Pubblicato il 19/01/2016, 13:31 | Scritto da La Redazione

Aldo Grasso: “Festa per ‘Domenica in’, il funerale delle buone intenzioni – Freccero: “Che anni con Berlusconi, eravamo il nuovo che avanzava”

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 55, di Aldo Grasso.

Festa per “Domenica in”, il funerale delle buone intenzioni

Rai 1 ha celebrato i 40 anni di Domenica in. Sembrava un funerale. Forse lo era. Un funerale delle buone intenzioni, dei ricordi, dell’incapacità. Pensate che accanto ai conduttori Paola Perego, Salvo Sottile e Maurizio Costanzo, c’erano Pippo Baudo, Luca Giurato, Giucas Casella, Alba Parietti, Ela Weber, Stefano Masciarelli. Tutto lì? Sì, tutto lì. E potete tranquillamente immaginare come sia andata. Per fortuna Rai 1 ha trasmesso in diretta la visita di Papa Francesco alla Sinagoga di Roma e i danni sono stati limitati. Domenica in, condotta da Corrado con la giovane Dora Moroni, era nata il 3 ottobre 1976, nel clima di austerity di quegli anni, con lo scopo di scoraggiare le uscite domenicali. Gli appuntamenti previsti all’interno del programma erano vari e molteplici, senza un filo conduttore, sorretti solo dal garbo del conduttore. A seguire c’era il mitico 90° minuto condotto da Paolo Valenti. Ma quell’anno partiva anche L’altra domenica di Arbore, spazio alternativo, coinvolgente, stravagante contenitore-giocattolo che il secondo canale opponeva al primo.

L’apogeo di Domenica in si è avuto con la conduzione di Pippo Baudo. La presenza di un conduttore «forte», capace di tenere in mano le redini della trasmissione, permetteva allo spettatore di passare senza intoppi da un ospite all’altro e da un appuntamento a quello successivo. L’originario varietà domenicale assumeva così le caratteristiche di un vero e proprio programma-contenitore, che spaziava dal cinema al teatro, dalla musica leggera a quella colta e ai libri. Nasceva il costume della promozione televisiva delle novità editoriali, con gli scrittori che accorrevano volentieri nel salotto di Baudo per pubblicizzare la loro ultima fatica. Da allora, Domenica in è un programma senz’anima e senza senso. Spiace che un bravo giornalista come Salvo Sottile (che inviato quando lavorava con Enrico Mentana al Tg5!) faccia da valletto alla signora Presta.

 

Rassegna stampa: La Stampa, pagina 31, di Adriana Marmiroli.

Freccero: “Che anni con Berlusconi, eravamo il nuovo che avanzava”

L’uomo di tv torna a Mediaset per una lunga intervista: “Lascerei subito il Cda Rai per fare il direttore di rete”.

Carlo Freccero torna a Mediaset e parla di Silvio Berlusconi. Con Tatti Sanguineti, all’interno di Storie di cinema, in onda su Iris da domani (poi 27 gennaio, 3 e 17 febbraio, seconda serata). Freccero ha visto nascere la tv commerciale e per certi versi l’ha segnata. Cresciuto in Mediaset, passato alla Rai, è stato vittima indiretta dell’«editto bulgaro» che colpì Biagi, Luttazzi, Santoro. Due su tre erano in carico a Rai 2, allora diretta da Freccero e anche lui venne rimosso. Per questo l’intervista è un po’ un evento. È una chiacchierata molto informale l’abbiamo seguita in diretta negli studi Mediaset sull’importanza del cinema in tv e sugli albori di un modo nuovo per l’Italia di concepirlo. Freccero, da ospite compito, glissa sul Berlusconi politico e sui più recenti e «turbolenti» rapporti con lui, ma ha parole lusinghiere (non senza ironia) per l’imprenditore che vedeva tutto e di tutto si interessava, «padrone, ma ancora un po’ ospite». Che citava Robert De Niro ne Gli ultimi fuochi: «Un giorno ci accolse dicendo: “Voi sprecate le mie risorse”, mentre gettava una gran quantità di denaro per terra». Dimostrava così di aver visto il film appena andato in onda sulle sue reti.

Ricorda la prima volta, nel 1979, quando, giovane cinefilo savonese, gli consegnò le 250 schede dei titoli Titanus, storica casa di produzione, che il gruppo tv aveva acquisito per la folle cifra di 50 milioni di lire a film: «Non sapevo chi fosse, nessuno ancora lo conosceva. Mi fece un’impressione molto buona». Freccero senza computer e prima di Internet aveva schedato i film in modo insolito, con rimandi ad attori, generi, temi, regia. Berlusconi ne fu colpito e gli chiese di andare a programmarli in Fininvest. «In quel momento penso di aver vinto il mio biglietto del Superenalotto». Freccero inizia così un percorso che non considera concluso. Non gli basta – dice – stare nelle retrovie del Consiglio d’amministrazione Rai. «Sono pronto a lasciare ogni carica per tornare a fare il direttore di rete». Erano gli albori di un sistema nuovo: l’importanza dell’audience, la contro-programmazione. Sanguineti ricorda l’ufficio di Freccero tappezzato di post-it di colori diversi, decine per ogni giorno dell’anno: la visione del palinsesto.

Non c’era Auditel, ma Berlusconi aveva una squadra di telefonisti che sondava il pubblico. Si lavorava con orari pazzeschi e tutti i giorni, pressati, «investiti, insultati, plagiati» da Berlusconi che telefonava a ogni ora. Berlusconi che, come il produttore de Gli ultimi fuochi, vuole sostituirsi ad autori e registi e riunisce tutti a cena (memorabili quelle con Franco e Ciccio, senza fine) per impostare i programmi. Un’altra epoca. Contro la Rai, era il nuovo che avanzava, «l’iPhone contro i Motorola Anni 90». Programmare oggi è più complicato. «Do atto a Pier Silvio che il papà ha avuto vita più facile».

 

(Nella foto Paola Perego e Salvo Sottile)