Pubblicato il 27/12/2021, 15:03 | Scritto da La Redazione
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Eleonora Daniele: La storia di mio fratello come esempio per tutti

Eleonora Daniele: «In tv usavo parole facili. Così parlavo a mio fratello»

Contro Corrente, pagina 26, di Laura Rio.

Quel velo di tristezza negli occhi. Resta lì, nel profondo, anche quando il volto si apre a un sorriso. Ecco, adesso, sappiamo il perché: Eleonora Daniele lo ha raccontato in un libro dedicato al fratello Luigi, affetto da una forma grave di autismo, morto nel 2015. Una vita passata accanto a un bambino nato negli anni ’70, quando di quella sindrome si sapeva pochissimo, fatta di felicità e dolore, di fatica e di conquiste, di affetto e addii. Per lei è stato molto difficile mettere nero su bianco un tale turbinio di sentimenti: ci è riuscita dopo anni, quando era in attesa della primogenita Carlotta. Un libro come un parto. Quando ti guardo negli occhi (Mondadori) è un modo per conoscere meglio la conduttrice di Storie italiane, il programma d’attualità del mattino di Rai1, ma anche un invito a comprendere e accogliere la diversità.

Eleonora, perché hai deciso, adesso, a sei anni dalla sua morte, di raccontare chi era tuo fratello?
«È stata la gravidanza a farmi scattare la molla. Mi ha fatto capire come si sentiva la mia, di madre, quando le è nato quel figlio, quando ha dovuto combattere contro i pregiudizi, l’ignoranza, l’inesistenza di diagnosi e cure. Io ero la sorella piccola, gli sono stata accanto da quando sono nata, ma essere la mamma è un’altra cosa».
Scrivere è anche una liberazione…
«Voglio che il mio dolore si trasformi in una risorsa per gli altri. A molti una vita come quella di Luigi, che non poteva fare nulla se non esistere, appare come inutile e improduttiva. Invece lui non è stata una zavorra, ma un dono immenso. Non lo dico da buonista o idealista, ma da chi ha vissuto questa esperienza in prima persona. E lo voglio gridare al mondo intero».
La tua notorietà può aiutare altri.
«Infatti. Quando è morto Luigi non avevo più motivi per lottare. Poi ho riflettuto a lungo: tante persone bussano al mio programma per raccontare le loro storie, per denunciare le mancanze della sanità pubblica. Ho conosciuto molti genitori di ragazzi autistici che con il tempo sono diventati amici. Allora ho pensato che se mi è toccata in sorte questa vita, anzi se il Signore ha voluto che nascessi sorella di una persona disabile, ci doveva essere un motivo. E, allora, ho deciso di mettere la mia rabbia al servizio degli altri, di farmi portavoce delle persone in difficoltà e delle loro famiglie, troppo spesso lasciate sole».

Luigi non parlava, non comunicava, era impenetrabile. Tu, sua sorella, sei cresciuta con il dono della parola, talmente comunicativa da diventare conduttrice televisiva.
«Certamente il mio è un dono. Tutto il contrario di quello che era mio fratello. A volte per trovare spiegazioni bisogna affidarsi alla fede o alla filosofia. Il destino è una porta aperta: non sai mai quello che trovi quando la apri. Io mi sono trovata in questa situazione: forse era un karma».
Credi nelle filosofie orientali?
«Le ho approfondite molto. E mi ritrovo in molti insegnamenti. Tutto quello che accade era già stato scritto da noi stessi, dalle nostre anime, nel ciclo continuo tra vita e morte dove le persone si accendono e spengono. Quando si sale al cielo forse si sprigiona un’anima che aveva un destino già scritto… e credo che questo sia il mio».
Una specie di missione?
«Sì, penso di sì. Fin da piccola ho messo sempre in primo piano mio fratello, io venivo dopo, perché lui era quello che aveva bisogno. Per questo – anche se non si direbbe visto il lavoro che faccio – sono rimasta in fondo timida come una bambina. E ho riversato questo atteggiamento anche nel mio lavoro: cerco di mettermi dietro le storie che racconto, non devo essere io la protagonista».
Luigi riuscivi a capirlo?
«Lui non pronunciava una sillaba, ma quello che provava te lo diceva con gli occhi e con i sorrisi. Mi ricordo quando ci sdraiavamo sotto la nostra quercia e guardavamo il cielo. Sapevo che se passava una farfalla la vedeva anche lui, anche senza dirmelo. Aveva momenti di gioia e altri di buio e rabbia e non sapevi mai quando sarebbero arrivati e da dove nascessero. Ho imparato a capirlo, a gestirlo, a prevenire quei momenti, anche per sopravvivere: non ti faceva entrare facilmente nel suo mondo, ma se ci riuscivi, era per sempre».
(Continua su Contro Corrente)

 

(Nella foto Eleonora Daniele)