Pubblicato il 07/01/2022, 15:01 | Scritto da La Redazione
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Il Tg1 senza grillini vola negli ascolti. E nella qualità

Il Tg1 senza grillini vola negli ascolti. E nella qualità
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: cambio di passo e linguaggio per il telegiornale di Rai1 con la nuova direzione di Monica Maggioni. Meno politica interna e più servizi di Esteri, sembra un tg della Bbc o della Cnn.

Senza 5 stelle la Rai brilla

Libero, pagina 27, di Gianluca Veneziani.

Vi siete accorti anche voi che il nuovo Tg1 sembra una versione tricolore della BBC o della CNN? Cosa diavolo sarà successo mai alla testata ammiraglia della Rai? È subentrata una variante anglofona a contagiare la redazione al buon giornalismo? Il servizio pubblico è stato forse commissariato da Boris Johnson e Joe Biden? No, molto più semplicemente, sono cambiati i vertici. Da quando alla guida del Tg1 c’è Monica Maggioni e vicedirettore è Francesco Giorgino è stato rivoluzionato il modo di concepire il notiziario: sono scomparsi gli odiosi pastoni, cioè quelle inutili macedonie di dichiarazioni politiche buone solo a dar visibilità a questo e a quel partitino, si è ridotta l’onnipresenza di Luigi Di Maio e soci che aveva portato qualcuno a definire il tg della vecchia gestione Giggi 1 e si è dato molto più spazio agli Esteri.

Notizie da oltreconfine

Solo nell’edizione delle 13.30 del 4 gennaio, per fare un esempio, c’erano servizi in serie da Bruxelles, Germania, Francia e uno doppio dagli Usa; ancora meglio, in quella delle 20 del 3 gennaio circa un terzo del tg era dedicato a notizie da oltreconfine con sei servizi di fila: da Bruxelles, dal Sudafrica, dove c’era stato un incendio al Parlamento, da Israele, con approfondimento sull’Iran e l’anniversario della morte di Soleimani, dalla Turchia sulla questione della svalutazione della lira turca e dagli Stati Uniti. Ancora, l’edizione delle 20 del 5 gennaio era occupata quasi per metà da notizie estere: ecco il doppio collegamento con Pechino per l’aggiornamento sulla vicenda australiana di Djokovic, quindi con Parigi, Londra, Città del Capo, Mosca per l’analisi della situazione in Kazakistan e infine New York.

Cambio di passo

Uno sguardo così ampio e dettagliato sul mondo lo faceva sembrare finalmente un telegiornale serio. Non concentrato solo a rimirarsi l’ombelico, a raccontare la bolsa cronaca politica romana, le beghe tra la maggioranza e l’opposizione o tra un partito di maggioranza e l’altro, o a ricordarci quanto siamo bravi a vaccinare e quanto dobbiamo stare attenti al virus, ma non dobbiamo avere paura.

Perché va bene essere pop, provare a raggiungere tutti gli spettatori e limitarsi a fare il compitino con un linguaggio semplice e notizie elementari, ma un Tg del servizio pubblico non può ridursi a essere un manuale di buoni (e banali) consigli e a celebrare le magnifiche sorti del proprio Paese e del proprio governo, da cui magari riceve le veline. Ci sono molte più cose in cielo e in terra di quante non ne contenga la propria accondiscendenza al potere.

Il repulisti

La svolta pratica e simbolica c’è stata quando, e non è un caso, i grillini sono stati epurati dai piani nobili di alale Mazzini. Con il repulisti di novembre non è rimasto neppure un pentastellato o filo-tale alla guida di uno dei tiggì o delle sezioni chiave della dirigenza Rai. Tanto che Conte aveva minacciato di ritirare le proprie truppe dagli studi del servizio pubblico, salvo poi essere smentito dai suoi ed essere costretto a ripensarci. E non è rimasto neppure quel Giuseppe Carboni, onesto mestierante vicino l’aggiornamento sulla vicenda ai 5 Stelle che aveva timonato il Tg1 al tempo del grillismo al potere, a partire dal 2018. Con risultati numerici più che dignitosi, bisogna ammetterlo, al punto che, alla sua cacciata, si è detto che il governo dei migliori si sbarazzava del migliore negli ascolti. Ma con uno scadimento culturale e informativo a tratti imbarazzante.

La più grande soddisfazione per Maggioni e Giorgino è che, pur a fronte dello share alto del Tg Carboni, sono riusciti a far crescere via via la propria creatura e infine anche a superare le percentuali di chi li precedeva. Se nelle prime tre settimane l’edizione regina, quella delle 20, del Tg1 degrillinizzato viaggiava su medie del 22,7% di share, nelle ultime tre settimane è salita al 23,8% (e chissà che non c’entri il fattore Giorgino, nominato vicedirettore poco prima di Natale).
(Continua su Libero)

 

(Nell’immagine il logo del Tg1)