Pubblicato il 14/02/2022, 19:02 | Scritto da La Redazione
Argomenti:

La politica non si occupa della radio

Il colpevole disinteresse della politica per il futuro della radio

Il Giornale, pagina 31, di Paolo Giordano.

La radio tutti l’ascoltano ma pochi se ne interessano. Secondo i dati relativi al secondo semestre 2021 diffusi da RadioTer, ogni giorno circa 35 milioni di persone sopra i 14 anni ascoltano la radio che è, grazie alla felice definizione di Tiziano Bonini, docente di media studies all’Università di Siena, il «primo social network della storia». Eppure, il benessere e le prospettive delle radio che accompagnano senza sosta la nostra vita interessano poco alla politica. Un tipico paradosso italiano, visto che poi, quando si è in campagna elettorale o in qualche fase delicata della vita pubblica, i politici fanno la fila per farsi intervistare dalle radio più ascoltate.

Ieri 13 febbraio si è celebrata la Giornata Mondiale della Radio, brevettata da Guglielmo Marconi nel 1896 è tuttora uno dei crocevia essenziali dell’informazione, dell’intrattenimento e della formazione dell’opinione pubblica in tutto il mondo. Però la politica non ha speso parole né proposte, anzi è rimasta sostanzialmente muta, indifferente. Le agenzie riportano soltanto il giusto intervento di Federico Mollicone di Fratelli d’Italia: «Va sostenuta la radiofonia nazionale, in crisi a causa della competizione con gli over-the-top e della pandemia». Per il resto quasi niente. E dire che le emittenti radio sono state le più brave ad adattarsi alla rivoluzione web, lanciando la «radiovisione» (merito di Rtl 102.5 poi seguita da quasi tutti) e mantenendo altissimo il contatto con gli ascoltatori. Un valore sociale immenso.
(Continua su Il Giornale)