Pubblicato il 25/09/2019, 19:10 | Scritto da Gabriele Gambini

Alberto Brandi: Lo sport è nel DNA Mediaset, la Champions League è un esempio

Alberto Brandi: “Annunciare in diretta la morte di un grande campione come Marco Pantani è un episodio che mi porto dentro”

 

 

La Champions League targata Mediaset parte con dati lusinghieri: 4.498.000 spettatori con il 18.63% di share e il 21.14% di share sul target commerciale, 846.000 spettatori con il 8.30% di share e il 9.45% di share sul target commerciale, sinergia tra Canale 5, Italia 1 e il Canale 20. Il calcio europeo nella vetrina delle reti del Biscione rappresenta un idillio venuto da lontano.  Precisamente dal 1992, anno in cui, ironia della sorte, Alberto Brandi, oggi coordinatore della redazione sportiva di Cologno Monzese, entrò a far parte dell’azienda.

«Oggi, con i 17 streaming sul versante multimediale, dal martedì al giovedì su sportmediaset.it, completiamo la nostra ampia programmazione e siamo incisivi negli aspetti complementari, ma indispensabili, di un racconto calcistico di alto livello», dice Brandi.

L’Italia calcistica torna in Champions League con aspettative maggiori rispetto agli anni scorsi?

Il calcio italiano ha due squadre attrezzate ad arrivare in fondo. C’è il Napoli, che ha acquisito il DNA europeo del suo allenatore Carlo Ancelotti, dopo una stagione di assestamento. La partita con il Liverpool è stata poderosa per intensità. Poi c’è la Juventus, che, con l’avvento di Sarri, ha portato correttivi ai concetti della fase difensiva, avviando un cambio di mentalità. La prima partita dell’Inter è forse stata la più deludente, ci si aspettava di meglio. La batosta subita dall’Atalanta evidenzia come un’esperienza europea sia fondamentale per partecipare con profitto a queste competizioni.

Come è cambiato il racconto sportivo televisivo negli ultimi anni?

Sono a Mediaset dal 1992. Conto 27 anni di militanza attiva tra Milano 2 e Cologno Monzese. Eravamo già moderni all’epoca e, come Gruppo, abbiamo sempre cercato di portare qualcosa di nuovo al racconto. Basti pensare a come abbiamo rinnovato la narrazione del Giro d’Italia, del Motomondiale, o a come abbiamo gestito i Mondiali di calcio del 2018, orfani dell’Italia. Certo, oggi il pubblico è più evoluto rispetto a 27 anni fa, adesso non si può sbagliare niente perché tutti riescono a sapere tutto in tempi rapidi. La forza dell’approfondimento potrebbe costituire una nuova sfida per la nostra professione ai tempi dei new media.

Sul racconto del calcio grava l’incognita dell’acquisizione dei diritti televisivi. La Lega Calcio si dice possa allestire una propria piattaforma.

Premessa: il problema ci riguarda solo come spettatori. Noi possiamo sopravvivere anche senza diritti, pur rappresentando i diritti sportivi un asset importante per Mediaset. Dopo un anno di transizione senza Premium, avere la Champions in chiaro significa che lo sport per noi ha un valore essenziale. Per quanto riguarda la battaglia sull’acquisizione dei diritti, penso non sia facile creare la tv della Lega, il panorama italiano è molto complicato rispetto a quello straniero per varie motivazioni, anche di copertura tecnologica. Vedremo che accadrà.

Il calcio sta diventando sempre di più una commistione di affari e infotainment. Tiki Taka, il caso Icardi e affini ne sono un esempio.

Tiki Taka contribuisce a innovare il linguaggio, ma fa parte di un lungo percorso che abbiamo nel nostro DNA. L’antesignano di Tiki Taka era Pressing. Raimondo Vianello veniva dall’intrattenimento, c’era Antonella Elia, si facevano gag, il calcio veniva raccontato con numerosi punti di vista laterali, mai scontati. Non scordando programmi come Calciomania e Guida al Campionato, perfetti esempi di contaminazione di generi. Io conducevo Guida al Campionato con Gene Gnocchi e con Maurizio Mosca nel famigerato pentolone dal quale si lanciava coi suoi pronostici.

Un aneddoto che ti porti dentro nella tua carriera di cronista?

Mi porto dentro la morte di Marco Pantani. Fu un momento delicato da commentare in diretta, eravamo in onda con un’edizione di Guida al Campionato sui posticipi, dare la notizia fu molto difficile sul piano umano e professionale.

Un tuo modello di riferimento?

Quando sono arrivato mi fu indicato dai miei responsabili, ma fu un’indicazione superflua, già lo avevo capito. Sandro Piccinini. La vita mi ha dato la fortuna di raccoglierne il testimone in Guida al Campionato, poi a Controcampo, perché lui decise di prendere altre strade. Un modello di preparazione e serietà in ogni dettaglio, perfezionista in tutti i sensi, dalla cura dei capelli alla scelta dei vocaboli.

Chi vince il campionato?

Domanda difficile. L’Inter ha le carte in regola, se rallentasse in Europa, potrebbe prendere maggiormente il volo in Italia. Attenzione però alla Juventus, dispone di un patrimonio tecnico inarrivabile.

Gabriele Gambini

(nella foto Alberto Brandi)