Pubblicato il 12/09/2016, 15:02 | Scritto da La Redazione
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Rai, format e produzioni: il modello sarà la Bbc

Rai, va in onda il format del risparmio modello Bbc per acquistare produzioni

Rassegna stampa: Affari&Finanza, pagina 8, di Aldo Fontanarosa.

Il nuovo contratto di concessione riscrive le regole di un settore dai costi fuori controllo. Poca trasparenza e i tre maggiori produttori, Endemol, Magnolia e Ballandi, che si dividono il grosso della torta. Ci sarà una quota riservata alle società indipendenti.

Sul fronte caldo delle produzioni esterne, ta per chiudersi forse la stagione dell’anarchia e del fai-da-te. Per la prima volta nella sua storia, la Rai dovrà misurarsi con regole vincolanti in questo delicato ambito. Sono norme che puntano a un obiettivo preciso, da tempo avvistato in altre Nazioni come il Regno Unito o la Francia. La nostra tv di Stato dovrà farsi volàno e finanziatrice dell’industria culturale indipendente. Per questo sarà obbligata ad affidare una percentuale delle sue produzioni programmi, film e fiction a società esterne, ma giovani e autonome. Queste società (italiane o comunitarie, anche di medie o piccole dimensioni) non dovranno essere emanazione o proprietà di grandi editori tv, proprio a sancirne la loro autonomia.

La nuova regola verrà scritta nella Concessione che tornerà ad affidare a Viale Mazzini il servizio pubblico tv. La Concessione che è il pilastro dei rapporti tra lo Stato e la Rai non resterà in vigore per un giorno o un mese, ma peri prossimi 10 anni. E sarà approvata entro il 31 ottobre (anche se è possibile uno slittamento al 31 gennaio). Ora, la Concessione stabilirà il principio generale. Spetterà poi al Contratto di Servizio disciplinare gli aspetti operativi (il Contratto fissa gli impegni della Rai verso gli italiani in cambio del pagamento del canone, durerà 5 anni). In altri Paesi, il meccanismo ha funzionato. Nel Regno Unito, fin dal gennaio 2007 la Bbc ha affidato il 25% delle sue produzioni tv a «fornitori indipendenti qualificati», e un meccanismo di quote vale anche per la radio (al 10%) e per Internet (ancora al 25). E la trasparenza? Chi decide quale impresa esterna lavora oppure no?

Gli inglesi e questa sarà la sfida anche per l’Italia hanno un “Codice d’esercizio” che impone di lanciare un concorso di idee. La Bbc rende noto il budget disponibile, tratteggia le linee del programma che serve; ne precisa il giorno e l’ora della messa in onda. Chiunque vuole, può farsi avanti. Ogni anno, infine, la Bbc invia un rapporto al Garante delle Comunicazioni, l’OfCom, che valuta se il Codice sia stato ben applicato. Finora, in Italia, l’assenza di regole e procedure ha portato alla concentrazione delle produzioni esterne in capo a pochi soggetti, in genere dei ciclopi, mentre ancora non è chiaro come la Rai selezioni i fornitori piccoli e medi. Sul fronte dell’intrattenimento, tre grandi società private portano a Viale Mazzini soprattutto alla Prima Rete gli show che più contano. Solo a Rai 1, Endemol vende 6 sue trasmissioni (Affari tuoi e Tale e quale show le più costose); mentre Magnolia e Ballandi ne fabbricano altre tre a testa. Per aggiudicarsi questi 12 programmi chiave, la tv di Stato trasferisce 42 milioni 322mila euro nell’orbita di questi tre soli fornitori. È quasi il 30% delle risorse che Rai 1 può investire fuori dal perimetro dell’azienda (pari a 145 milioni 525mila euro nell’anno, ribattezzati “a utilità immediata”).

Rai 2, per un solo mega evento-tv, The Voice of Italy, muove 9 milioni 311 mila 800 euro verso il produttore Talpa Italia. Questo fiume di soldi, che sgorga anche dagli altri canali, paga l’idea del programma e il diritto alla sua messa in onda; ma anche le professionalità (sempre esterne) necessarie alla fattura, a partire dal super conduttore e dal regista; oltre a strutture materiali assai costose come la scenografia. E non si tratta di una spesa una tantum. La Rai versa una cifra importante ogni anno, se conferma la trasmissione in palinsesto. La prova del cuoco (fornitore Endemol) ha pesato per 2,9 milioni nei conti 2015-2016 della Prima Rete e peserà per altri 2 milioni 210 mila euro nella nuova stagione tv. A fronte di questi esborsi non trascurabili, il programma dovrebbe arrivare alla Rai già pronto, chiavi in mano. Tutte le spese insomma dovrebbero essere a carico dei bravi e fortunati fornitori esterni. E invece Viale Mazzini sopporta, spesso, anche le spese operative. Serve una speciale telecamera, un drone, bisogna affittare un particolare studio? Paga la Rai. Questo succede, in particolare, quando il programma è una coproduzione tra Viale Mazzini e questo fornitore esterno, che si è aggiudicato un “appalto solo parziale”.

Lo show di Massimo Ranieri (Sogno o son desto 3), produttore Ballandi, ha scaricato sulla Prima Rete dei costi nati sul campo per 289.355 euro. Infine la tv pubblica mette a disposizione alcuni dei suoi 11mila 54 dipendenti a tempo indeterminato come professionisti di supporto alla produzione. E questo distacco impatta anch’esso sul costo finale della trasmissione. Per capire la forza negoziale dei fornitori dominanti, bisogna guardare alle cifre che la Rai investe sui programmi nuovi. Si tratta di un capitale di rischio perché finanzia una trasmissione che può piacere come non piacere agli spettatori e agli inserzionisti. Quelli di Magnolia in questo 2016 hanno piazzato un bel colpo. Hanno messo insieme un autore colto (l’ex vice premier Veltroni), una vecchia volpe dell’intrattenimento leggero (cui dobbiamo programmi come Amici e Scherzi a Parte), oltre a un regista con quattro Sanremo alle spalle. Questa squadra lavora a una nuova trasmissione. Otto personaggi famosi rivivranno i dieci momenti più elettrizzanti della loro vita. Bella idea. Ma il prezzo è quello giusto? La Rai sopporterà spese complessive per un milione 63 mila 475 euro per ognuna delle 4 puntate. Sono 4 milioni 253 mila 900 euro totali, per appena 8 ore di messa in onda. Non siamo neanche in prima serata, ma nella fascia “access” che la precede. Le dieci cose più belle, in palinsesto dal 15 ottobre su Rai 1, si preannuncia un programma bellissimo. Soprattutto per Magnolia, che lo ha venduto così bene.

Se un lavoratore della Rai ha avuto un’idea altrettanto valida, forse non lo sapremo mai. Nel 1999, la tv di Stato mise in piedi una struttura interna (Serra Creativa) che funzionava da incubatore di nuove trasmissioni. Operativa a Milano dall’ottobre 2000, Serra Creativa prendeva un’idea grezza di un dipendente, di un autore esterno sconosciuto, di una società o di un’associazione e la trasformava in un format, se lo meritava. Ora, questo processo era lento e faticoso. Ma sedimentava in azienda competenze e conoscenze at3 tirando nuovi talenti. Serra Creativa fu liquidata dopo soli tre anni, nel dicembre 2002, e un incubatore simile non esiste più. A proposito di produzioni, la Bbc è pronta ad un nuovo colpo di acceleratore. Nel suo documento “British Bold Creative”, chiede di liberarsi del vincolo che oggi le impone di fabbricare all’interno almeno il 50% dei programmi. La richiesta è di abbassare la soglia al 20%. In compenso, la Bbc raccoglierebbe tutte le sue strutture produttive in un’unica società di diritto privato. Questo soggetto commerciale autonomo (Bbc Studios) potrà vendere suoi programmi anche a editori esterni. E come se la Rai ideasse una trasmissione per poi cederla a Mediaset o Sky. Un giorno forse ci arriveremo anche noi. Per ora, accontentiamoci di questo obbligo di sostegno ai produttori indipendenti che arriva in Rai a 10 anni, appena 10, da quando scattò per la Bbc.

 

(Nella foto Antonio Campo Dall’Orto)