Pubblicato il 05/09/2023, 17:01 | Scritto da La Redazione
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Alberto Angela: “Il mio asso nella manica: la mia squadra straordinaria”

Alberto Angela: “Il mio asso nella manica: la mia squadra straordinaria”
Non è facile svelare la grande bellezza, spiegare la cultura immutabile nei secoli, la cultura alta che, seppur lontana, aiuta ad attraversare l'epoca attuale. Alberto e prima Piero e poi insieme, gli Angela, hanno speso la vita nell'impegno della divulgazione. Distributori di sapere che con loro diventa accessibile. Così Michela Tamburrino su La Stampa.

“lo, un gladiatore nel Colosseo tv non faccio spot né scelte facili”

La Stampa, di Michela Tamburrino, pag. 33

Non è facile svelare la grande bellezza, spiegare la cultura immutabile nei secoli, la cultura alta che, seppur lontana, aiuta ad attraversare l’epoca attuale. Alberto e prima Piero e poi insieme, gli Angela, hanno speso la vita nell’impegno della divulgazione. Distributori di sapere che con loro diventa accessibile. «Porto avanti la tv che ho conosciuto da piccolo e vedevo con papà. Perché anche latradizione è cultura». Angela torna su Rail in prima serata giovedì 7 con “Ulisse, il piacere della scoperta”, quattro nuove puntate votate al recupero di luoghi magici e personaggi iconici del passato. «La prima puntata è dedicata alla Giordania, da Petra, la città meravigliosa dei Natabei, dimenticata per secoli e poi riscoperta nell’800, a Jerash, una delle città romane meglio conservate, fino al deserto di Wadi Rum, quello di Lawrence D’Arabia. La seconda puntata ha per protagonista Anna Frank, i campi di concentramento che la videro vittima. I121 settembre sarà la volta di Istanbul, la città che visse tre volte, anche quale Bisanzio e Costantinopoli. Infine Nerone, uno dei più discussi e affascinanti imperatori romani».

La cultura in prima serata al posto di uno show. Oramai ci ha fatto l’abitudine?

«Il timore c’è ed è innegabile ma io ho un asso nella manica, la mia squadra straordinaria, gente appassionata e altamente competente che va dal tecnico al dirigente che oramai sono famiglia, come il mio regista, Gabriele Cipollitti, e stiamo invecchiando insieme. Ti devi fidare di chi hai accanto, come se andassi in missione spaziale. Un soniso, uno sguardo e ci si capisce. Siamo tutti uniti dall’amore per la scoperta, un viaggio senza fine». Si scopre e poi si passa ad altro. «Non si abbandona mai qualcosa di cui poi diventi esperto. Prendiamo Pompei. E stata al centro di nostri programmi, speciali, libri. Ci siamo posti domande. Abbiamo scoperto che quei morti sono così per soffocamento. Noi l’abbiamo scritto dieci anni prima degli altri. Questo ti porta ad avere rispetto per la sofferenza».

Un lavoro, il vostro, soprattutto d’inchiesta?

«L’inchiesta è stimolante, noi siamo degli esperti esploratori alla Darwin. Il lavoro porta lavoro, la scoperta, scoperta e l’equazione si compie. Un impegno di ricerca, il nostro è un mestiere per curiosi».

Prendiamo Jerash in Giordania. Che cosa ci racconterà di quel sito unico al mondo?

«Che il tempio dedicato a Diana era più importante di quello rivolto a Giove, che lì sono transitati popoli dall’India, Gallia, Africa. Sono rimasto incantato davanti a un’Ara votiva con la dedica di un centurione, probabilmente un rito di ringraziamento: quel pezzo di marmo ha fatto sì che in me rivivesse quell’uomo, è come sfregare la lampada di Aladino e dalla pietra è uscita la storia di un soldato morto tanto tempo fa e che ha forgiato quell’Ara che oggi io guardo. O come quando abbiamo riscritto il finale con il sole al tramonto, uscendo dalla grotta di Lawrence d’Arabia. Tecnicamente è stato molto complicato anche perché improvvisato eppure sembra un finale costruito ad arte».

Anche quest’anno compare in vetta ai dati Qualitel elaborati dalla Rai. Che strategia c’è dietro?

«Nessuna strategia, solo lavoro, per questo sono dati che mi rendono particolarmente orgoglioso. In pole position per quanto riguarda il 2022 c’è Meraviglie che aveva cambiato formula e che abbiamo rinfrescato. Il programma diceva: guardate le vostre radici e la vostra identità che va dai musei al cibo. Mi piace si dica che Leonardo Da Vinci è un genio italiano vissuto nel Rinascimento e non un genio del Rinascimento. L’obiettivo era quello. Poi ci siamo spostati in Europa perché bisognava spiegare che essere uniti come europei è basilare e la guerra in Ucraina ne è stato un tragico esempio. Senza questa coesione non saremmo riusciti a contrastare la storia di soprusi che si ripete. Le stelle d’Europa di cui facciamo parte, è una scommessa vinta».

A chi si affida per vincere queste scommesse?

«Al pubblico. Non è vero che predilige il basso livello, non è vero che si accontenta. Il pubblico italiano é curioso, vive immerso tra i capolavori, va in pizzeria a Trastevere, alza gli occhi e vede la volta a botte che risale al Rinascimento. In un momento in cui gli americani eliminano dalle università i corsi sul Rinascimento, da noi abbiamo gente che ha voglia di essere nutrita con prodotti sani e semplici da capire”.

Eppure si parla più di Auditel che di Qualitel. Perché?

«L’Auditel ti dice quanto pesi e quanto sei alto, il Qualitel quanto sei simpatico. E più importante ma arriva dopo. A me interessa soprattutto lo specchio di quello che c’è dietro un mio programma, la telecamera, la regia, la scelta dei droni, il rischio che ci prendiamo andando in prima serata. Lo sa come mi sento? Come un gladiatore che entra al Colosseo. La speranza è uscirne vivi e uniti. Poi mi dico che la qualità paga sempre assieme all’onestà intellettuale».

Un suo «no» assoluto?

«Mai fare pubblicità, un insegnamento di mio padre, occorre etica per essere credibili e mai scelte di facile ascolto. Meglio trasformare un tema difficile in facile ascolto»
(Continua su La Stampa)

 

 

 

 

 

(Nella foto Alberto Angela)