Pubblicato il 20/05/2016, 13:34 | Scritto da La Redazione
Argomenti:

Monica Maggioni: Non accusate la Rai di fare le epurazioni

Maggioni: “Basta risse più inchieste, pochi talk, ma non accusate la Rai di fare le epurazioni”

Rassegna stampa: La Repubblica, pagina 23, di Annalisa Cuzzocrea.

Il presidente della tv pubblica: “Chiudere ‘Virus’ non è uno scandalo. A Porro un programma e gli stessi soldi”.

«Non ci sto a vedere la Rai trasformata in un suk, quest’azienda merita più rispetto». La presidente di viale Mazzini Monica Maggioni parla dei cambiamenti in corso e delle critiche sulle novità in arrivo per l’informazione. E attacca: «Le resistenze vengono da chi vede intaccata la sua zona di potere».

La nuova Rai avrà meno tg e meno spazi di approfondimento?

«No, l’informazione non diminuisce e non diminuirà. Quel che c’è è un disegno generale di riscrittura dei racconti della realtà e una differenziazione dell’offerta sulle varie reti».

A decidere saranno Andrea Fabiano, Ilaria Dallatana e Daria Bignardi?

«Ci sono delle linee guida sulle quali i direttori di rete stanno lavorando. Nascono dal rapporto con il Paese, dal bisogno di innovazione e cambiamento, dalla necessità di un racconto più complesso e più articolato di quel che si può trovare in uno studio dove ci si dà sulla voce. Da qui a quando verranno presentati i palinsesti emergeranno i vari cambiamenti. Spero che non assisteremo ogni volta a polemiche insensate».

Una novità è la chiusura del programma di Rai 2 Virus di Nicola Porro. Sono arrivate accuse di “epurazione renziana”. Da presidente, come risponde?

«Mi faccia rispondere da giornalista. Qualche epurazione nella mia vita l’ho vista davvero, ma mai con una trattativa in corso sul programma successivo, il mantenimento dello stesso trattamento economico, la possibilità di studiare un format diverso insieme al nuovo direttore di rete. Se le epurazioni sono così, vorrei essere epurata anch’io».

Non è che verranno eliminati i programmi più scomodi?

«L’unica cosa vera è che da presidente non posso sopportare la trasformazione di quest’azienda in una specie di suk. Questo non è un mercato dove uscire allo scoperto e gridare per far sì che i difensori pubblici accorrano a difenderti. Stiamo provando a scrivere i nuovi palinsesti: emergeranno molti punti di vista, tante Italie le cui voci in questi anni non si sono udite, che non hanno trovato lo spazio adeguato».

Chiuderete anche il Ballarò di Massimo Giannini?

«Non voglio entrare nelle dinamiche delle singole reti e nel racconto dei singoli programmi. Per me, l’autonomia editoriale dei nuovi direttori di rete è fondamentale: ognuno di loro ci proporrà la sua idea e le sue modalità di racconto».

Nel sentir invocare dal governo e dai vertici Rai un nuovo tipo di racconto sale il timore che sia un modo per cercare di nascondere il conflitto. Di “neutralizzare” la realtà perché dia meno fastidio al potere.

«Non sono per niente d’accordo. Oggi si può dare molto più fastidio alla politica che non fa le cose che promette andando nei luoghi e facendo le inchieste, piuttosto che chiudendosi in un salotto. C’è molta più scomodità nell’incontro diretto con la realtà. Guardi il programma di Giovanni Floris su La7, parlo di lui perché lo conosco da vent’anni: quando si sposta fuori dall’ambito stretto del talk, paradossalmente è molto molto più scomodo. Io capisco che esistano le logiche politiche e che si riporti sempre tutto a quelle, ma per una volta possiamo tentare di riformare un linguaggio?».

Quindi il problema è sempre la crisi del talk show?

«Vogliamo ripetere anche in quest’intervista che il modello del talk è in crisi? Ok, facciamolo. Questo però non vuol dire chiudiamoli tutti, semplicemente ingegniamoci perché lo spazio del dibattito possa essere garantito da format nuovi».

Si aspettava queste resistenze dentro la Rai?

«Le resistenze non sono dentro la Rai. Le assicuro che in Rai c’è un sacco di gente che non vede l’ora di ricevere una telefonata per andare a raccontare un pezzo d’Italia in modo nuovo. La resistenza viene dalle zone consolidate, zone di potere. Da persone che non vogliono perdere la propria area di influenza. Non è ammissibile sentir dire che la Rai è fatta da deficienti perché chiude un programma in una data. La Rai è fatta da 12mila persone che hanno il diritto di non vedersi trattare come burattini da chi vuole usarle per il proprio tornaconto. Non è possibile che ogni persona che vede modificato il proprio spazio gridi alla censura. Allora, se si tagliassero due edizioni dei tg che accadrebbe?».

Ci sarà il taglio di alcune edizioni?

«Lo ripeto, non abbiamo alcuna intenzione di ridurre l’offerta informativa della Rai, solo di differenziarla, di usare meglio i soldi che le vengono dati. Meglio avere cinque troupe che raccontano cinque storie di Italie diverse che cinque troupe sulla stessa conferenza stampa. Se questa viene considerata riduzione dell’informazione, allora non so davvero da dove ripartire. Ogni cambiamento implica che si vadano a intaccare alcune posizioni, ma rifiuto il vecchio adagio per cui ci sono sempre delle ragioni oscure. Perché non ci sono».

(Nella foto Monica Maggioni)