Pubblicato il 24/04/2016, 14:04 | Scritto da La Redazione

Maria De Filippi: La mia tv fatta con il telefono

Non invento nulla (neanche il tronista), è l’Italia che è così

 

Rassegna Stampa: Corriere della Sera, pagina 34, di Renato Franco

la Lettura

 

La mia tv fatta con il telefono

Maria De Filippi: le storie arrivano dalla gente, io ascolto

Non invento nulla (neanche il tronista), è l’Italia che è così

 

 

Quando c’è qualcuno che lo ha spiegato così bene, tanto vale non fare ulteriori sforzi. Carlo Freccero, osservatore sempre acuto e mai banale di questioni televisive, ha tratteggiato la fenomenologia di Maria De Filippi in modo analitico e chiaro al tempo stesso: «Come l’audience, che registra e replica i gusti della maggioranza, i suoi programmi replicano e amplificano la pancia del Paese. Il mondo di Maria De Filippi è un mondo di esclusi, di persone lasciate ai margini. Il fatto di essere messi al centro della scena, fa di loro dei modelli riconosciuti e replicabili. Insomma dai suoi programmi scaturisce una nuova ideologia, che fa della semplicità, della mancanza di complessità, un valore spendibile nel mondo dello spettacolo, che oggi è quello che conta ed è il più ambito. Maria De Filippi ha inventato un genere: il reality soap, che tende a costruire soap opera non nella fiction, ma nella realtà. Nei suoi programmi declina forme di narrazione che hanno in comune il riferimento alla realtà vera e il coinvolgimento emotivo del pubblico. Una storia inventata può affascinare e catturare l’attenzione, ma una storia vera genera empatia, coinvolgimento, commozione. Maria De Filippi è funzionale alla televisione commerciale nella misura in cui affronta la dimensione psicologica individuale, mettendo in scena la sfera dei sentimenti e del privato».

Maria De Filippi, lei non sbaglia un programma, il pubblico la segue, tetragono e fedele, da anni. Lei è meglio del Censis: come fa a cogliere in modo così profondo la pancia del Paese e a essere sempre sintonizzata sui gusti della maggioranza? 

Io sin da piccola sono sempre stata abituata ad ascoltare perché in famiglia non avevo molta voce in capitolo. Ero la seconda e quindi, come tale, dovevo imparare a sentire più che a parlare. L’unica cosa che potevo dire all’epoca era: perché? Infatti mio papà mi chiamava Perché?».

Dunque ha applicato il metodo familiare anche in televisione?

«Fin da quando ho iniziato a fare televisione ho sempre lavorato con le storie che arrivavano al centralino della redazione dei miei programmi. Nonostante io viva dentro una scatoletta, il fatto di aver avuto sempre un rapporto diretto con le persone che chiamano forse ha fatto la differenza. I miei programmi non li ho mai fatti sulla base di quello che pensavo io ma sulla base di quello che arrivava da fuori».

Ha iniziato nel 1992, sono quasi 25 anni di televisione, lavora così ancora adesso?

«Sì. Non ho mai scelto o scritto un copione delle mie trasmissioni. Ho sempre fatto delle trasmissioni con le persone che venivano a raccontare le loro emozioni e i loro sentimenti, i loro umori e i loro pensieri. Funziona così da sempre. Amici prima maniera nacque dal centralino e dalle lettere che arrivavano in redazione. Uomini e donne è sempre alimentato da chi telefona e scrive per partecipare. C’è posta per te parte sempre dalla gente, non da me».

I suoi maestri?

Io ho avuto un grande maestro insieme a Maurizio (Costanzo, suo marito ndr), Alberto Silvestri. Alle riunioni di Amici, il mio primo programma, per quattro anni non ho avuto nessun diritto di parola perché ero la conduttrice e, in quanto tale, dovevo solo condurre. Però ascoltavo. Ascoltavo tanto. Alberto si faceva raccontare le storie che arrivavano alla redazione. Per esempio: ha chiamato Betty, 5o anni, ha problemi con sua figlia Marta di 19 perché vuole uscire la sera e fare tardi col fidanzato. Lui aveva un approccio molto concreto: “È la lettura tua o quello che ti ha detto lei? Lo dice lei o lo dici tu? Dimmi quello che dice lei, dimenticati come la racconti tu”. Quegli anni con lui mi sono serviti tantissimo».

E Maurizio Costanzo?

«Maurizio mi ha fatto leggere non so quanti gialli di Simenon facendomi fare il riassunto e la sintesi: “Riassumi in 5 minuti”, “riassumi in 3 minuti”, “riassumi in un minuto”, “dimmi qual è il centro del libro”».

E così che ha imparato a raccontare le storie, mentre il suo camminare a «C’è posta per te» avanti e indietro nello studio è un ricordo di quando ripeteva ad alta voce gli esami all’università. Dunque per tornare al punto di partenza, il suo segreto è ascoltare. Detto così sembra pure facile…

«Ascolto davvero, non ho chissà quali chiaroveggenze e faccio una vita tale per cui non ho tutti questi rapporti e contatti. Ho cambiato il contenuto dei programmi piano piano, seguendo quello che mi suggerivano da casa. Però io non penso di essere cambiata televisivamente più di tanto: detesto sempre i sermoni in televisione, non amo la sfacciataggine dei conduttori, non mi piace chi commenta e si mette sul piedistallo».

Lei infatti sembra avere un atteggiamento molto distaccato quando racconta le sue storie, si limita alla cronaca, seppur dettagliata.

«Adesso a maggior ragione dopo tanti anni che faccio televisione ho capito che se dico una cosa devo stare attenta perché la gente può pensare che non sia un’opinione ma che possa essere vero, invece è semplicemente un’opinione. E nelle trasmissioni che registro quando mi scappano — perché mi scappano, eh — frasi legate a quello che penso, legate al mio umore, poi le taglio sempre. Mi autocensuro tutte le volte perché penso che non sia giusto esprimere il mio pensiero».

«Uomini e donne» è il suo programma più criticato, anche a sua madre non piaceva.

«Lo criticano ma lo guardano, il dato di ascolto è sempre rimasto uguale nel tempo. Ultimamente ho visto un pullulare di Uomini e donne in tutte le reti, da Sky a Discovery, pian piano spuntano succursali una dietro l’altra. A me non annoia, io l’ho sempre preso come un divertimento, non ho mai pensato di fare una televisione che dovesse insegnare qualcosa».

Ha intenzione di introdurre pure il trono gay: il corteggiamento tra persone dello stesso sesso.

«Non ho capito questo clamore, nel senso che io ho già raccontato a C’è posta per te tante storie omosessuali. Lo spiegavo prima: quando dopo un po’ iniziano ad arrivare tutta una serie di richieste di un certo tipo, di sorprese da fidanzato a fidanzato, devi prenderne atto. Punto».

II coatto, il tronista che diventa una star… Non si sente responsabile?

«Il tronista negli anni è cambiato. Un tronista come Costantino all’epoca fece molto rumore ma era piena l’Italia di persone così. Io le ho semplicemente fatte vedere, non le ho inventate».

C’è una scuola di pensiero che sostiene che la tv debba essere pedagogica, mostrare modelli migliori.

«Amici secondo me è tutto fuorché televisione non educativa, perché ti insegna il valore del sacrificio, l’importanza dello studio e di dedicarsi alla propria passione, ti insegna anche a vivere di quello che sogni, a provare ad alimentare la tua aspirazione. Ma ti insegna anche la sconfitta e ti dimostra che esiste la vita oltre l’insuccesso. Uomini e donne invece non lo trovo diseducativo, l’educazione spetta ai genitori e alla scuola, non penso debba essere compito mio. Basta navigare su inter-net o guardare Facebook: Uomini e donne altro non è che quello che adesso i ragazzi fanno su Internet e su Facebook. Identico».

Ogni tanto qualcuno dice che lei è più, intelligente dei programmi che fa. E una considerazione snob?

«È la cosa peggiore che mi possano dire. A me non piace il conduttore che dice “beh, ma questi sono i programmi che mi fanno fare” perché non è così: io scelgo di fare questi programmi e smetterei il giorno che non mi piacciono più. Non ho mai avuto la pistola puntata alla tempia: sono io in quei programmi e non mi distacco da quei programmi».

Tra digitale terrestre e pay tv i canali si sono moltiplicati, si parla di crisi del modello di tv generalista. Che cosa ne pensa?

«Se prima in una strada c’erano dieci negozi, ora ce ne sono cento: il telespettatore con tutti quegli scaffali a disposizione magari trova qualcosa che gli piace e inevitabilmente si disperde. Però se fai un bel prodotto riesci ancora a sopravvivere. E sopravvivi più in Italia che all’estero perché in realtà la tv generalista all’estero è morta già da tempo. Certamente se le reti non investono e non rendono forte la tv generalista con programmi di intrattenimento importanti rischia di spegnersi e accendersi solo per i grandi eventi. Il discorso vale anche per Mediaset: deve tornare a investire di più sul prodotto se vuole mantenere la leadership nella pubblicità».

Adesso è arrivato l’accordo con Vivendi. Che lettura ne dà?

«Penso che Pier Silvio (Berlusconi, ndr) abbia fatto benissimo. Del resto la scelta di investire su Premium era stata obbligata, perché se non opponeva qualcosa sul territorio della pay tv, consentiva a Sky di avere campo libero».

Il suo contratto scade a giugno, si parla di un interessamento di Discovery. Potrebbe davvero lasciare Mediaset?

«Preferisco distendere un bel silenzio».

Pensa che la tv crei omologazione?

«Fino a un po’ cli tempo fa i, ora non più. Adesso non è più il mezzo a cui la gente si riferisce e a cui si ispira. Basta pensare alla moda, ora è in mano alle fashion blogger. L’omologazione oggi viaggia sulla Rete».

Moglie di Costanzo e promossa da lui come conduttrice. Le pesava essere «la moglie di»?

«No, io sono ben contenta di essere stata “la moglie di” e di esserlo tuttora “la moglie di”. Più che altro l’hanno fatto pesare a lui. Mi ricordo che la prima puntata di Amici era registrata, il direttore di rete allora era Giorgio Gori. Prese da parte Maurizio e gli disse: “Io non me ne assumo la responsabilità, devi parlare tu con Silvio”. E lo fece. Rimasi impressionata, però penso che fosse anche legittimo, Maurizio si prese un bel rischio. E poi era il periodo in cui mandava in onda sempre le sue mogli, Gori avrà pensato: “Ogni anno quello si sposa e ogni anno ne porta una diversa”».