Pubblicato il 07/09/2015, 13:34 | Scritto da La Redazione
Argomenti: , , ,

Rassegna stampa – Altro che share, l’imperativo è: guadagnare

Rassegna stampa: CorrierEconomia, pagina 2, di Paola Pica.

Altro che share, l’imperativo è: guadagnare

Sarà forse Rai 4 a occupare uno dei posti vacanti. E la guerra per il business futuro del piccolo schermo è solo all’inizio. Il bisticcio sui diritti non si è risolto: da questa sera le reti del Biscione non sono più visibili sui primi canali pay di Murdoch.

La decisione è presa. E, salvo sorprese dell’ultima ora, dalla mezzanotte di oggi gli abbonati Sky non avranno più a disposizione nel telecomando della pay tv di Rupert Murdoch le tre reti generaliste di Mediaset. A criptare il segnale satellitare free di Retequattro, Canale 5 e Italia 1 è lo stesso gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi che ha scelto di premere il tasto off per affermare quello che a Cologno negli ultimi mesi è stato acquisito come un diritto, la tutela della proprietà intellettuale dei contenuti realizzati per le reti ammiraglie in chiaro (sempre visibili in ogni caso su TivùSat). Una produzione che per Mediaset rappresenta certo più di un miliardo di investimenti all’anno, ma, al di là di questo, la mossa sembra seguire il disegno strategico introdotto con la separazione di Mediaset Premium dalla casa madre e poi la costituzione in Spa della pay tv del Biscione che, al pari di molti broadcaster internazionali, persegue la piena trasformazione in media company. Sky Italia ha sin qui declinato l’invito a sedersi a un tavolo di trattativa economica con il Biscione sui diritti di (ri) trasmissione. E anzi: non ha mai nemmeno preso in esame la richiesta considerata evidentemente irricevibile. Per Andrea Zappia, amministratore delegato della piattaforma italiana del gruppo britannico, criptare il segnale è «una libera scelta di Mediaset che non lascia particolarmente sorpresi: procediamo di conseguenza», ha affermato di recente lasciando che le strade devono a questo punto separarsi.

Lotte Non è questo l’unico contrasto tra Sky e Mediaset: tra i due competitor l’annoso confronto è tornato a farsi serrato dopo l’acquisizione da parte della tv di Berlusconi dei diritti della Champions League per i prossimi tre anni, mentre sarebbero per ora congelate, dopo qualche avvicinamento, le riflessioni sull’eventuale cessione di Premium. «Siamo molto tranquilli e stiamo ovviamente già impostando le modifiche necessarie. Oggi gli spettatori sono abituati a guardare la tv su diverse piattaforme, lo faranno anche in questo caso», ha aggiunto Zappia parlando al Meeting di Rimini. Il fatto è, ha sostenuto, che Mediaset non può chiedere retransmission fees a Sky perché quest’ultima «non ha mai ritrasmesso il segnale, ma solo ricevuto un segnale free. E nel resto d’Europa, a partire dalla Gran Bretagna, nessuna richiesta di pagamento per i canali free ha mai ottenuto un pagamento».

Diritti La questione dei diritti di ritrasmissione, ancora controversa in molti Paesi europei, dove fatta eccezion per la Germania i riconoscimenti sono ancora relativamente pochi, sembrerebbe più lineare negli Stati Uniti, dove questi diritti rappresentano ormai una voce importante dei ricavi per le reti televisive che fanno anche il mestiere di capire produttori di contenuti. Già a luglio, Gina Nieri, consigliere di amministrazione di Mediaset e figura di riferimento per gli affari istituzionali, aveva preannunciato la decisione «di far valere i nostri diritti con atti formali». Oggi il giorno dell’addio, un atto formale quello dell’oscuramento delle tre reti generaliste (comunque garantite sulla piattaforma gratuita TivùSat che vede 2,5 milioni di abbonati italiani, per lo più residenti nelle zone non raggiunte dal digitale terrestre) che gli analisti hanno considerato remoto fino alla vigilia, sulla convinzione che la presenza dei canali Mediaset nella parte alta del telecomando di Sky fosse un accordo di quelli che fan vincere tutti. Sky che offre anche il pacchetto generalista ai suoi abbonati e Mediaset che potenzia il traffico. A conti fatti, tuttavia, il quadro sembra diverso. Cologno stima in 40-45 milioni il valore dei diritti che vengono calcolati sommando una quota fissa per poter avere il segnale a una fee per abbonato e in solo lo 0,5-0,6% la perdita degli ascolti. L’impatto sui ricavi pubblicitari, inoltre, viene indicato come pari a zero. A questo si aggiunge il fatto che il Biscione sta siglando in queste settimane contratti commerciali con i principali operatori di telefonia, Telecom e Vodafone, per la trasmissione dei contenuti. Anche Sky si sta attrezzando per attribuire i tre tasti di pregio del telecomando che da oggi tornano disponibili: 104, 105 e 106. In avvicinamento c’è la nuova Rai di Antonio Campo Dall’Orto e Monica Maggioni che punterebbero ad estendere le prime tre posizioni (Rai 1, Rai 2, Rai 3) al canale 104 con Rai 4. L’iniziativa, che farebbe una commodity della rete di Murdoch il canale Rai nato invece per competere su film e miniserie, è già stata salutata con entusiasmo dal deputato pd segretario della commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi. «L’intuizione di mettere Rai 4 al quarto canale della piattaforma Sky, dopo l’addio di Mediaset, potrà rappresentare un valore aggiunto per gli introiti pubblicitari e qualificherà ancora di più la Rai sulla piattaforma satellitare, il cui pubblico viene considerato di tipo privilegiato dagli investitori – ha detto. Osservando che «la decisione contribuisce a sanare la scelta autolesionista di sei anni fa dell’allora direttore generale Masi, che cancellò il redditizio contratto con Sky per la struttura RaiSat, finita smantellata dopo aver rappresentato per anni un’eccellenza allavanguardia». Sul canale 105 dovrebbe infine sbarcare SkyUno (al posto di Canale 5) e sul 106 Sky Atlantic (al posto di Italia 1). Il risiko del telecomando potrebbe infine intrecciarsi con la partita più rilevante e solo sospesa delle torri. Dopo lo stop all’Opa della Ei Towers di Mediaset su Rai Way, il mercato non ha smesso di credere alla nascita di operatore unico.

 

(Nella foto Silvio Berlusconi)