Pubblicato il 28/09/2021, 15:02 | Scritto da La Redazione
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Alessandro Cattelan: Flop è una parola infantile, i numeri contano fino a un certo punto

Alessandro Cattelan: «In Rai nessun flop, ma ho sbagliato»

La Repubblica, pagina 30, di Silvia Fumarola.

La sera del debutto di Da grande, annunciato come la novità della stagione di Rai1, aveva trionfato la pallavolo. Domenica scorsa Alessandro Cattelan ha ironizzato sui bassi ascolti facendosi prendere a pallonate. La seconda e ultima puntata dello show è andata peggio della prima: 2 milioni e 196 mila spettatori (12% di share). «I numeri hanno un valore relativo, la Rai mi ha chiesto di essere me stesso e io ho portato me stesso».

Cattelan, cosa non ha funzionato?
«È una domanda difficile. Potrei dire quali sono le cose che non hanno funzionato e che avrei cambiato. Credo poche».
Non le avrebbe cambiate per partito preso, per presunzione?
«Potevo fare qualcosa diversamente, altre cose sono il mio modo di intendere la tv e credo che l’errore sarebbe stato cambiarle. Sono stato me stesso».
La regola d’ingaggio della Rai era: sii te stesso?
«Sono molto grato, mi hanno lasciato libero. Snaturandomi, avrei tradito l’impegno. Rai non è in crisi di ascolti, non cercava chi la risollevasse. Ha voluto rischiare di organizzare uno show con quello che so fare».
Che ha pensato dopo la prima puntata?
«Non ero molto felice, avevo visto gli errori. Era quasi una puntata zero in onda. La seconda, invece, era come ce l’eravamo immaginata. Con due o tre momenti che mi sono proprio piaciuti: la canzone con Serena Rossi, Lillo, le interviste con Tamberi e Jacobs».

I giovani non erano davanti alla televisione.
«I giovani hanno un altro modo di seguire il programma».
Dice che per crescere bisogna uscire dalla propria comfort zone, perché la partita la giochi anche se rischi di perderla. Quindi l’importante è partecipare?
«L’obiettivo è importante, il nostro era fare qualcosa che ci rispecchiasse. Abbiamo brindato al ristorante. C’è una fetta di pubblico che segue questo tipo di show».
L’idea del flop non la sfiora?
«Mi interessano le analisi, non sto qui a giocare. Ma il giorno dopo partono le analisi sul flop, parola infantile. A me interessano quelle basate sulla capacità, i numeri valgono fino a un certo punto».
In tv i numeri dicono qualcosa.
«Nel mondo della comunicazione di oggi i numeri sono tanti; in tv hanno importanza, ma non sono così totalizzanti. Uno show non si giudica solo dai dati».

II direttore di Rai1 Stefano Coletta l’ha paragonata a Fiorello e Letterman: troppe aspettative?
«Cerco di non sentirmi responsabile delle parole degli altri. Penso a quello che devo fare io, di fare le cose al meglio. Ho il mio modo di lavorare e di vivere. La Rai mi ha dato la libertà anche se ero uno sconosciuto per la gran parte del pubblico. La cosa bella è imparare qualcosa, spero che il mio team abbia lasciato qualcosa, abbia fatto vedere la tv in modo diverso».
Fa mai autocritica?
«Hai voglia. Certo».
Rapporto con la Rai?
«Non ho cambiato vestito, mi sono presentato per quello che sono. L’esperienza in Rai è stata tutta positiva. Ho fatto televisione col mio linguaggio e le mie modalità, non c’è mai stato un contrasto. La responsabilità era quella di “fare me”, come mi avevano chiesto. Ne sono stato stupito e onorato. Si pone attenzione all’identità, alle caratteristiche di ognuno di noi. Nel mio caso ero “troppo me” per Rai1?».
(Continua su La Repubblica)

 

(Nella foto Alessandro Cattelan)