Pubblicato il 08/11/2022, 19:02 | Scritto da La Redazione
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Il Governo alle grandi manovre in Viale Mazzini

Il Governo alle grandi manovre in Viale Mazzini
Il Governo vuole mettere mano alla televisione pubblica, ma non è facile trovare una soluzione per l'attuale amministratore delegato, Carlo Fuortes. Così Michela Tamburrino su La Stampa.

Le mani sulla Rai

La Stampa, di Michela Tamburrino, pag. 12

Talmente complesso il riordino Rai chiamato a interpretare le mutate esigenze politiche, che la politica si prende tempo. A Palazzo Chigi si è deciso di adottare il ragionamento di sistema. Tradotto, prima di mettere mano meglio chiarirsi le idee sul quadro generale e per quadro generale si intende la destinazione dei vertici, Presidente Marinella Soldi e Ad Carlo Fuortes, per poi scendere a ricaduta su altri incarichi. Ma più del Presidente, il vero nodo è l’Amministratore Delegato. Sulla gestione Fuortes pesa il fallimento della riforma dei generi, riforma confusa e mal guidata, che ha sortito il risultato di far perdere identità a Rai3 senza risollevare Rai2, anzi, possibilmente aggravandola. Si salva Rail, grazie ai titoli oramai giurassici ma che tengono botta come Tale e quale show o Ballando con le stelle, nonostante la deprimente deriva reality. Anche la fiction, forziere Rai, mostra allarmanti scricchiolii, nonostante i numeri ancora reggano. In generale si avverte anarchia sonnolenta e scarsa coerenza editoriale, conduttori che litigano in diretta per gli sfori, programmi rinviati senza motivazione, sindacati non coesi ma perentori. Ultimo caso quello di Francesca Fagnani, che rinuncia alla sera del giovedì con le sue Belve, perché non ritiene adeguato il traino che le arriva da Ilaria D’Amico con un Che c’è di nuovo in grave crisi d’ascolti. In questo quadro, ci si muove scomposti.

Poco tempo fa dai piani alti di Viale Mazzini si era fatta uscire strategicamente la notizia di un possibile passaggio dell’ad Fuortes alla Scala di Milano, in primavera, giusto in tempo per prendere il posto del sovrintendente francese Dominique Meyer, sperando in un passo indietro di quest’ultimo prima della scadenza naturale del mandato, nel 2025. Una mossa che però non è stata apprezzata dallo stesso Meyer e soprattutto dal sindaco di Milano Giuseppe Sala, che in quanto Comune (a trazione centrosinistra), ha una posizione di rilievo nel cda della Scala e magari non ha alcuna intenzione di agevolare le manovre del centrodestra. Certo, il ministro della Cultura Sangiuliano (ex direttore del Tg2 e mai rimpiazzato), potrebbe con un’operazione muscolare imporre Fuortes ai vertici del massimo teatro lirico milanese, ma sembra non sia intenzionato a farlo. L’altra opzione praticabile riguarda il rientro del meloniano di ferro Giampaolo Rossi in Azienda, a Viale Mazzini, come Direttore generale, una figura che fu di Alberto Matassino all’epoca di Fabrizio Salini ad. Una posizione che esiste ed è vacante da allora. Basterà a placare gli animi? Perché una cosa è certa, lo sgarbo fatto un anno a mezzo fa a Fratelli d’Italia, eliminando tutti i suoi uomini dal Cda Rai grida vendetta. Ora il partito di governo sta decidendo come meglio rientrare. Il «Modello Matassino», potrebbe funzionare, sempre che Fuortes si pieghi ad avere accanto nel ruolo cardine di dg una figura come Rossi, che di televisione ne capisce molto più di lui e che oltretutto sarebbe l’uomo di Palazzo Chigi. In questo caso il compromesso s’imporrebbe perché se Rossi prendesse da subito il posto di Fuortes rimarrebbe in carica per un anno e mezzo, tanto quanto resta a Fuortes stesso, dunque troppo poco per poter agire. Impraticabile pensare che si dimetta tutto il cda o che venga cambiata la norma del tetto dei due mandati e dunque il Governo potrebbe giungere a patti con l’attuale ad, garantendosi avicenda il tranquillo fine mandato di Fuortes con Rossi già dentro e avere un avvicendamento morbido appunto tra un anno e mezzo per poi aiutare il disponibile Fuortes nella futura collocazione fuori dalla Rai.
(Continua su La Stampa)