Pubblicato il 17/05/2021, 19:05 | Scritto da La Redazione
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Sabina Guzzanti: Dopo 17 anni non ho ancora capito chi mi ha cacciato dalla Rai

Sabina Guzzanti: «La Rai mi cacciò ma oggi la tv è molto peggio»

Libero, pagina 20, di Francesco Specchia.

La nuova Sabina Guzzanti scivola in altri mondi letterari. Oggi Sabina è Che Guevara a braccetto di Greta Thunberg che legge gli scritti di Orwell e Ursula Le Guin; eppoi si fa un aerosol di Stefano Benni. E, alla fine, ti esordisce con un romanzo, La disfatta dei Sapiens (HarperCollins), che è una distopia costruita su futuri imperfetti, diseguaglianze, migrazioni, tecnologia cattiva e altre catastrofi. Si può essere o meno d’accordo con lei, ma Guzzanti, romana, classe 63, è un talento omerico della militanza.

Sabina, questa sua versione da narratrice ci mancava. Nel romanzo, allegramente inquietante, colpisce la redazione del giornale Holly che è l’unica rimasta fatta di umani; il resto dell’informazione è regolato da robot e algoritmi. Non è un tantinello pessimista?
«Be’, ci sono anche degli algoritmi che suonano un ottimo Mahler. Il tema del condizionamento, della libera informazione mi è sempre caro. Il cervello della gente è plastico, si plasma e si sta abituando alle stronzate, a non preservare più indipendenza e libertà di giudizio. Prenda i social in blocco, o il caso Cambridge-Analytica: la questione lì non è posta sul fatto che c’è un’azienda che ti frega e manipola i dati personali (pazzesco), ma sul fatto che tu, aprendo la schermata, debba consentire con un clic l’accesso a quei dati».
Quest’idea dell’informazione plagiata, («la mente umana non può essere manipolata oltre il 45%», è una legge contenuta nella Disfatta dei Sapiens) per lei ricorre dai tempi di Raiot, programma sospeso da Rai3 nel 2003 nonostante ottimi ascolti. Non è che un’idea che le ronza in testa perché la Rai misteriosamente non la chiama più da 17 anni?
«No. Dalla Rai sono fuori da 17 anni, ma non è per rabbia che dico che si è paurosamente involuta. In tv riesco a vedere in compagnia solo Propaganda o Una pezza di Lundini o Stefano Bollani. Ma badi, non è solo la comicità, i talk li trovo assurdi. Si producono in contorsioni semantiche, diciamo pure in cazzate, ma nessuno che lo dica. Io, di informazione, riesco a sostenere Report o Presa diretta nella puntata sugli allevamenti intensivi superproduttori di anidride carbonica, per fare un esempio».
Però nei talk lei ci va…
«Che c’entra? Io nei talk ci vado a promuovere i miei libri, magari cerco di tenere alto il livello, non so se ci riesco».

A diMartedì, Alessandro Sallusti si è trovato schierato con lei sulle riaperture. Le è sembrato strano?
«No, è già successo con altri. Io ho detto che la severità del lockdown non ha ragione di essere. Perché è lo Stato che deve tracciare il virus, ampliare la capienza dei trasporti, ecc. Se non lo fa non può scaricare la responsabilità su di noi. Almeno ti dicesse: “Tu ora chiudi, ma nun te preoccupà, c’ho un’idea fantastica per un film, lavorerai un sacco!”. Invece allo Stato non gliene frega niente se e come io riuscirò a campare…».
Torniamo alla Rai. Cosa non va a viale Mazzini? La censura (come dice Fedez)? Il classicone della politica invasiva anche da parte dei partiti antipolitici?
«Ha ragione Fedez, c’è molta più censura che un tempo. E le parlo come una a cui hanno chiuso un programma di successo su Rai3, e nessuno ha mai capito chi sia stato. Ruffini diceva la Annunziata, la quale diceva Cattaneo (presidente e ad Rai; ndr). Un programma chiuso da solo, a sua insaputa. Ci ho dovuto fare un film, Viva Zapatero, per spiegare com’era andata».
Ricordo che Mediaset l’accusò di falso sulla Legge Gasparri e di tutta una serie di attacchi antiberlusconiani. La sospesero ad aeternum, come Grillo. Col senno di poi, ha capito chi, a destra, volle la sua testa?
«Ma non fu solo la destra. Anche la sinistra mi mazzuolò, sempre che ci sia ancora qualcosa di sinistra in natura. La sinistra oggi, non riuscendo a creare aspettative, non riesce neanche più a deludere; comunque ha generale intolleranza verso le critiche. E, no, non c’è nessuno che mi abbia mai dato spiegazione né chiesto scusa. Quello che mi secca sono quelle che ti vengono col sorrisino cattivo e ti dicono: “Ma com’era bello il suo programma! Quando la rivediamo in tv?”. Da lì ho lavorato anche per il web (il TgPorco, ndr) ma era economicamente insostenibile. Detto ciò, non è solo la Rai malata, ma tutta la televisione…».

 

(Nella foto Sabina Guzzanti)