Pubblicato il 08/05/2023, 17:04 | Scritto da La Redazione
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Giovanni Minoli: Oggi la fame di conoscenza è tanta

«La Rai ha 4mila dipendenti di troppo»

Libero Quotidiano, di Francesco Specchia, pag. 9

Piccoli miracoli da palinsesto. Possono delle interviste maneggiate come cold case -anime perdute riascoltate al rallentatore- cambiare l’angolo di visuale del terrorismo? Può un deja vu cronistico, ieri rigettato dai padri, toccare oggi il picco d’ascolto dei figli? Questo è accaduto a “Mixer-Vent’anni” giovedì sera su Raitre, il programma di faccia a faccia rimontati tra l’eterno Giovanni Minoli e i terroristi neri e rossi.

Caro Minoli, in due puntate dedicate negli anni di piombo tra il 1966 e il 1983 e alle gesta terrificanti di Brigate Rosse e Nar, avete toccato anche l’8% di share, e l’obiettivo era 113%. Quando le interviste a Francesca Mambro, Giusva Fioravanti e Alberto Franceschini andarono in onda per la prima volta nel ’92 fu un flop. Perché oggi, rimontate, interessano ancora i giovani?

«Perché oggi la fame di conoscenza è tanta, al punto che fa il botto d’ascolti: e, con l’ottica dell’oggi, si scopre che erano, questi del terrorismo di destra e sinistra, come i Ragazzi della via Pal, in guerra fra di loro: ideali pochissimi, visione politica zero, psicologismo tantissimo. Alla fine, ne esce che vivevano da sfigati col complesso di non aver fatto la Resistenza come i loro padri, e non avendo una visione, pensarono ad una pseudo-guerra civile. Franceschini lo conferma: “Di politica noi non capivamo un cazzo, ma la politica ci ha usato finché ha voluto. Eravamo disorganizzati avrebbero potuto prenderci in qualsiasi momento ma non l’hanno fatto. Appena l’hanno deciso, ci hanno fermati”».

Trattasi d’una sorta di revisionismo storico al ralenti: questo toglie qualsiasi alone romantico ad assassini piccini piccini che potevano essere fermati…

«Esatto. Ti dirò di più: nel prossimo Mixer andrà in onda l’intervista al leader studentesco del “maggio francese” (ricorda il caos di questo maggio francese) Daniel Cohn-Bendit: e lui mi conferma che la sola rivoluzione del ’68 fu nel costume, nelle abitudini sessuali. Perché, poi, tutti gli ideali -quei pochi- scivolarono inesorabilmente nel terrorismo. In fondo erano quattro gatti…».

Beh, quattro gatti che ci spinsero all’apocalisse.

«Fecero disastri inenarrabili. M’impressiona la Mambro quando dice: “Poi abbiamo deciso di non spararci più tra noi”. Altro che rivoluzione e cambiamento e palingenesi: dietro non c’era assolutamente niente, se non “demoni personali” come hanno ammesso loro stessi. Poi, intervistando il padre di Fioravanti, ti rendi conto che dietro questo vuoto c’era il suo vero fascismo, visibile nella durezza in cui descrive i propri figli: uno bravo e Giusva, quello scemo. Pensa a come è cresciuto…».

Che differenza c’è tra il terrorismo nero e rosso?

«Dalle mie interviste nessuna. Uccidevano senza un senso, sapendo di non volere e non potere cambiare il mondo. Giocavano a chi ne ammazzava di più».

La Rai sta vivendo uno dei suoi momenti più bui. Un amministratore delegato che ha resistito alla sua stessa inerzia; la politica che gli trova un altro impiego; un nuovo cda in insediamento e la “rivoluzione culturale” della destra-centro alle porte. Forse. Ti sei portato i pop corn?

«Fossi stato al governo io avrei chiamato Fuortes e gli avrei chiesto di essere affiancato da un direttore generale con pieni poteri. Fino alla scadenza naturale (di Fuortes) l’anno prossimo, e fi gli avrei detto: ti do una mano a trovarti un altro posto. L’alternativa sarebbero i giardinetti. Secondo me non scavalcavi nessuno, tutto rientrava nelle regole, era lineare. Oggi la vedo farraginosa: norme ad hoc, ricorsi, incazzature varie…».

Per poco, una volta, hai sfiorato la presidenza di viale Mazzini. Ricordo che c’era, con Cappon direttore generale, un tuo piano di ristrutturazione dell’azienda. Che fine ha fatto?

«Ancora li. In Rai ci sono 13mila dipendenti, 1700 giornalisti, con 1’80% delle produzioni in outsourcing. Ed è diventata un mostro burocratico. Fosse per me ne taglierei 3000/4000 per assumerne 300 giovani. E metterei i “supporti burocratici” -come si chiamavano una volta- al servizio del prodotto e degli uomini di prodotto che dovrebbero comandare. E oggi sono pochi. E molti di quei pochi sono cresciuti con me. Non per niente si dice la “scuola Minoli”».

La falsa modestia è la più decente di tutte le menzogne, diceva Chamfort…

«Ma è così, dai. Qui c’è ancora chi finge d’indignarsi per la lottizzazione. Siamo seri. La Rai, è sempre stata lottizzata dai partiti, lo è per legge. Il problema sta nel fatto che le lottizzazioni bisogna saperle fare. La Rai della prima Repubblica lottizzava benissimo: i partiti facevano a gara fra loro per avere i professionisti migliori. Ti dirò che più che lottizzazione c’era un grande criterio di rappresentatività…».
(Continua su Libero Quotidiano)

 

 

 

 

(Nella foto Giovanni Minoli)