Pubblicato il 26/05/2022, 17:04 | Scritto da La Redazione

Polemiche in Spagna per la nuova legge sull’audiovisivo

I produttori criticano la nuova legge dell’audiovisivo

El País, pagina 31, di Tommaso Koch.

La nuova legge sull’audiovisivo non è ancora stata approvata, ma già tutte le associazioni del settore produttivo in Spagna sono contrarie e concordano sul fatto che il regolamento, così come è formulato nella sua ultima versione, li tradisce. Lo stesso parere è espresso da Cima, l’associazione delle donne registe e dei media audiovisivi. «Giovedì 26 maggio potrebbe suonare la campana a morto per l’industria audiovisiva spagnola così come la conosciamo», affermano le case di produzione in un comunicato. La legge sarà votata oggi dal Congresso.

La sentenza approvata la scorsa settimana dalla Commissione per gli Affari Economici e la Trasformazione Digitale stabilisce che le grandi società di streaming come Netflix e Disney+ devono destinare il 5% del loro reddito generato in Spagna al finanziamento di opere audiovisive europee. Di questa percentuale, il 70% deve essere investito in produzioni nazionali indipendenti in spagnolo o in lingue co-ufficiali. La questione fondamentale è chi viene considerato un “produttore indipendente”. L’articolo 110.1, nella sua nuova versione, lo definisce come segue: «La persona fisica o giuridica che non è legata in modo stabile in una strategia commerciale comune a un fornitore di servizi di media audiovisivi e che assume l’iniziativa, il coordinamento e il rischio economico della produzione di programmi o contenuti audiovisivi, di propria iniziativa o su commissione, e in cambio di un corrispettivo li mette a disposizione di tale fornitore di servizi di media audiovisivi».

Concorrenza “sleale”

La controversia è incentrata su una parola: dove ora compare “dicho”, prima si leggeva “un”. Tradotto, significa che ora un produttore legato a Telecinco che prepara un’opera per lo stesso canale non è indipendente. Ma potrebbe essere indipendente se dovesse produrre un progetto per un altro gigante del settore. La formulazione “un”, invece, permetterebbe di classificare come indipendenti solo coloro che lavorano al di fuori di grandi gruppi e piattaforme.

«Le società di produzione legate a un fornitore di servizi media saranno considerate indipendenti quando produrranno per altri fornitori e competeranno in modo sleale e con un vantaggio ingiusto rispetto ai veri produttori indipendenti», si legge nella dichiarazione. In altre parole, gli indipendenti temono che colossi come Atresmedia o Netflix finiscano per produrre l’uno per l’altro, prosciugando così i fondi che la legge vuole riservare ai progetti sviluppati al di fuori dell’industria più potente.
(Continua su El País)