Pubblicato il 19/12/2023, 17:02 | Scritto da La Redazione

Paola Barale in Ucraina per parlare di vita e non di morte

Paola Barale in Ucraina per parlare di vita e non di morte
Paola Barale arriva in Ucraina. La showgirl, autrice del libro Non è poi la fine del mondo, incentrato sul tema della menopausa, si è posta delle domande su un altro tema che vede le donne al centro di un universo di dubbi: la maternità surrogata. Così la sua intervista su Libero.

«Per la surrogata divento una Iena»

Libero Quotidiano, di Daniele Priori, pag. 28

Paola Barale arriva in Ucraina. La showgirl, autrice del libro Non è poi la fine del mondo, incentrato sul tema della menopausa, si è posta delle domande su un altro tema che vede le donne al centro di un universo di dubbi: la maternità surrogata. Per provare a chiarirli si è messa in viale o in compagnia dell’autore de Le lene, Gaston Zama, assieme al quale si sono finti una coppia con l’obiettivo di documentare il più possibile un tema quanto mai attuale e controverso. Il servizio andrà in onda oggi in prima serata su Italia Uno.

Paola, perché siete andati proprio in Ucraina?

«Perché abbiamo scoperto che l’Ucraina è il paese con più nascite tramite la pratica della gestazione per altri. E stata un’esperienza immersiva che mi è servita. Siamo partiti sapendo le cose a grandi a linee. Quello di cui si parla sempre. Con la volontà di approfondire. Solo che andando là mi sono venuti altri dubbi…».

Quali?

«Toccando con mano la questione ti accorgi che si tratta di un percorso molto lungo e non ancora del tutto tutelato. Che andrebbe regolamentato. Quello che mi sono chiesta di più, tornando, è: con un quadro normativo come quello attuale la consiglierei? Per alcuni aspetti sì per altri no. Io forse ad oggi preferirei un’adozione anche se poi parli con persone, come un mio amico che ha un figlio di undici anni nato così, e ti accorgi che sono figli come tutti gli altri. Lui sa tutto. Conosce e frequenta anche la mamma che l’ha portato in grembo».

Partiamo da un po’ più lontano. Lei come preferisce chiamarla questa pratica: maternità surrogata, gestazione per altri o utero in affitto?

«Io la chiamerei gestazione per altri perché utero in affitto non mi piace proprio. In realtà quello di cui mi sono resa conto, in un dibattito così polarizzato, nel quale chi è contrario parla di mercificazione del corpo della donna e chi è favorevole di autodeterminazione e libertà delle donne di scegliere, la cosa più sbagliata da fare è proprio giudicare senza conoscere. Ed è proprio quello che abbiamo voluto fare noi: provare a conoscere senza prendere una posizione o l’altra, con l’obiettivo di fornire al pubblico argomenti utili per andare più a fondo».

Come siete arrivati in Ucraina?

«In aereo fino a Varsavia e poi in macchina. Al confine ucraino è venuta a prenderci un’altra persona che ci ha condotto a Kiev attraverso una strada lunghissima, senza curve, con dei grandi campi da una parte e dall’altra in cui erano visibili i segni della guerra. E stata un’esperienza forte. La prima volta che mi è capitato di viale are in un paese in guerra».

Paradossalmente per andare a parlare di vita e non di morte…

«Esatto. Perché poi la vita fortunatamente va avanti. La scienza ha fatto progressi incredibili mettendo in condizione di avere figli anche persone alle quali la natura non lo permetterebbe. In Ucraina ci sono numerose cliniche alle quali si rivolgono anche molte coppie di italiani».

Come siete stati accolti nelle strutture?

«Ne abbiamo visitate diverse. In alcune meglio, in altre peggio. Guardate Le Iene!”.
(Continua su Libero)

 

 

 

 

 

 

(Nella foto Paola Barale)