Pubblicato il 12/10/2015, 11:33 | Scritto da La Redazione
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Audigate: “Noi, famiglia dell’Auditel” – Rai, ecco il piano per blindare il tetto agli stipendi

Audigate: “Noi, famiglia dell’Auditel” – Rai, ecco il piano per blindare il tetto agli stipendi
Dal telecomando fantasma all'anonimato violato. Ecco le falle nel sistema dei rilevamenti tv raccontate da chi è nel panel. - Governo al lavoro, emendamento nella riforma tv o norma ad hoc: pronto lo stop alle eccezioni per le società che emettono bond quotati.

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 25, di Massimo Sideri.

Noi, famiglia dell’Auditel

Dal telecomando fantasma all’anonimato violato. Ecco le falle nel sistema dei rilevamenti tv raccontate da chi è nel panel.

Ecco tutto ciò che avreste voluto sapere sull’Auditel e non avete mai osato chiedere: millimetrico, con un livello di anonimato da Guerra fredda e in grado di rappresentare tutti gli strati sociali, come racconta il mito? Non proprio a parlare con una famiglia che fa parte del panel da pochi mesi e che abbiamo contattato in seguito allo scandalo dell’Audigate svelato dal Corriere. Primo: esiste il famigerato telecomando con il quale gli appartenenti al panel dovrebbero segnalare, di volta in volta, quante persone sono sedute davanti alla tv? La nostra famiglia che chiameremo XY non lo ha mai visto. Nessuno ne ha fatto cenno quando gli hanno montato il meter, lo strumento di rilevazione che è collegato sia alla tv che al decoder Sky. E, anzi, dalle domande poste dal personale sul numero di componenti del nucleo è facile supporre che il calcolo sia frutto di una media, che nell’epoca della sorveglianza di massa, di Edward Snowden e dei social network, risulta un tantino démodé (peraltro ci hanno scritto anche un saggio di successo: The average is over, liberamente traducibile come la media è morta).

Potrebbe sembrare un particolare ma non lo è visto che la supposta superiorità del sistema Auditel nel calcolare lo share dei programmi rispetto alle metriche delle tv a pagamento come lo smart panel è basato proprio su questo numero magico. Magari qualcuno lo avrà questo telecomando ma, evidentemente, non tutti. Forse la famiglia XY fa eccezione. Secondo: per il disturbo della partecipazione al panel c’è un bonus annuo di 40 euro annui e per permettere al personale di montare i necessari strumenti di rilevazione bisogna dare la disponibilità a far entrare un tecnico dal lunedì al venerdì in orari d’ufficio. Le coppie che lavorano potrebbero dunque risultare sottostimate, come anche gli strati più ricchi della popolazione che difficilmente saranno propense ad accettare il disturbo. Altro elemento importante perché l’attendibilità dell’audience richiede che il panel riproduca il più esattamente possibile la stratificazione sociale, culturale ed economica delle persone davanti alla tv.

Terzo, ultimo e forse più importante dubbio. Ma i dati su chi fa parte di questo sacro panel dal quale dipendono 4 miliardi circa di investimenti pubblicitari sui canali televisivi non dovrebbero essere trattati come la lista di chi detiene dei soldi non dichiarati al Fisco in Svizzera? Questo è l’occhio del ciclone dell’Audigate, visto che da quanto è stato scoperto dal Corriere e poi confermato da Auditel, Nielsen (la società a cui sono affidate le rilevazioni) e Rai e Upa in qualità di azionisti dell’Auditel, il panel è stato contaminato da uno scambio improprio di email che ne hanno minato la segretezza. La teoria dice che i nomi dovrebbero essere preservati dall’Auditel stessa mentre Nielsen dovrebbe gestire solo codici non riconducibili all’anagrafe. Peccato che la famiglia XY sia stata contattata direttamente sul cellulare per la richiesta di partecipazione, con nome e cognome. È vero che esiste un codice famiglia, ma le comunicazioni arrivano via posta tradizionale con nome, cognome e indirizzo. In soldoni Nielsen, società privata che visto il proprio business avrebbe anche dei potenziali conflitti di interessi, sa tutto.

Un’altra eccezione? La ciliegina sulla torta è che la famiglia XY era stata già contattata anni fa per fare parte del panel (al tempo aveva declinato). Essere pescati due volte su 60 milioni di abitanti è una bella casualità da fare impazzire gli amanti del calcolo delle probabilità. Il mistero del telecomando fantasma e le falle nell’anonimato si sommano alle domande del l’Audigate: quali email hanno inquinato il panel dato che le famiglie vengono contattate tramite posta analogica? Chi aveva accesso a queste mailing list? Chi ne garantisce la segretezza? Di quante email stiamo parlando? Grattacapi a realtà aumentata per il board Auditel di mercoledì.

 

Rassegna stampa: Il Messaggero, pagina 10, di Claudio Marincola.

Rai, ecco il piano per blindare il tetto agli stipendi

Governo al lavoro, emendamento nella riforma tv o norma ad hoc: pronto lo stop alle eccezioni per le società che emettono bond quotati.

La Stretta Come imporre un tetto agli stipendi dei dirigenti Rai e vivere felici. Cioè non finire impallinati al primo ricorso. È il problema di non facile soluzione che i tecnici del Mef stanno affrontando in questi giorni. La volontà della maggioranza e del governo è infatti di reintrodurre «in maniera chiara e vincolante» il limite massimo di 240mila euro lordi l’anno fissato per tutti i manager pubblici (art. 13, legge n. 89/2014). Viale Mazzini ha introdotto il tetto nel bilancio 2014 approvato dall’assemblea degli azionisti del Tesoro salvo eluderlo grazie alla norma che esclude le aziende controllate dallo Stato che emettono titoli di debito quotati. È bastato collocare sul mercato un bond da 350 milioni per far saltare il tetto. Un escamotage che ha consentito a 42 dirigenti di tornare allo status quo ante. In Rai lo stipendio più alto 650 mila euro è quello del direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, lo stesso del suo predecessore Luigi Gubitosi. A seguire le retribuzioni che oscillano tra i 500 mila e i 350 mila euro. La Rai, a quanto pare, avrebbe mantenuto il tetto solo per qualcuno dei 42 megadirigenti seguendo le regole di mercato e un principio strettamente meritocratico.

L’alternativa E ora? Ora si dà che il caso che la questione starebbe molto a cuore a Matteo Renzi. E che il premier l’avrebbe caldeggiata ai collaboratori. L’occasione per intervenire è il ddl di riforma della Rai in discussione in questi giorni alla commissione Cultura della Rai. Il testo è ancora quello approvato in Senato. Il limite per presentare emendamenti è scaduto. I due relatori, entrambi democrat, Lorenza Bonaccorsi, per la commissione Cultura e Vinicio Peluffo per la commissione Trasporti, stanno vagliando le possibili soluzioni. «Il tetto va rispettato – chiarisce la Bonaccorsi -, ma non possiamo farne uno slogan, dobbiamo capire come intervenire. Il problema è più complesso di quello che sembra e noi vogliamo fare le cose bene». Peluffo entra nei dettagli : «La prima cosa da chiarire è se è corretta l’interpretazione della Rai, un’azienda tutta pubblica, partecipata al 99% dal Tesoro». In commissione Cultura sono stati presentati vari emendamenti che prevedono correttivi per ripristinare il tetto. Ma non è detto che, fatta salva la volontà del governo, la strada sia un’altra: una norma ad hoc per la Rai oppure la revisione della norma che esclude dall’obbligo del tetto le aziende che emettono prestiti obbligazioni consentendo lo sforamento solo a chi è quotato in Borsa. Anche se questo vorrebbe dire coinvolgere altre aziende partecipate che non rispettano il limite.

La lettera Chi ne ha fatto una battaglia è il deputato del Pd Michele Anzaldi, segretario della Commissione parlamentare di Vigilanza. Prima ha presentato una interrogazione in Vigilanza «rimasta ancora senza risposta». Poi ha scritto una lettera ai relatori, «gli unici a poter presentare emendamenti al Ddl di riforma Rai». Stante ai numeri presentati in audizione a San Macuto i megastipendi verrebbero concessi anche a 31 giornalisti con retribuzioni annue comprese tra i 220mila e 180mila euro.

 

(Nell’immagine il logo Auditel)