Pubblicato il 21/07/2015, 11:32 | Scritto da La Redazione
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Per la riforma Rai 1.500 emendamenti delle opposizioni – Rognoni: “La Rai dovrebbe ispirarsi alla BBC”

Per la riforma Rai 1.500 emendamenti delle opposizioni – Rognoni: “La Rai dovrebbe ispirarsi alla BBC”
Tutto in salita il percorso in aula della legge sulla tv di Stato, con M5S, Lega e Forza Italia pronte a ritardare l’iter. Intanto su “L’Unità” l’ex membro del cda di Viale Mazzini traccia un parallelo con la riforma inglese.

Rassegna stampa: La Repubblica, pagina 11, di A. Cuz.

Rai, 1500 emendamenti alla riforma Lega e M5S danno battaglia in aula

Cammino in salita per la legge al Senato.

L’opposizione si prepara all’ostruzionismo sulla riforma Rai, in discussione da oggi nell’aula del Senato. Il governo vorrebbe approvare il ddl a Palazzo Madama entro la fine di questa settimana, ma ieri sono stati presentati oltre 1500 emendamenti: 800 dalla Lega Nord, 635 dal Movimento 5 Stelle, 100 da Forza Italia, 45 da Sel. «Quelli del Pd invece sono una ventina e tutti nel merito», dice il relatore Raffaele Ranucci. Che ammette: «Se le cose restano così, sarà difficile far presto». I margini di manovra sono nella trattativa con le opposizioni. Il Movimento 5 Stelle ha fatto capire attraverso il presidente della Vigilanza Rai Roberto Fico che se il governo accogliesse le sue proposte sull’indipendenza dei consiglieri di viale Mazzini, molte di quelle richieste di modifica potrebbero essere ritirate.

Ma per ora, affila tutte le armi a disposizione. Così come gli altri: più intransigente la lega Nord, a caccia di ulteriori modifiche Forza Italia, che vuole soprattutto lo stralcio della delega al governo per modificare l’intero impianto della legge Gasparri. Probabile, a questo punto, che il Senato non ce la faccia prima della settimana prossima. E alla Camera, dove i deputati hanno già detto di voler dire la loro, potrebbero arrivare nuove modifiche, rendendo inevitabile lo slittamento dell’approvazione a settembre.

 

Rassegna stampa: L’Unità, pagina 7, Carlo Rognoni.

Perché la Rai del futuro non si ispira alla Bbc?

Piaccia o no la Rai è una delle aziende che più hanno contribuito in passato a fare gli italiani. Ha giocato un ruolo pesante e importante in molti aspetti della nostra vita, sul piano culturale, sul piano politico. E oggi? E soprattutto, domani? Potrà continuare a essere un punto di riferimento? Siamo nel pieno di una rivoluzione tecnologica che ha investito drammaticamente tutto il sistema dei media. Dieci anni fa non c’era Facebook, Youtube era appena nata e nessun aveva sentito ancora parlare dell’iPhone. Ora non è pensabile che davanti ai cambiamenti epocali a cui stiamo assistendo la Rai sopravviva a se stessa, così come l’abbiamo conosciuta negli anni, senza il coraggio di tuffarsi con rinnovate risorse ed energie nella sfida. del futuro. Ebbene ancora una volta la Bbc il più importante servizio pubblico radiotelevisivo europeo ci sta indicando la strada da percorrere. O meglio, il governo del conservatore Cameron, con il suo Segretario di Stato alla Cultura, ai Media e allo Sport, John Whittingdale, ha preso in mano la questione del domani della Bbc.

Come? Approfittando del fatto che nel 2017 viene a scadere la Royal Charter, ovvero la base costituzionale del servizio pubblico del Regno Unito, ha pubblicato un documento di una ottantina di pagine ribattezzato Libro Verde con l’obiettivo di coinvolgere, a partire da oggi fino alla fine del mese di ottobre in una grande e aperta discussione pubblica i cittadini tutti, gli stessi dipendenti della Bbc, e tutti gli stakeholders che hanno a che vedere con il mondo della televisione, dell’audiovisivo, delle tecnologie legate alla comunicazione. I quattro capitoli in cui è suddivisa e strutturata la grande operazione di ascolto, in funzione della Bbc del futuro, assomigliano molto a quelli che potrebbero essere i capitoli su cui anche il governo italiano dovrebbe concentrarsi per la Rai dei prossimi dieci anni. Non dimentichiamo, infatti, che mentre il nostro parlamento sta discutendo di una leggina di riforma della governance del sistema di governo di viale Mazzini ecco che si sta avvicinando da noi, un anno prima cioè nel maggio del prossimo anno che nel Regno Unito, la data di scadenza dell’attuale concessione ventennale.

Primo, qual è la missione, quali sono gli obiettivi e i valori su cui deve poggiare nel prossimo decennio la Bbc? Pardon, la Rai? Secondo, la struttura attuale dell’azienda fatta di centri di produzione, di canali è davvero quella di cui c’è bisogno per rispondere alla domanda di servizio pubblico negli anni di Internet, della crossmedialità, di un sistema delle comunicazioni fondato su più piattaforme? Terzo, di quante risorse c’è bisogno e qual è il modello migliore? Si va dal canone, a una quota della fiscalità generale, a un sistema misto di abbonamento e pagamenti al consumo di servizi particolari. Quarto, di che tipo di governo ha bisogno un’azienda moderna dell’audiovisivo e multimediale? Ebbene gli inglesi dieci anni fa puntarono su un Trust, una specie di fondazione. E oggi? Tra le domande che pone il Libro Verde del governo Cameron ce ne sono anche alcune che mettono proprio in discussione la stessa idea della fondazione. «L’indipendenza della Bbc è assolutamente centrale rispetto alla sua missione – si legge nel Libro Verde -. E qualsiasi tipo di governance dovrà comunque porsi il problema di quale sia la relazione più appropriata tra l’azienda stessa e le strutture democratiche del Regno Unito».

Quello che nella lettura del Libro Verde per la Bbc più mi ha colpito è l’ordine in cui vengono affrontati tutti i problemi. Ebbene quello della governance viene per ultimo, non perché sia meno importante, ma perché prima di decidere come governare l’azienda è sembrato più corretto, e più razionale, sapere che tipo di azienda si vuole e quali sono le risorse su cui si potrà contare. Mi sembra che gli inglesi abbiano scelto una strada che va esattamente nella direzione contraria rispetto alla leggina sulla Rai di cui si sta occupando in questi giorni il Senato. Si fa ancora in tempo a cambiare? Non credo. E tuttavia mi piace ricordare che sepolto in un qualche cassetto del sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, c’è uno studio di qualche mese fa per lanciare in Italia un libro verde sul futuro della Rai. Un’occasione persa? Avremmo per una volta per lo meno potuto anticipare gli inglesi. Peccato!

 

(Nella foto la statua equestre in Viale Mazzini)