Pubblicato il 04/11/2021, 18:04 | Scritto da La Redazione
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Il Pd contro “Report”, ma forse non ha visto il servizio

I censori di “Report” fanno marcia indietro: non hanno visto la tv

Il Fatto Quotidiano, pagina 3, di Alessandro Mantovani.

La senatrice e capogruppo Pd in Commissione Vigilanza Rai, Valeria Fedeli, assicura di aver «sempre difeso il lavoro di Report, preziosissimo» e premette di non aver «chiesto sanzioni». Però «siamo rimasti colpiti – dice al Fatto – che il servizio di lunedì inducesse preoccupazioni sulle vaccinazioni». E invoca «attenzione, equilibrio«. Impossibile, tuttavia, farsi spiegare nel merito la nota contro Report firmata con i suoi colleghi dem della Vigilanza. Nero su bianco si accusa il programma tv di aver fatto un «lungo compendio delle irresponsabili tesi No Vax» (quando Sigfrido Ranucci ripete che i vaccini servono); di aver parlato di «larga frequenza di effetti collaterali» (quando Report ha specificato che sono «rari», ma hanno condotto a modifiche di protocolli e fasce d’età); si stigmatizza poi l’aver posto «dubbi sull’efficacia dei vaccini, perplessità sulla durata della copertura» (quando sul tema, dibattuto tra gli scienziati, il giornalista di Rai3 ha intervistato il professor Andrea Crisanti di Padova, il professor Peter Doshi del Maryland e membri della Food and drug administration Usa).

La nota dem – tanto sgrammaticata da aver indotto Enrico Letta a sconfessare i suoi, che avevano informato dell’iniziativa solo Debora Serracchiani – rimprovera a Ranucci di aver portato in video «sedicenti infermieri irriconoscibili… che affermano di essersi infettati per responsabilità delle aziende farmaceutiche». Ma può dirlo solo chi non ha visto il servizio di Samuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale. Le case farmaceutiche non c’entravano affatto. E quattro infermieri su cinque erano a volto scoperto, a nome dei maggiori sindacati denunciavano l’assenza di tamponi e test anticorpali come contrasto alla diffusione di infezioni ospedaliere. Era a volto coperto solo un’infermiera del Sant’Eugenio di Roma, segnato da un grave cluster, che, parlando in chiaro, avrebbe rischiato il posto.

La protesta dem

«Era pixellata», protesta Andrea Romano, deputato dem tra i firmatari della nota. All’inizio, raggiunto al telefono, è cordiale, ma dopo due-tre domande si chiude: «C’è il comunicato, mi attengo a quello». Inutile chiedergli perché abbia accusato Report di aver usato «un sedicente collaboratore del Cts» per denunciare «la totale imperizia dell’organismo». Il servizio aveva solo riferito un dato incontestato: ovvero l’assenza di basi scientifiche per allungare il green pass da 9 a 12 mesi. «La durata della protezione è sconosciuta» secondo Pfizer; Israele dice sei mesi, mentre Fda ed Ema sono incerte.

Avremmo voluto chiedere all’onorevole dem delle preoccupazioni del professor Doshi, ma Romano pensava ai pixel. Il conduttore, nel frattempo, ha incassato il sostegno di Carlo Fuortes, l’amministratore delegato Rai, così come di diversi membri del Cda. A irritare i parlamentari è stata la frase pronunciata in diretta da Ranucci: «È ovvio che la terza dose è il business delle case farmaceutiche», con tanto di grafico con la moltiplicazione dei profitti di Pfizer e Moderna. Ma era marzo 2021, le prime iniezioni erano appena iniziate, quando Pfizer presentava agli investitori «l’opportunità» di una terza inoculazione. «Ho contestato solo quella affermazione, sono un grande estimatore di Ranucci e di Report», assicura Andrea Ruggeri, di Forza Italia.
(Continua su Il Fatto Quotidiano)

 

(Nella foto Sigfrido Ranucci)