Pubblicato il 13/06/2023, 19:02 | Scritto da La Redazione

Anche El Pais ricorda il Cavaliere

Anche El Pais ricorda il Cavaliere
All'inizio degli anni '90, Silvio Berlusconi rivoluzionò la televisione spagnola con programmi di intrattenimento leggero, molti dei quali importati dai canali che aveva lanciato con successo in Italia. Erano i tempi delle ragazze Chin-Chin e mamachicho, dei primi talk show e della macchina della verità. Così Rosario G. Gomez su El Pais.

Dalle “veline” ad un impero paneuropeo

El pais, di Rosario G. Gomez, pag. 5

All’inizio degli anni ’90, Silvio Berlusconi rivoluzionò la televisione spagnola con programmi di intrattenimento leggero, molti dei quali importati dai canali che aveva lanciato con successo in Italia. Erano i tempi delle ragazze Chin-Chin e mamachicho, dei primi talk show e della macchina della verità. L’imprenditore milanese non vedeva il mezzo televisivo come uno strumento per la politica, ma come intrattenimento. Sosteneva che la televisione “è solo un elettrodomestico che produce immagini”. Insieme ai suoi partner spagnoli, il suo gruppo mediatico Fininvest ottenne una delle tre licenze private concesse dal governo socialista di Felipe González, che ruppe il monopolio delle emittenti pubbliche in Spagna. Telecinco iniziò le trasmissioni nel 1990, tra grandi aspettative per i format impregnati di frivolezza e stravaganza e avvolti in un’estetica scintillante. Quel canale era l’embrione di Mediaset España, un conglomerato mediatico che è cresciuto e si è ampliato con la fusione di Sogecable, che ha portato all’interno emittenti come CNN+ e Cuatro. Il gruppo è oggi, insieme ad Atresmedia, una delle due holding audiovisive operanti in Spagna e si divide quasi equamente la pubblicità. Possiede sette canali DTT (Telecinco, Cuatro, Factoría de Ficción, Divinity, Boing, Energy e BeMad), oltre a una piattaforma pay, un’agenzia di stampa, il quotidiano digitale Nius, società di produzione audiovisiva e cinematografica e una potente divisione pubblicitaria. Un colosso che l’anno scorso ha registrato un utile di 178 milioni di euro. La legge sulle televisioni private limitava gli azionisti stranieri al 25%, ma già prima di ottenere la concessione Berlusconi aveva previsto che il mondo avrebbe presto riso di queste regole restrittive perché contrarie alla storia. E la storia gli ha dato ragione. Il governo spagnolo allentò a tal punto le condizioni che il gruppo della famiglia Berlusconi guadagnò gradualmente peso nell’azionariato, fino ad assumerne il pieno controllo. Berlusconi ha sempre visto la televisione come un business.

La sua massima era semplice: fare programmi per vendere pubblicità. Per anni, Telecinco è stato il canale più redditizio d’Europa. Riuscì ad assecondare i gusti di un pubblico ammaliato dallo “schermo amico” per mandare in onda un palinsesto a basso costo che raccoglieva ascolti sorprendenti con programmi di qualità discutibile. Il livello si abbassò a tal punto che il governo arrivò a sostenere un codice di autoregolamentazione per porre fine al trash televisivo. Alla fine degli anni ’80, Fininvest era già il gruppo con il fatturato più alto, dietro solo ai tre potentissimi canali privati statunitensi. Berlusconi si vantava di produrre 70 film all’anno e aveva ben chiara la sua “vocazione europea”. Credeva che solo attraverso la cooperazione si sarebbe potuto sfidare il dominio delle società audiovisive d’oltreoceano. È proprio con questo spirito che ha promosso la creazione della società transfrontaliera di media europei Media For Europe (MFE), il cui amministratore delegato è suo figlio, Pier Silvio Berlusconi. Questa società integra le attività di Mediaset Italia, Mediaset España e della società tedesca ProSieben e ha stabilito la sua sede centrale nei Paesi Bassi. In questo modo, Mediaset non è più quotata alla borsa spagnola, anche se la società intende operare in modo autonomo. MFE si configura come un grande conglomerato di produttori e distributori europei in grado di competere con le multinazionali dello streaming come Netflix, HBO o Disney+ e con gli occhi puntati sul mercato latinoamericano e sul pubblico di lingua spagnola negli Stati Uniti. MFE aspira a competere in condizioni più vantaggiose sia in Spagna, dove ha una straordinaria rivalità con Atres media, sia sul mercato globale. Gli esperti stimano che le sinergie e i risparmi sui costi derivanti dalla fusione della divisione spagnola e italiana di Mediaset ammonteranno a circa 55 milioni di euro. Dopo la scomparsa del mag nate italiano, l’impero mediatico è ora nelle mani dei suoi figli, che hanno posizioni diverse sul futuro di MFE, quotidianamente ambita da: uomini d’affari: aziende mediatiche rivali.
(Continua su El Pais)

 

 

 

 

 

(Nella foto Silvio Berlusconi)