Pubblicato il 17/08/2015, 16:02 | Scritto da La Redazione

Rassegna stampa – Viva la Rai senza falchi e aguzzini

Rassegna stampa – Viva la Rai senza falchi e aguzzini
Da Proietti a Vespa, dalla Ventura ad Albertazzi a Colombo: dieci consigli (non richiesti) dedicati alla Maggioni, a Campo Dell'Orto e al nuovo Cda.

Rassegna stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 4, di Emiliano Liuzzi.

Viva la Rai senza falchi e aguzzini

Da Proietti a Vespa, dalla Ventura ad Albertazzi a Colombo: dieci consigli (non richiesti) dedicati alla Maggioni, a Campo Dell’Orto e al nuovo Cda. Attrici, conduttori, autori, giornalisti, intellettuali e sportivi disegnano la loro televisione ideale. E quasi mai coincide con quello che viale Mazzini mette in programma.

Alla chiamata hanno risposto in molti: quasi tutti i personaggi interpellati hanno avuto a che fare o sono in costanza di contratto con la Rai. Hanno scelto la strada di dare un contributo per la Rai che vorrebbero. Quasi tutti, a parole, non vogliono più sentir parlare di quel carrozzone che è stata la lottizzazione. E forse l’azienda pubblica ha in mano le carte per tornare a essere un grande laboratorio di esperimento e pensiero. L’elezione del cda, in realtà, ha dimostrato ancora quella volontà della politica nell’occupare caselle: tutti sono entrati in una quota. Ma possono, almeno sulla carta, tentare di emanciparsi. Almeno, questo è quello che dicono le persone, intellettuali, attori, conduttori, autori. E disegnano la loro Rai. Nella speranza che a questo loro appello (o contributo) segua un indirizzo di intenzione da parte della presidentessa, Monica Maggioni. Luigi Gubitosi, il direttore generale appena uscito, lascia una Rai con un debito finanziario di 315 milioni di euro (in calo di 125 sul precedente esercizio), che è una cifra impressionante, e la quotazione di Rai Way che ha rastrellato 228 milioni, è un’operazione che non può avere repliche. Nonostante i mondiali in Brasile e le Olimpiadi in Russia, la raccolta pubblicitaria 2014 è stata di 675 milioni di euro e quest’anno è destinata a calare. Il cda ha parlato, lo scorso 15 aprile, di “miglioramento del risultato dal 2013 al 2014 di 52,6 milioni”. Se si fa la somma algebrica fra gli effetti della plusvalenza Rai Way di 228 milioni e i 150 milioni che Renzi gli ha voluto sfilare, viene il dubbio che in realtà i conti della Rai siano peggiorati di oltre 25 milioni. Il canone (1,7 miliardi) è una fonte di ricavi necessaria per la sopravvivenza di Viale Mazzini, ma è soffocato da un’evasione del 27 per cento; e il prelievo di 150 milioni di euro imposto dal governo l’ha tramortito.

Il Tesoro succhierà ancora denaro dalla tassa che pagano agli abbonati, ma per il 2015 non ci sarà il rimedio di una quotazione. Inoltre l’azienda pubblica deve fare i conti con i costi del personale: i dipendenti di viale Mazzini sono qualcosa come 12mila, mentre quelli del diretto concorrente Mediaset sono 5600: questo vuol dire che l’incidenza del costo del lavoro sul fatturato per Rai è pari al 38% e al 16% per Mediaset. Un divario, secondo gli analisti, consistente, e seppure la Rai svolga più attività rispetto a Mediaset (la radio, l’informazione regionale, e maggiore autoproduzione) i dipendenti dell’azienda pubblica dovranno nelle intenzioni degli azionisti essere inevitabilmente diminuiti. A questo punto la Rai del futuro deve decidere in primo luogo se continuare a essere la cassaforte delle promesse di Renzi. Se – e questo sembra l’avvio di partita – non ci sarà nulla da fare. Il servizio pubblico cercherà di fare cassa e risparmiare il più possibile. Verranno riproposti quei talk show che costano molto poco, e ridotti i programmi di approfondimento e giornalismo. Meglio puntare sull’usato garantito che sono Milly Carlucci col suo Ballando… e Antonella Clerici tra i fornelli per l’intrattenimento, Bruno Vespa per il salotto serale, ingredienti indispensabili per fare punti di share e raccolta pubblicitaria, ma che poco spazio lasciano a quell’immaginazione nel lavoro degli autori che invece sogna Giorgio Albertazzi e quell’approfondimento che chiede Piero Angela da queste pagine. Le sfaccettature poi saranno diverse, ma non cambierà la sostanza. Ma appunto, il nodo cruciale resterà la volontà del governo che, attraverso il ministero del Tesoro, controlla la Rai.

PIERO ANGELA: “Raccontare ai giovani l’evoluzione del nostro Paese”

Sono in Rai da 63 anni. L’amore per l’azienda è sconfinato. Quello che mi auguro parte da un dato molto statistico: in media una persona passa più di 4 ore al giorno davanti alla televisione. È quasi il doppio del tempo che i giovani dedicano allo studio. Credo che l’ottimizzazione di queste 4 ore è fornire sapere. Corretta l’informazione e l’alleggerimento dello spettacolo, resta il dovere di spiegare il mondo che le nuove generazioni si troveranno davanti. E non parlo della cultura nel senso tradizionale, la letteratura, la grande musica, del teatro, parlo dell’economia, del nuovo approccio che si dovrà avere nei confronti del lavoro confrontandosi con l’automazione che ha trasformato e trasformerà ulteriormente le nostre vite. In quelle 4 ore deve avere spazio l’evoluzione del Paese.

GIGI PROIETTI: “Mi chiedo se gli skecht di oggi diventeranno dei piccoli cult”

Grandi idee per la nuova Rai non le ho, altrimenti mi sarei candidato io per il Cda. Ascolto in giro molta attenzione per i canali a tema, da Rai Movie, Rai Storia, Rai Scuola. Un potenziamento dei tematici sarebbe già una svolta per assaggiare il profumo del futuro. Non boccio nessuno, ma invito i dirigenti a fare una rigida selezione degli opinionisti. Spuntano come funghi. Di programmi interessanti ce ne sono. Manca forse l’idea, il guizzo perché alcune cose rimangano. Lo dico con un po’ di compiacimento: il programma Teletechetè che va a pescare nel revival, ha un grandissimo successo. È un programma senza costi e di grande ascolto. A volte mi chiedo se tra venti o trent’anni sarà la stessa cosa, se la televisione di oggi farà storia come quella di ieri. Ma non mi sono ancora risposto…

SABRINA FERILLI: “Liberatevi dalla lottizzazione e riaprite al pensiero”

Quando vogliono gli ascolti non sono importanti, all’improvviso, a seconda dei giorni e dei protagonisti, diventano la condizione necessaria. Hanno le idee confuse in questa Rai. Per quello ho smesso di lavorare con loro. Un milione di volte meglio Mediaset, almeno sappiamo cosa vogliono. A me la Rai di Sabina Guzzanti, Serena Dandini, ma anche quella che per un periodo hanno fatto Michele Santoro o Mara Venier, piaceva. Vinceva dal punto di vista degli ascolti, riusciva a trasmettere contenuti culturali. Questo è quello che si dovrebbe chiedere a un servizio pubblico. Io parlo da fuoriuscita involontaria: sono loro che mi hanno fatta uscire. A quel punto vado a teatro, produco il mio spettacolo, me lo interpreto e faccio il tutto esaurito. Probabilmente è l’azienda che sbaglia qualcosa, non io. Ho fatto solo pochi esempi, pochi nomi di grande qualità, ma la Rai ne ha fatti fuori assai di più. Quindi se mi chiedete la Rai che vorrei è questa, quella che la lottizzazione ha massacrato, libera e che faceva il massimo degli ascolti. Oggi ruota tutto attorno a due o tre personaggi, si accontentano del minimo che non disturba nessuno. Non è la strada.

BIBI BALLANDI: “Abbiamo artisti al top E Fiorello mi ha detto che…”

Lavoro per Rai 1 da 33 anni e credo di avere buone ragioni per dire che la Rete diretta da Giancarlo Leone ha fatto un buon lavoro. Quando siamo andati da lui e Gubitosi a proporre Claudio Baglioni e Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Laura Pausini e Paola Cortellesi, Il Volo in diretta dall’Arena di Verona e Giorgio Panariello a dicembre, tutte cose che si vedranno tra l’autunno e gennaio, non hanno avuto il minimo tentennamento. Ballando con le stelle condotto da Milly Carlucci continua e fa il pieno di ascolti, Ti lascio una canzone di Antonella Clerici è confermato. Non credo ci siano ragioni per potersi lamentare o cambiare. E ripeto, sono 33 anni che il prodotto di qualità va avanti. Io sono quello che ha portato in prima serata Fiorello, grande fenomeno degli ultimi anni e non lo cito a caso. Non lo trascino da nessuna parte, lui sa quando sarà il momento opportuno per rientrare, se vorrà. Posso dire che quando è stato nominato Campo dall’Orto direttore generale una delle prime telefonate che ho ricevuto è stata quella di Rosario. Non so perché si conoscano, mi ha detto che è la persona giusta nel ruolo giusto. E io di Fiorello mi fido. Il resto lo scopriremo col tempo.

ALESSANDRO GASSMANN: “Che il pomeriggio torni a essere strumento culturale”

Credo che la Rai a questo punto dovrebbe cessare la competizione sugli ascolti con i canali commerciali e tornare a sfruttare tutte le sue competenze e mezzi, per aumentare la sua produzione culturale. Soprattutto il pomeriggio, Regno quasi esclusivo dell’intrattenimento facile, e momento in cui i ragazzi sono a casa, lavorare sulla formazione delle nuove generazioni, coinvolgendole molto più di quanto succeda adesso, rendendole protagoniste della programmazione. Insomma, che la tv pubblica sia anche loro e diventi uno strumento più che una scatola vuota contro la quale svagarsi e niente più. Questa sarebbe cultura. Alla fine dico anche che sarebbe necessario fare meno gossip, meno quizzetti e stacchetti, più sostanza. Il Paese deve ripartire dai ragazzi e la Rai può e deve dare una mano importante.

BRUNO VESPA: “Informare senza censurare. E nei limiti del buon senso”

Informare senza censure, nei limiti della legge e del buonsenso. Nessuna notizia che merita di essere data va taciuta. Va impaginata secondo il rilievo che merita, né enfatizzata a sproposito, né nascosta. Le rettifiche sono doverose e vanno trasmesse senza imbarazzo. Se una persona finisce nei titoli di testa quando viene arrestata, deve andarci anche quando viene prosciolta o assolta. Educare senza imporre linee di condotta. Non c’è dubbio che si impara (o disimpara) più dalla televisione che dalla scuola. Se ne tenga conto in ogni momento. Divertire con intelligenza e buon gusto. Gli spettacoli della Rai in bianco e nero sono un esempio al quale gli autori dovrebbero guardare di più. Il mondo è cambiato e il linguaggio anche. E se il futuro della Rai stesse proprio nel riguadagnare il proprio stile?

FEDERICA PELLEGRINI: “Basta oscurare lo sport. Non esiste soltanto il calcio”

La mia televisione ideale? Da atleta vorrei che fosse dato molto più spazio a tutti gli sport che non sono il calcio. Oggi per guardare i mondiali di nuoto bisogna essere abbonati alla tv a pagamento, mentre sarebbe giusto mandare in onda sui canali principali tutte le gare importanti, così come succede per la nazionale di calcio. Tutte le nazionali rappresentano l’Italia, non solo quella di calcio, ed è giusto che tutte abbiano lo stesso spazio in televisione. Sicuramente, ciò che non vorrei, invece, è la volgarità che troviamo oggi sul piccolo schermo, e non mi riferisco a quella verbale. La tv italiana oggi trasmette troppi programmi, spesso seguiti anche dai bambini, pieni di volgarità, intesa come mancanza di valori. Purtroppo, però, non è un problema solo della televisione, ma anche della nostra società.

GIORGIO ALBERTAZZI: “Spazio all’immaginazione, e che rientrino gli autori”

La Rai ha vissuto molte fasi. Quella sperimentale, dove iniziavamo a scoprire che non era il cinema né il teatro, ma un mezzo nuovo. Cambiava l’illuminazione, cambiava il linguaggio. Poi c’è stata la tv dove abbiamo portato Dante, il grande teatro, o L’Idiota di Dostoevskji, 15 milioni di telespettatori. Fu un successo e anche quella una stagione. Il pubblico teatrale era snob, ma capì che la Cavalleria rusticana poteva avere letture diverse, una per il teatro, l’altra sul piccolo schermo. Adesso la televisione è diventata soprattutto del pubblico, arrivano e la fanno loro, o sotto forma di concorrenti di talent show o addirittura nelle giurie e credo che invece sia arrivato il momento dei creativi. La tv non deve essere pesante, ma creativa, in mano ad autori di talento che sappiano immaginare leggerezza.

 

(Nella foto il cavallo di Viale Mazzini)