Pubblicato il 03/11/2023, 19:04 | Scritto da La Redazione
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Domani elogia Blanca

Domani elogia Blanca
Con un ascolto medio che si aggira stabilmente intorno ai quattro milioni di spettatori, la serie tv Blanca è uno dei fenomeni televisivi più interessanti di questo scorcio di stagione. Seppur senza riuscire, per il momento, a raggiungere gli ascolti del fortunato esordio dell'autunno di due anni fa... Così su Domani.

Blanca non è la solita fiction Per questo piace così tanto

Domani, di Paolo Carelli, pag. 14

Con un ascolto medio che si aggira stabilmente intorno ai quattro milioni di spettatori, la serie tv Blanca è uno dei fenomeni televisivi più interessanti di questo scorcio di stagione. Seppur senza riuscire, per il momento, a raggiungere gli ascolti del fortunato esordio dell’autunno di due anni fa, quando sfiorò i sei milioni per l’episodio finale della prima stagione, la serie (di nuovo in onda dal ottobre scorso con la seconda stagione) si conferma nella sua capacità di generare discorsi, di stimolare empatia e affettività verso i personaggi, di consentire a Rai 1 di vincere agevolmente la serata del giovedì. Blanca Ferrando è una stagista della Polizia di stato, promossa al grado di consulente all’inizio della seconda stagione, con tanto di encomio del presidente della Repubblica; è cieca dall’età di 12 anni, quando rimase ferita nel corso di un incendio nel quale perse la vita la sorella più grande (un fernminicidio a tutti gli effetti). Una tragica fatalità che si trasforma in potenziale risorsa: privata della vista, Blanca riesce a spingere gli altri sensi dove nessuno sa arrivare. Ascoltando, annusando e toccando, la giovane aspirante detective diventa alleata preziosa e insostituibile del commissariato San Teodoro di Genova, cuore nevralgico della narrazione. Prodotta da Lux Vide, la casa di produzione di Luca e Matilde Bernabei punto di riferimento nel consolidamento dell’immaginario della fiction nazionale (da Don Matteo a Un passo dal cielo, da Doc — Nelle tue mani a Diavoli), la serie Blanca è un classico esempio di poliziesco dai toni soft che caratterizza larga parte della proposta di genere del servizio pubblico: coabitazione tra casi di puntata e plot orizzontali, una figura femminile al contempo fragile e carismatica come protagonista, venature da commedia che puntellano storie di crimine, una linea melo-sentimentale che attraversa e tormenta le relazioni tra i personaggi, un’ambientazione definita e riconoscibile. Niente sentimentalismi Insomma,Blanca ha tutti i tasselli della fiction targata Rai al posto giusto. Eppure, nell’insieme, spicca per essere una serie di rottura, capace di innovazioni profonde, tanto sul piano produttivo quanto su quello estetico e narrativo. Sono almeno quattro le ragioni che spiegano il successo di Blanca, reso ancor più efficace e sorprendente se consideriamo il fatto che la prima stagione sembrava aver esaurito e saturato il proprio arco narrativo con la risoluzione del mistero della morte della sorella Beatrice. In primo luogo, la serie affronta il tema della disabilità fisica da una prospettiva che rifugge il sentimentalismo.

La magistrale interpretazione di Maria Chiara Giannetta (nella seconda stagione ancora più verosimile nel riprodurre sguardi, movimenti e atteggiamenti da ipovedente, sempre accompagnata dal fedele cane Linneo) restituisce il profilo di una donna solare, ironica, battagliera. Imperfetta nei suoi sentimenti, che ha il diritto di amare, sbagliare, lavorare al pari dei colleghi. Non c’è nulla di compassionevole nella disabilità di Blanca; non siamo di fronte a una “diversità” che si surroga attraverso improbabili “superpoteri”, ma piuttosto a un inedito mix di istinto e razionalità, di sensorialità aumentata e metodi tradizionali da profiler da serialità internazionale. Nella parabola di Blanca leggiamo il potere di un’opportunità diffusa e aperta, ma anche un’umana seconda possibilità da concedere a chiunque s’incontri sul proprio cammino; alla madre che l’aveva abbandonata e torna sotto mentite spoglie fingendosi una colf; a Sebastiano, che dopo aver tentato di ucciderla al termine della prima stagione viene accolto in casa; alla piccola Lucia, una ragazzina orfana a cui Blanca si affeziona e per la quale si batterà pur di toglierla dall’istituto religioso a cui è stata data in affido. Scelte stilistiche C’è poi una precisa scelta registica e stilistica che segna uno scarto rispetto ad altri prodotti simili della serialità nazionale di Rai l: la regia di Jan Maria Nichelini (nella seconda stagione in coppia con Michele Soavi) azzarda accorgimenti inediti per tentare di restituire l’unicità e la complessità dei metodi della detective; l’amplificazione dei suoni, dei rumori e degli odori, così come le percezioni della realtà dal punto di vista della cecità della protagonista, assumono contorni spiazzanti, dove i colori parlano il linguaggio del vuoto e dell’assenza, dove le tinte si fronteggiano per disegnare gli universi che Blanca è costretta a vivere, amplificare e razionalizzare per trovare una via di fuga verso la “normalità”, dove lo split screen (lo schermo diviso in due o più sequenze) fornisce ritmo e vitalità al racconto.
(Continua su Domani)