Pubblicato il 23/12/2015, 11:31 | Scritto da La Redazione
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Rassegna Stampa: Rai, sì alla riforma. Dal nuovo canone 420 milioni in più – Così il governo conta di più nel servizio pubblico

Rassegna Stampa: Rai, sì alla riforma. Dal nuovo canone 420 milioni in più – Così il governo conta di più nel servizio pubblico
Approvata la Riforma della tv di Stato. Tutti i poteri al Dg, Cda a sette membri, presidente di garanzia e canone nella bolletta della luce. Come cambia la Rai e i poteri del governo.

Rassegna Stampa: Repubblica, pagina 12/13, di Aldo Fontanarosa

 

Rai, sì alla riforma

dal nuovo canone 420 milioni in più

Tutti i poteri al Dg. Dall’Orto: ma non un despota. Al Sud evasione record

 

ROMA. Antonio Campo Dall’Orto mette le mani avanti. Non voglio fare dice l’uomo solo al comando o il despota mentre il Senato, con 162 voti a favore, lo trasforma nel primo amministratore delegato nella storia della Rai. La «fase trasformativa» della tv pubblica giura Campo Dall’Orto sarà gestita da lui, certo; ma anche dal presidente, dal Cda e dai manager. Insomma, da una squadra. La sua tesi è che la riforma della tv di Stato gli assegna i poteri che sono già degli ad delle altre aziende di Stato, come Eni o Ferrovie. La cosa fa più effetto, però, perché la Rai mette in campo notizie, opinioni, cultura (e non treni o bollette). In concreto Campo Dall’Orto potrà nominare il direttore di RaiUno, il direttore di ognuno dei 17 nuovi canali digitali, il capo del Personale o della Finanza senza chiedere il permesso a nessuno. Sceglierà anche i direttori dei Tg, a meno che una maggioranza di 6 consiglieri su 9 decida di contrastare le sue decisioni. E firmerà in solitudine contratti fino a 10 milioni E il mitico Cda di Viale Mazzini, allora? I consiglieri temono la beffa. Sanno di contare molto meno. Ma intanto la nuova legge li espone al rischio di «azioni di responsabilità» come per gli amministratori di qualsiasi altra «società di capitali». Per questo, da mesi, studiano le nuove norme in un gruppo informale guidato da Rita Borioni. In ogni caso, il Cda conserva un suo margine d’azione. In teoria potrà addirittura licenziare l’ad con un voto a maggioranza, sentito il ministero dell’Economia. Fisserà lo stipendio di questo amministratore. E voterà su tutti i piani di rilievo strategico, come il bilancio preventivo, oltre che i contratti superiori ai 10 milioni. Il presidente che sarà eletto dopo un accordo tra maggioranza e opposizione in Vigilanza è relegato in un recinto angusto, ad occuparsi di relazioni esterne e istituzionali. Ecco Mediobanca infine dare una buona notizia al nuovo ad che avrà in cassa fino a 420 milioni in più grazie al canone in bolletta (somma che non è in linea con le stime di Viale Mazzini, ferme a 180 milioni netti). Gli evasori? Più a Milano dice Mediobanca che a Roma. Da record a Napoli e Crotone.

L’AMMINISTRATORE

In carica tre anni, nomina i direttori di rete, dei canali tv e i manager di prima fascia. I due terzi del Consiglio potranno bloccare le nomine ai Tg. Firma contratti fino a 10 milioni.

IL PRESIDENTE

Il futuro Cda, nominato nel 2018, lo eleggerà tra uno dei suoi 7 membri Si occuperà solo di relazioni esterne ed istituzionali, e di coordinare il controllo interno

IL NUOVO CDA

Sarà più agile, con 7 membri invece di 9 Potrà licenziare, con voto a maggioranza, l’ad. I consiglieri guadagneranno fino a 240 mila euro contro i 66 mila di oggi

LA VIGILANZA

Dà un via libera trasversale alla scelta di un presidente di garanzia. Riceve ogni 6 mesi una relazione sulla attività della Rai e l’elenco degli ospiti nelle trasmissioni

 

Rassegna Stampa: Il Sole24Ore, pagina 10, di Marco Mele

 

L’ANALISI

Così il governo conta di più nel servizio pubblico

 

Poteva essere la grande riforma del governo Renzi. Quella che poneva la parola fine all’occupazione dei partiti in Rai. Quella con un vertice nominato a maggioranza da componenti della società e dell’industria audiovisiva, abolendo la Vigilanza. La scelta del Governo è caduta su un provvedimento dai tempi rapidi di attuazione, con la parola d’ordine della Rai “azienda normale”. Il dg prende i poteri dell’ad e nomina tutti i dirigenti (finora poteva solo proporli al cda prima e al presidente poi). Per quelli editoriali deve sentire il parere del cda, decisivo se espresso a maggioranza dei due terzi per i soli direttori di testate, non per reti e canali. Antonio Campo Dall’Orto ha intelligenza ed esperienza quanto basta per condividere le scelte con presidente e consiglieri. È una prassi saggia, ma è una prassi, non la legge. Il Governo ha più “peso” nella Rai: oltre alla “proposta” dell’ad e a due consiglieri su sette, detterà gli indirizzi per il rinnovo quinquennale del contratto di servizio, d’intesa con l’Agcom. Le novità stanno nei curricula pubblici richiesti per i quattro consiglieri nominati dalle Camere (anche dal Senato senza elezione diretta?) e nel rappresentante dei dipendenti nel Cda. Il presidente di garanzia che diventa tale con il voto dei due terzi della Vigilanza potrà “frenare” le scelte di un partito vincente con premio di maggioranza alle prossime elezioni. Sempre che il vertice Rai arrivi a quella data.