Pubblicato il 19/11/2021, 12:35 | Scritto da La Redazione
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Paradosso nomine Rai: il Tg1 campione d’ascolti cambia direttore, il Tg2 in costante perdita no

“Nuova” Rai: conflitti, poteri e tanti interessi

Il Fatto Quotidiano, pagina 4, di Lorenzo Giarelli.

Nuova (vecchia) Rai fu. Con il via libera del Consiglio di amministrazione, viale Mazzini ha i suoi nuovi direttori, in un coro di applausi e complimenti rotto soltanto da voci isolate. Come quella del sindacato Usigrai, secondo cui «il valzer di nomine» deciso «fuori dalla Rai» dimostra «la mancanza di un progetto» per l’azienda: «La spartizione di poltrone rende non rinviabile la nostra richiesta di una legge che allontani le sorti del Servizio pubblico da quello dei governi di turno e dei partiti». Gli effetti – non certo nuovi o imprevedibili – della lottizzazione non sfuggono neanche ad analisti e a chi in Rai ha lavorato per anni.

Siliato «vantaggi per il Tg5»

Il paradosso più evidente lo sintetizza Francesco Siliato, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi al Politecnico di Milano: «Al vertice dei telegiornali hanno confermato chi ha avuto numeri peggiori e mandato via chi ha ottenuto risultati migliori». Il riferimento è chiaro: da una parte Gennaro Sangiuliano, che resterà al vertice del Tg2 in quota Lega, e dall’altra Giuseppe Carboni, silurato dal Tg1. Nel mezzo, l’eterno Mario Orfeo, passato dal Tg3 alla nuova casella della Direzione Approfondimento.

La considerazione di Siliato è confortata dai numeri elaborati da Studio Frasi, la società specializzata di cui è partner il professore, che ha paragonato i dati Auditel della nuova stagione dei Tg con lo stesso periodo del 2020 (condizionato dalle chiusure causa Covid-19) e del 2019. Scoprendo risultati interessanti: «Rispetto allo scorso anno, il Tg1 ha perso il 3,94 per cento del suo share – spiega Siliato al Fatto -, ma rispetto al 2019 segna un +8 per cento». Numeri ben diversi da quelli del Tg2: «Il telegiornale di Sangiuliano ha perso il 21,58 per cento rispetto a dodici mesi fa, l’8,74 se consideriamo il periodo pre-Covid».

I freddi dati dicono allora che la meritocrazia conta poco: «La Rai non funziona come un’azienda normale, in cui si premia chi guadagna e si penalizza chi perde. Qui succede il contrario, segno che il criterio di scelta non è il pubblico, ma l’interesse dei partiti». Con un corollario evidente a vantaggio di Mediaset, non certo parte disinteressata alla partita delle nomine: «Di fatto si cambia il direttore del telegiornale che dà più fastidio al principale tg della concorrenza, ovvero quello di Canale5».
(Continua su Il Fatto Quotidiano)

 

(Nella foto Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2)