Pubblicato il 11/10/2015, 12:01 | Scritto da La Redazione
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Il grande circo degli ascolti

Rassegna Stampa: Il Messaggero, pagina 24, di Marco Molendini

Gli ascolti Tv generalista, spettatori in calo: perduto il 30% in dieci anni

La frammentazione insidia la tv generalista che perde il 30% in 10 anni Oggi 7 milioni di abbonati alle pay tv. Nei prossimi tre anni saranno 13

 

Il grande circo degli ascolti

SE L’AUDITEL È IN DISCUSSIONE I NETWORK REAGISCONO IN PROPRIO: MEDIASET HA IL SUO “SELE” E SKY “SMART PANEL” L’INCHIESTA

 

Come nel celebre miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci la tv, oggi, non è più una ma tante cose. Trasferibile e onnipresente ha reso la vecchia generalista, quella di Rai contro Mediaset e viceversa, dei salotti parlanti tutto il giorno, dei palinsesti che leggi sui giornali, del tg alle 20 e della prima serata alle 21,10, un reperto d’epoca, destinato sempre più a un pubblico marginale e passivo (quello che qualcuno ha brutalmente definito dei telemorenti). In dieci anni, quella platea s’è ridotta del 30 per cento nell’intera giornata. Effetto di una frammentazione segnata dall’avvento del digitale terrestre e che, ora, sta continuando con la tv on demand, con la pay, con la web tv anche se siamo quelli più conservatori di tutti. Gli italiani fruitori di piattaforme a pagamento sono 7 milioni (4,7 Sky, 1,8 Mediaset premium, 500 mila Timvision), il 35 per cento delle famiglie. Negli altri paesi sono al 50. Da noi si discute ancora per entrare nei primi nove tasti del telecomando, mentre in America colossi come Hbo e Showtime sono dal 500 in poi. Dopo il riflusso provocato dalla crisi economica, le previsioni dicono, secondo l’ad di Telecom Marco Patuano, che per le pay si pensa a una crescita fino ai 12/13 milioni nei prossimi tre anni grazie allo sviluppo della fibra ottica, con conseguente ulteriore ridimensionamento della tv gratuita. Invece, il prossimo strombazzatissimo arrivo di Netflix, colosso americano da 5 miliardi di fatturato (quanto Rai e Mediaset insieme), nell’immediato non dovrebbe portare sconvolgimenti, visto che loro stessi si stimano attorno a 150-200 mila abbonati.

INCIDENTE

Insomma, in un sistema così frastagliato, la misura dei comportamenti dei telespettatori diventerà sempre più frammentaria facendo apparire «l’Auditel come una macchina degli anni 80 che mette l’impianto a gas per poter circolare in centro». L’incidente di questi giorni, con il panel delle 5600 famiglie svelato per errore (così è stato giustificato) ha l’effetto di dilatare i dubbi sull’attendibilità dei responsi mattutini degli ascolti. Perplessità non da poco, visto che si tratta del metro che distribuisce una torta pubblicitaria di 4 miliardi.

Ma già da tempo c’è chi fa anche in proprio. Le analisi interne di Sky si basano su uno Smart Panel che mette insieme i dati dei decoder di un campione di abbonati (che tiene conto anche di my sky e dell’on demand) e i rilevamenti che vengono dalla fruizione web di Sky Go. Un suo sistema, finora mai pubblicizzato, ce l’ha anche Mediaset si chiama Sele, è collegato a 55 mila abbonati, ma i risultati vengono tenuti coperti. Invece Sky, da un po’, fa filtrare i propri, sottolineando le discrepanze: fino al 30 per cento per difetto, e fino al 10 per eccesso. Un esempio: la platea che segue le audizioni di X Factor per Auditel si aggira sul milione e100 e per la pay arriva al milione e 400 mila. Non solo, a quei dati la tv satellitare somma tutti gli ascolti in differita che Auditel non misura (replay, on demand, Sky go, Cielo, Mtv 8). Alla fine della settimana il talent arriva così a una visione complessiva di 4,6 milioni. Il problema tocca anche Mediaset che si è esposta pesantemente sul fronte della pay, che con Infinity ha una piattaforma destinata a contrastare la discesa in campo di Netflix contando sul pesante catalogo cinematografico di Medusa, e che ha finalmente deciso di offrire i suoi canali sul web. Mentre la Rai, che pure 6 anni fa è stata la prima a mettere le proprie reti su un portale ben attrezzato, è ancora in situazione d’attesa, con l’idea della pay lontana, ma che per bocca del nuovo dg Campo Dall’Orto promette di muoversi e aprirsi a collaborazioni (come ha fatto con Netflix per Suburra).

Insomma, le acque del sistema televisivo sono agitate. Eppure gli italiani sono i più restii a girare le spalle alla tv dei tali e quali, battuti solo da quei professionisti della teledipendenza che sono gli americani. Siamo campioni d’Europa con 4,2 ore al giorno davanti alla tv, negli Usa si viaggia sulle 6. Nelle ultime due stagioni l’emorragia generalista s’è fermata, gli ascolti si sono stabilizzati e la pay si è contratta. Ma il tramonto della tv di flusso è comunque segnato, anche perché alla frantumazione orizzontale del consumo si aggiunge la diversificazione per censo della fruizione.