Pubblicato il 07/12/2020, 11:35 | Scritto da La Redazione
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Mediaset non ha bisogno di aiutini di Stato

Salvare Mediaset forse non serve…

L’Economia del Corriere della sera, pagina 16, di Ricardo Gallo.

La pandemia ha cambiato il modo di vivere e anche di guardare la tv. Questo sta accelerando l’evoluzione dell’emittenza radiotelevisiva italiana, che si era già rivelata impreparata al digitale terrestre e al superamento degli apparecchi. Aveva usato tutte le vie di accesso ai contenuti, ma senza una vera regolamentazione. Dal duopolio Rai-Mediaset si era passati a una concorrenza mista, con i canali satellitari a pagamento e, di recente, free-to-air erogati da multinazionali su digitale terrestre. Si era arrivati alla convivenza di tre tv: servizio pubblico, privata commerciale, a pagamento. Con il Covid-19, venuti meno Olimpiadi e Campionato europeo di calcio, la raccolta pubblicitaria è calata e, con essa, il fatturato della tv commerciale. È aumentata la pressione concorrenziale di Netflix e Amazon.

Secondo Damiano Garofalo nel volume Industria, Italia, nel 2021 la tv online sarà privilegiata. Quella tradizionale entrerà in crisi pur restando centrale ancora un po’. L’industria tv completerà la transizione al digitale, ma dovrà cambiare i contenuti. Per aumentare il giro d’affari, cioè per economia di scala, si cercheranno coproduzioni europee come stanno tentando Sky Italia e Mediaset. Le pay-tv investiranno nei servizi on-demand tecnologizzati.

Incognite e precedenti

In questo scenario in movimento s’inquadrano la sensazione diffusa di un declino economico del Biscione; il tentativo di scalata a Mediaset da parte di Vivendi; l’emendamento legislativo a difesa dell’italianità; il timore dell’opposizione che ciò sia stato pagato da Forza Italia con un cambio di posizione politica verso il Governo; e la disponibilità espressa da esponenti storici del Pd a che l’italianità venga garantita con onere a carico dell’Erario. La storia dell’industria italiana è zeppa di salvataggi di imprese private in difficoltà, con acquisizioni da parte di controllate dello Stato sulla base di affermazioni non dimostrabili e mai dimostrate, quali: «settore strategico» (rame, siderurgia, alimentare, chimica, aeronautica), «sinergie pubblico privato» (chimica, trasporto aereo), «inaccettabilità» della proposta del privato (elettrodomestici, siderurgia).

Se ora si aggiungesse una «difesa dell’italianità» nella tv commerciale, forse non si scandalizzerebbe nessuno. Ma quali sono le reali condizioni di salute del gruppo Mediaset? Abbiamo analizzato i bilanci dal 2008 a oggi. Sorprendentemente, viene fuori che il gruppo ha un’eccellente salute patrimoniale e finanziaria. Anzi, nei primi sei mesi del 2020 ha aumentato di cento milioni una liquidità già buona in partenza. Ha consolidato l’indebitamento finanziario, avendo ridotto di 400 milioni i debiti a breve e aumentato per un importo inferiore quelli a medio e lungo termine. Patrimonialmente è solida, visto che ben metà dell’attivo totale è coperto da capitali di rischio. È finanziariamente equilibrata, visto che l’attiro durevole è coperto integralmente da risorse finanziarie affidabili.

 

(Nella foto la sede Mediaset)