Pubblicato il 14/11/2023, 16:03 | Scritto da La Redazione

Rai: TeleMeloni si fa il suo sindacato

Rai: TeleMeloni si fa il suo sindacato
Il battesimo è fissato per il 30 novembre. Resta da capire chi officerà la funzione: certamente qualche deluso dalle promesse, i nemici storici dell'UsigRai - il sindacato giornalisti Rai - e una sfilza di giornalisti ormai folgorati sulla strada di Viale Mazzini dalla destra al potere. Così su La Stampa.

Rai il sindacato sovranista

La Stampa, di Paolo Festuccia, pag. 11

Il battesimo è fissato per il 30 novembre. Resta da capire chi officerà la funzione: certamente qualche deluso dalle promesse, i nemici storici dell’UsigRai – il sindacato giornalisti Rai – e una sfilza di giornalisti ormai folgorati sulla strada di Viale Mazzini dalla destra al potere. Sono loro che alacremente promuovono il nuovo corso per dar vita a un soggetto che per ora è un’associazione ben connotata, ma nelle intenzioni degli ideologi che l’hanno teorizzata dovrebbe crescere fino a divenire una costola distaccata – o meglio, un vero e proprio pungolo – contro l’UsigRai per imprimere una svolta nelle relazioni sindacali tra Rai e operatori dell’informazione. Ma non solo: a benedire e a guardare di buon occhio il “sindacato tricolore” o sovranista che dir si voglia ci sono anche numerosi big, qualche dirigente e giornalisti della tv pubblica. Al progetto, raccontano i ben informati, non è indifferente il direttore generale della Rai Giampaolo Rossi, che studia da mesi per sé un futuro da amministratore delegato, come pure Paolo Corsivi, direttore dell’approfondimento Rai, Nicola Rao, già direttore del Tg2, e la neo vice direttore del Tg1 Incoronata Boccia assai attiva – raccontano a Saxa Rubra – nel raccordo di relazioni tra il settimo piano di Viale Mazzini e il fortino di Saxa Rubra. A loro, raccontano dalla cittadella dell’informazione del servizio pubblico, starebbe davvero a cuore il pluralismo e l’indipendenza dell’azienda (dicono gli adepti alla nuova mission) e per questo si prodigano a chiamare a raccolta uomini e giornalisti di buona volontà, operosi e spendibili sia sul piano delle referenze sia dell’autorevolezza, perché siano presenti l’ultimo giovedì del mese all’Auditorium “Due Pini” in via Riccardo Zandonai a Roma. È lì, in quella sede, non lontana né da viale Mazzini né da Saxa Rubra, che si santificherà la prima pietra dell’UniRai, l’associazione ideata come un talk show per fronteggiare l’epopea sindacale dell’UsigRai e per edificare il nuovo santuario del paradigma informativo (e, soprattutto, del potere a Viale Mazzini).

Le ambizioni ci sono tutte, il programma pure, gli osservatori speciali e le promesse non mancano ma ci sono ancora da trovare i numeri. Perché se per fare un albero, come cantava Sergio Endrigo, ci vuole il legno, per fare un “sindacato” o una cosa che gli somigli e che per giunta abbia come fine quello di scuotere l’UsigRai (circa 1.700 giornalisti iscritti all’interno dell’Fnsi) ci vogliono non solo gli iscritti ma anche un progetto credibile: «Tutti elementi, comunque, sui quali stiamo lavorando» con idee chiare – assicurano – e che ha come riferimento nella Federazione nazionale della stampa il gruppo “Pluralismoelibertà”. Un capitolo nuovo, dunque, nella storia dell’amata “Mamma Rai” che nelle intenzioni dei fautori dovrà essere aperto, plurale, e comunque in antitesi L’Unione Sindacale Giornalisti Rai (Usigrai) è l’organizzazione sindacale che promuove e tutela «l’indipendenza dei giornalisti quali titolari dell’informazione prodotta dalla Rai e dalle aziende collegate». E stato fondata nel 1984 con il Congresso di Senigallia, il segretario attuale è Daniele Macheda. L’obiettivo di UniRai è fronteggiarne l’epopea di questi primi 40 anni. — all’UsigRai da sempre definito a destra come il sindacato di parte, che ha segnato «troppo e male» le vicende interne e le stagioni della storia della tv pubblica. Del resto «se non ora quando» è il passaparola che i più si lasciano sfuggire: «Se non ora quando, con un governo di destra e una donna di destra che lo guida…». E così al motto di «la Rai che verrà, insieme per il cambiamento», la sfida per imbrigliare e rimodellare a uso e consumo sovranista il cavallo dei poteri di Viale Mazzini è servita.
(Continua su La Stampa)