Pubblicato il 10/03/2016, 17:02 | Scritto da La Redazione
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Antonello Giacomelli : “Banda 700 alle tv sino al 2022” – Nielsen, la sfida total audience

Antonello Giacomelli : “Banda 700 alle tv sino al 2022” – Nielsen, la sfida total audience
Il sottosegretario spiega al Senato la posizione del governo. Si rischia uno scontro con la Francia nelle regioni tirreniche. E poi La società rileverà gli ascolti complessivi tv e online. L'approdo in Italia dipenderà da Auditel.

Rassegna stampa: Il Sole 24 Ore, pagina 17, di Marco Mele.

“Banda 700 alle tv sino al 2022”

Il sottosegretario Antonello Giacomelli spiega al Senato la posizione del governo. Si rischia uno scontro con la Francia nelle regioni tirreniche.

Frequenze radio non conoscono confini. Si apre con questa frase la proposta della commissione Ue di creare un mercato unico digitale “liberando” la banda 70o UHF per l’Internet mobile entro il 2020. L’Italia, però, si oppone alla proposta, chiedendo di far slittare il termine al 2022. La posizione italiana, contenuta in una nota inviata dal Governo e Bruxelles e ribadita ieri da Antonello Giacomelli, sottosegretario alle Comunicazioni, in un’audizione al Senato, è quella di tornare al Rapporto Lamy, commissionato dalla precedente commissione, che prevedeva sì il 2020, ma con flessibilità di due anni antecedenti o susseguenti, per lo spostamento della tv terrestre dalla banda 700. Secondo Giacomelli, quella della commissione Ue è una proposta che dev’essere approvata da Consiglio e Parlamento Ue. Certo, l’Italia è “sotto osservazione” da tempo per la saturazione dello spettro e le interferenze con i Paesi confinanti. Il Governo ha cominciato ad affrontare il problema con la “rottamazione” delle frequenze interferenti e l’assegnazione, tramite beauty contest, di altre frequenze, in gran parte nella banda 700, alle tv locali, incentivando l’aggregazione di operatori di rete regionali.

Il punto di arrivo, per Giacomelli, è quello sacrosanto di registrare tutte le frequenze nazionali a Ginevra. Si lavora vista del passaggio al nuovo standard DvbT2: la produzione dei relativi ricevitori sarà obbligatoria dal primo luglio 2016 e la loro vendita dal primo gennaio 2017. Una posizione, quella del Governo, condivisa dagli operatori di rete terrestri di Confindustria Radio Tv: la proposta della commissione Ue «non prende in considerazione le specificità dell’Italia, dove la tv digitale terrestre è il mezzo più diffuso, in 18 milioni di famiglie su 24, per la fruizione dei contenuti audiovisivi in chiaro». La banda 700, aggiungono gli operatori di Confindustria Radio Tv, è occupata al 60% da operatori nazionali e da emittenti locali, tutti con diritti d’uso in scadenza nel 2032 (in nessun paese d’Europa scadono così tardi).

E non sarà possibile sostituire la totalità dei 70 milioni di ricevitori in uso nelle famiglie, tra tv e decoder, prima del 2025. Il problema è che si rischia seriamente una “guerra delle frequenze” quantomeno con la Francia. Dove, dal 5 aprile di quest’anno, tutta la tv terrestre sarà in Alta Definizione, riducendo da otto a sei il numero dei multiplex nazionali. I francesi hanno un cronoprogramma per liberare la banda 700, già assegnata con un’asta che ha fruttato 2,8 miliardi di euro agli operatori telefonici, tra cui Orange e la Free di Niel, secondo azionista di Telecom Italia. La Costa azzurra e la Corsica dovranno liberare la banda 700 entro la fine del 2017. Guarda caso, la data proposta dalla commissione Ue per la chiusura degli accordi di coordinamento tra paesi confinanti. Può l’Italia dire alla Francia di aspettare, aggiungendo che sarebbe il segnale televisivo delle regioni sul Tirreno a disturbare la banda larga francese, e non viceversa? C’è un dettaglio: la transizione italiana al digitale italiana ha fatto occupare alle tv locali-anche frequenze che a livello internazionale spettano ai paesi confinanti. Non è una posizione di forza con la quale sedersi ai tavoli bilaterali.

 

Rassegna stampa: Italia Oggi, pagina 19, di Andrea Secchi.

Nielsen, la sfida total audience

La società rileverà gli ascolti complessivi tv e online. L’approdo in Italia dipenderà da Auditel. Scambio di dati con Facebook per contare tutti gli spettatori.

Prima c’era la misurazione degli ascolti televisivi tradizionali, poi è arrivata quella degli utenti online, ma separate. Alla fine, però, si arriverà a un’unica audience, la total audience, perché chi guarda X Factor o l’Isola dei famosi ormai lo può fare in modi diversi e non soltanto davanti al piccolo schermo. Una partita su cui sta scommettendo Nielsen, che negli Stati Uniti ha già preparato l’impianto per la total audience. Entro quest’anno, spiega in questa intervista Megan Clarken, presidente product leadership di Nielsen che a livello internazionale si occupa del progetto, la società di ricerche di mercato porterà anche in Italia tutte le componenti della total audience, anche se il lancio effettivo dipenderà dalle mosse di Auditel ed eventualmente di Audiweb. La partita perciò sarà su più fronti: Nielsen sta rilanciando per restare la società di riferimento nella rilevazione delle audience, ma avrà la minaccia di nuovi concorrenti e in un momento in cui nel nostro Paese deve affrontare sfide e grattacapi. La gara Audiweb di cui finora è stato fornitore, l’ampliamento del panel Auditel, ma soprattutto il problema nato proprio con la fuoriuscita di dati sui panelisti lo scorso ottobre e che ha portato la rilevazione a essere sorvegliata speciale.

Cosa misurerà la total audience?

Gli attuali rating (la misurazione degli ascolti, ndr) rispecchiano sempre meno l’audience effettiva dei programmi. Si limitano a una serie di regole definite dall’industria, alcune vecchie di 10 anni: si misurano gli ascolti in un determinato periodo o su un dispositivo specifico. Oggi le audience guardano i programmi in qualsiasi momento e in qualsiasi tipo di dispositivo. Proprio per questo Nielsen ha ampliato le sue misurazioni su tutti i device e piattaforme e su tutti i modelli pubblicitari.

Si parla solo della tv?

No. La total audience si focalizza sul tipo di contenuti: video, audio, testo o display. Chiunque compete per la raccolta potrà usare lo stesso linguaggio paragonabile quando vende la propria pubblicità. Così che Yahoo, per esempio, potrà usare lo stesso linguaggio di Sky quando parla di audience sui video.

Quindi si misurano i singoli contenuti laddove vengono guardati?

Questo è il primo elemento della total audience: la misurazione del consumo dei media nelle diverse piattaforme e con i diversi device e attraverso i differenti modelli di advertising. Tradizionale lineare, digitale dinamica, modelli su abbonamento senza pubblicità. Tutto in modo raffrontabile. E la misurazione delle pubblicità sarà separata dalla misurazione dei contenuti.

Perché?

Nel corso del tempo ci saranno sempre meno relazioni tra programmi e advertising. La pubblicità che vedo io non è la stessa che vede lei guardando lo stesso contenuto online o anche con la televisione nei dispositivi che lo consentono. Così da una parte produciamo il cosiddetto Total content rating per i contenuti e dall’altra un Total ad rating per la pubblicità. Il primo serve per pianificare, il secondo per misurare post acquisto le inserzioni.

La rilevazione della tv lineare è la stessa?

Sì, i rating televisivi tradizionali restano gli stessi: da 1 fino 35 giorni abbiamo i risultati per la tv tradizionale, mentre per il digitale andiamo anche oltre nella misurazione, teoricamente all’infinito.

Due anni per il progetto, ora a che punto siete?

Abbiamo completato la creazione dell’architettura della total audience, l’infrastruttura. La fase successiva è misurare il digitale dei broadcaster, per fare questo gli editori devono incorporare il nostro software.

Il lancio commerciale?

Negli Usa gli operatori devono appunto adottare il software e abituarsi ai dati. L’ideale per noi è che nel 2017 i dati abbiano portato a un’evoluzione dell’attuale sistema di rating. Nell’internazionale proseguiamo per gradi e lavoriamo con i joint industry committee (Auditel e Audiweb in Italia, ndr) in ciascun mercato, per fornire i dati rispettando i loro requisiti.

In Italia cosa accadrà?

Abbiamo molti dei pezzi che possono fornire la total audience. Porteremo il Digital content rating a fine anno e potremmo mettere insieme questi pezzi. Anche qui però lavoriamo in stretta collaborazione con i joint industry committee per fornire i servizi così come richiedono. Riconosciamo che sul mercato italiano ci sono gli stessi problemi dí frammentazione della visione sui dispositivi digitali.

Come è possibile mettere insieme il lineare col digitale?

Per il digitale semplicemente catturiamo le visioni con i tag inseriti nei contenuti (etichette digitali, ndr): sappiamo quale video è stato visto e identificativo del dispositivo attraverso cui è stato visto. Poi mandiamo questo identificativo al nostro partner di terze parti, Facebook negli Usa e nella maggior parte degli altri mercati. Facebook ci invia dati sull’età e sul sesso del possessore del dispositivo che noi correggiamo grazie ai panel del mercato tv e digitale. Da lì possiamo allineare l’audience in base a quanto estrapoliamo anche dal panel.

Il panel è considerato un metodo vecchio e per giunta i problemi in Italia hanno riguardato proprio il panel. Non si prescinde?

Il panel viene usato per correggere le problematiche dei big data. Per esempio Facebook non ha bambini e quindi il panel fornisce i dati dei bambini. Non è in grado di identificare se il device è dato a un altro membro della famiglia per guardare un video. Per esempio, Facebook ci dice che un determinato device è usato da un uomo di 35 anni, ma non vede i dati sull’esposizione media, noi ci accorgiamo che quel programma era Spongebob Squarepants: quell’utente era in realtà una ragazzina di 10 anni e non un uomo di 35.

Però così vi legate a un grande player della rete. La critica è che non c’è indipendenza.

La nostra relazione con Facebook è semplicemente un abbinamento di dati: età-sesso. Ciò su cui noi ci concentriamo è di assicurarci di utilizzare dei provider che ci aiutino a fornire i dati di più elevata qualità per il mercato.

Non siete gli unici, però, a muovervi sulla total audience. Anche Comscore negli Usa ha annunciato di lavorarci e in Italia si sta espandendo.

Crediamo che il mercato richieda misurazioni indipendenti e noi attualmente siamo l’unico provider indipendente. Poi per fare la total audience devi avere accesso o essere il fornitore di misurazioni lineari tradizionali (quelle televisive, ndr), altrimenti conosci solo un lato, il digitale. È importante per noi fornire la total audience in mercati in cui abbiamo accesso o forniamo il servizio di misurazione lineare. Ecco perché il mercato italiano è adatto a questa misurazione di Nielsen.

 

(Nell’immagine il logo Nielsen)