Pubblicato il 01/10/2015, 13:34 | Scritto da La Redazione

Freccero: “Va in soffitta la tv mamma” – Addio Padania: dopo giornale e tv, Salvini spegne la radio

Freccero: “Va in soffitta la tv mamma” – Addio Padania: dopo giornale e tv, Salvini spegne la radio
Il consigliere Rai, intervistato da Piero Degli Antoni del “QN”, dice: “Finisce l'intento pedagogico della televisione. È l'era di Youtube”. Mentre il segretario della Lega chiude l’emittente padana.

Rassegna stampa: QN, pagina 15, di Piero Degli Antoni.

Carlo Freccero: “Va in soffitta la tv mamma. I palinsesti? Un menù alla carta”

“Finisce l’intento pedagogico della televisione. È l’era di Youtube”

Carlo Freccero, come influenzerà il panorama televisivo italiano l’arrivo di Netflix?

«Il punto saliente è che con Netflix conviveranno la tv del passato, del presente e del futuro. La tv del passato è quella generalista, basata sulla passività dello spettatore. La tv del presente è la tv a pagamento che offre un palinsesto a rotazione da cui scegliere, basta pensare alla caratteristica di avere canali dedicati ai vari generi. È una tv che ogni giorno offre un menù alla carta. E poi c’è la tv del futuro, Netflix, un magazzino sconfinato che presuppone un consumatore maturo e motivato in grado di scegliere. È la prima volta che la tv si avvicina davvero alla rete e a Youtube. La cosa interessante è che Netfflix abolisce totalmente il palinsesto, è una tv non lineare che distrugge l’orologio sociale scandito dai programmi pomeridiani, i giochi preserali, il telegiornale, la prima serata… Finisce anche l’intento pedagogico della tv».

Ma a che tipo di pubblico si rivolgerà Netflix?

«Progettando un programma prima si pensava al pubblico più vasto possibile. Oggi, con la tv del futuro, si lavora su un pubblico specializzato, di nicchia. La produzione di fiction cambia radicalmente: se deve piacere alla maggioranza occorre lavorare con un linguaggio semplice e contenuti edificanti. Oggi invece si lavora su una fiction totalmente diversa che assomiglia molto al cinema. Non c’è più la tutela dello spettatore, che diventa padrone del proprio palinsesto».

Però la tv generalista sembra resistere più che bene, con risultati di ascolto sempre notevoli.

«È chiaro che si allontana dalla tv generalista il pubblico più informato, come accade con la musica. Da una parte ci sono i talent che producono una musica conosciutissima, dall’altro le radio specializzate che si rivolgono a pubblici scelti. Il pubblico tradizionale fa vincere prodotti che non sono più nemmeno il talk tradizionale, dove si incrociavano vari pubblici e dove Santoro poteva fare anche il 30%, ma quella che è stata definita l’audience profonda, l’esempio migliore è Il segreto, la soap di Canale 5. La conclusione è che la tv va estremizzandosi, da un lato il corpaccione della tv generalista, dall’altro il pubblico sempre più specializzato».

Resta da chiedersi chi si abbonerà a Netflix, concretamente. Gli abbonati di Sky e Premium, o gli spettatori della generatista?

«Secondo me gli smanettoni di Internet, anche se questi lavorano per segmenti e frammenti, Youtube è il loro modello. Si tratta probabilmente di quelli che su Internet scaricano le serie».

Appunto: scaricano le serie piratandole, e senza pagare un centesimo. Perché ora dovrebbero pagare 8 euro al mese per Netflix?

«Non faccio l’economista, bisogna vedere come si muoverà il mercato. Già Sky manda in onda le serie contemporaneamente all’America, sottotitolate. Credo che anche Netflix dovrà andare in quella direzione, e credo anche che dovrà puntare molto sulla produzione in italiano. Certo, in America internet è una realtà da cui non si può prescindere, i bambini imparano a usare il pc prima di imparare a leggere, e quindi Netflix trova un ambiente ideale. Mentre in Italia le cose vanno più a rilento, occorre vedere per quanto tempo le tre tv conviveranno ancora».

 

Rassegna stampa: La Stampa, pagina 11, di Ilaria Lombardo.

Addio Padania: dopo giornale e tv, Salvini spegne la radio

Goodbye Padania. Ma più che un arrivederci, sembra un addio, a un brand ma anche a una storia. Ed è dei feticci di questa storia che Matteo Salvini, proiettato alla costruzione di un partito-nazione, si sta liberando. Via dalle bandiere, il nome resisteva su tv, giornale e radio. Ma dopo la chiusura di TelePadania e del quotidiano La Padania, ora tocca alla radio che presto, molto probabilmente, spegnerà le trasmissioni. È la rottamazione di Salvini che, suo malgrado, non risparmia neanche il luogo dove lui stesso si era fatto conoscere. Al microfono di Radio Padania Libera il leader della Lega è cresciuto, al punto da meritarsi una chiosa velenosissima dell’uomo con cui si contende la leadership: «Salvini? È bravo a parlare – disse Silvio Berlusconi nemmeno un anno fa -. Perché è stato 10 anni a rispondere al telefono a Radio Padania». Era il 1999 e al grido di «Buona Padania a tutti» entrò nelle case e nel cuore della gente del Nord, aprendo uno sfogatoio per il popolo leghista. Ma i tempi si sono fatti più grami. E ai voti che si moltiplicano non corrispondono altrettante risorse.

La notizia, per primo, l’ha data Italia Oggi: l’emittente sta per chiudere i battenti perché, come spiega il deputato Nicola Molteni, uno che si è trovato in casa la moglie senza più lavoro (Aurora Lussana, ultima direttrice de La Padania): «Di danè ghe né minga». Per anni la radio ha potuto contare sui milioni del finanziamento pubblico. Ma i rubinetti sono stati chiusi e oggi restano solo i debiti. A luglio Andrea Manzoni, presidente dell’assemblea dei soci, ha illustrato una situazione di estrema emergenza. Il buco si aggirerebbe attorno al milione di euro. Di investitori pronti a comprare non se ne vedono, e così ci si è aggrappati alla sottoscrizione popolare. Già in estate, raccontano da via Bellerio, una cordata di leghisti con ruoli amministrativi era pronta a vendere le frequenze, che valgono ancora svariati milioni di euro. Ma sarebbe stato lo stesso Salvini ad aver storto il naso: anche se ormai preferisce i tweet (o la tv) ai microfoni, non ci tiene a passare per il segretario che ha liquidato l’ennesimo simbolo del passato: la radio che Umberto Bossi mise in piedi negli Anni 90 e che il Senatùr spera che alla fine sia risparmiata: «Abbiamo sempre avuto tanti finanziamenti, è vero -spiega -. La soluzione però non è chiuderla: bisogna rinnovarla». Bossi racconta che il suo successore lanciato alla conquista del Sud, durante i comizi al Nord continua a scaldare la folla pronunciando la parola Padania. Ma questi sono tempi in cui non c’è spazio per la nostalgia.

 

(Nella foto Carlo Freccero)