Pubblicato il 06/11/2023, 13:01 | Scritto da La Redazione
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Rai: Domani demolisce Giampaolo Rossi

Rai: Domani demolisce Giampaolo Rossi
Il direttore generale della Rai doveva lanciare l'arrembaggio della nuova egemonia culturale della destra Ma dopo sei mesi di servizio di rivoluzione non c'è traccia e il palinsesto sovranista non fa audience. Così Lisa Di Giuseppe su Domani.

L’uomo che demolisce la Rai Ansie e solitudini di mr Rossi

Domani, di Lisa Di Giuseppe, pag. 6

«Un calciatore di serie B che si è ritrovato a giocare in Champions League». Il giudizio poco lusinghiero è di una persona che percorre per lavoro i corridoi di viale Mazzini e riguarda Giampaolo Rossi, quello che doveva essere l’ideologo che doveva lanciare l’arrembaggio alla nuova egemonia culturale della destra alla Rai. Dopo sei mesi in servizio, della rivoluzione ideologica non c’è traccia. Niente, o quasi: a funzionare gli ascolti sono i programmi storici del palinsesto. Le nuove intuizioni di conio sovranista che hanno stravolto il palinsesto restano al palo. Rossi — a proposito di calcio, sabato è stato investito cavaliere della Roma, onorificenza che ha ricevuto in panciotto gessato insieme all’ad Roberto Sergio e il cantante Francesco De Gregori, fra i padrini senatori c’era Massimo D’Alema —è in difficoltà, racconta a Domani chi lo conosce, abbacchiato nel suo ufficio al settimo piano di viale Mazzini dove scrolla i risultati stitici dei programmi che ha inventato. Nunzia De Girolamo e il suo disastroso Avanti Popolo che non si è smarcato dal tre per cento di share né con l’intervista al marito capogruppo Pd Francesco Boccia, Bianca Guaccero che non svolta con Liberi tutti, sempre sotto al tre per cento, Max Giusti al timone di Fake Show, Macondo di Camilla Raznovich che si arena addirittura sotto il due per cento e ovviamente Pino Insegno, che ha ridotto Il mercante in fiera a uno stillicidio quotidiano in termini di share. Perché poi lui sarebbe direttore generale delegato alla governance, non all’offerta editoriale: quella casella per ora non è occupata nella Rai sovranista, anche se ufficiosamente è Rossi a gestire l’offerta. È a lui che fanno capo i due uomini prodotto, Angelo Mellone al day time e Paolo Corsini agli approfondimenti. Ma la scommessa non sta pagando. E la parabola discendente di Rossi rischia di investire anche i suoi due dioscuri, nonché il terzo uomo, il colonnello Paolo Petrecca, direttore di Rainews. Del gruppo dei suoi fedelissimi, gli unici a cui ormai si rivolge a viale Mazzini, fa parte anche il capostaff Davide Di Gregorio, l’uomo che gestisce la sua agenda e conosce sempre l’umore del capo, oltre a essere in ottimi rapporti con Mellone. Doveva essere una squadraccia, e invece è una squadretta, con cui Rossi si sente contro il mondo, attaccato dai rivali interni all’azienda e da tutti coloro che dopo un afflato iniziale stanno iniziando a capire che è meglio tenere le distanze da chi è a un passo dal cadere in disgrazia—in tanti hanno capito che la sua gestione non sta funzionando — e dai giornali. Soffre la sua doppia natura di capo e referente politico: da dentro l’azienda, gli viene attribuita la responsabilità di aver scelto due ufficiali di collegamento non all’altezza, da palazzo Chigi, dove Giorgia Meloni aveva puntato tutto sull’uomo della cultura di Colle Oppio, sente arrivare il vento freddo della delusione per la rivoluzione culturale rinviata, o forse definitivamente spiaggiata.

Il tradimento
Anche perché la politica, però, non lo aiuta nella sua difficilissima missione, come ha confidato a un amico. A mettergli i bastoni fra le ruote è stata la Lega, che è riuscita a portare a casa il taglio del canone, una misura-bandiera che il Carroccio vuole giocarsi come spot per le europee. Fratelli d’Italia ci ha messo una toppa, recuperando 430 milioni dalla fiscalità generale: una soluzione tempo- ranea che però copre solo i conti del 2024. Gli hanno promesso aggiustamenti, ma del doman non c’è certezza: da dove arriveranno i fondi in futuro è tutto da vedere. Peri meloniani della Rai è alto tradimento: avrebbero voluto anche i 110 milioni di euro che del fondo per l’editoria. Insieme al calo degli ascolti e l’ansia di occupare ogni casella disponibile, il taglio del canone ha fatto scattare anche le opposizioni, che in commissione Vigilanza hanno chiesto di insistere sulle emergenze dell’azienda. I conti preoccupano molto anche la destra Rai, che ha paura di non avere i soldi necessari per la rivoluzione: anche se, in realtà, i piani per risparmiare (e abbattere il debito) ci sarebbero, a partire da quello sulla newsroom o la risoluzione della commissione di Vigilanza sui rapporti con artisti e giornalisti rappresentati dagli agenti. Eppure, il legame tra Meloni e Rossi è antico: nasce nell’isola nera natia, l’universo della sede dell’Msi di Colle Oppio. Il direttore generale era in Fare fronte per il contropotere studentesco, braccio studentesco del Fronte della gioventù. Rossi frequentava il gruppo di Marco Scurria, oggi senatore di Fd1, all’epoca capo degli universitari e fautore di un approccio più dialogante della peggio gioventù nelle scuole superiori e nelle università.
(Continua su Domani)

 

 

 

 

 

 

 

(Nella foto Giampaolo Rossi)