paese che amo. Qui non si discute di tempistica, ma di metodo. Sigfrido Ranucci è libero di organizzare inchieste su Berlusconi, ma, a quasi 30 anni dalla «discesa in campo», mi sarei aspettato un salto di qualità, un’analisi politica, insomma qualcosa degno della Rai, del servizio pubblico. E invece ecco l’incipit moralistico: «Berlusconi aveva tutti i diritti di diventare presidente della Repubblica, non lo è diventato perché ha inoculato nella società un modello di scorciatoie, uomo solo al comando, interessi personali, editti bulgari e fango sugli avversari».

Poi si è parlato di «democrazia dell’audience», di Forza Italia come un «prodotto televisivo» e di Berlusconi professionista dello storytelling. II colpo grosso dell’inchiesta di Bertazzoni è stata una penosa intervista a Noemi Letizia di Casoria dove l’unica domanda che andava fatta alla signora era questa: «Scusi, ma i suoi genitori che parte hanno avuto in questa triste vicenda?». II metodo Report, gestione Ranucci, lo conosciamo: c’è un teorema da dimostrare per rafforzare il quale si usano spezzoni d’intervista, interlocutori come Lele Mora (almeno sincero), un Emilio Fede malato, un agente delle olgettine, filmati rubati, intercettazioni telefoniche, cose del genere: «la tragicommedia del giornalismo complottista», com’è stato definito questo tipo d’inchieste.
(Continua su Corriere della sera)

 

(Nella foto Sigfrido Ranucci)