Pubblicato il 27/11/2015, 13:31 | Scritto da La Redazione
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Emma Marrone: “Così ho vinto contro l’odio” – Beppe Viola, il genio che manca (ancora) alla Rai

Rassegna stampa: Il Tempo, pagina 22, di Stefano Mannucci.

Emma: “Così ho vinto contro l’odio”

La cantante salentina parla del suo nuovo cd “Adesso”, della lotta ai pregiudizi, e dei paparazzi. “In questi brani racconto storie: come quella vera di una donna picchiata. Chi mi insulta sui social mi rende più forte: ora so volermi davvero bene”.

Ha fatto le tre di notte per immergersi nella tetralogia di Elena Ferrante, e non smette di comprare romanzi sull’e-book. «Come diceva Nanni Moretti, le parole sono importanti, e io voglio assorbirle con umiltà, per spiegare le mie ragioni con ogni sottigliezza. Troppe volte mi hanno accusato di fare la figura della stronza o della cretina con le mie reazioni. E mi ci incazzavo. Ora ho imparato a dire le stesse cose di prima, ma con le sfumature e la consapevolezza giusta». A 31 anni, ecco la foto dell’anima di Emma Marrone, trepidante per il suo nuovo album Adesso, «dove per la prima volta ho giocato con il mio mestiere senza dover dimostrare nulla, se non che non sono una cantante che arriva in studio con il lavoro già fatto. Ho scritto brani, ho prodotto il disco con Luca Mattioni, e ho voluto con me autori e musicisti empatici, coni quali ho condiviso pezzi di strada. Da Giuliano Sangiorgi a Zibba, da Amara a Giovanni Caccamo, da Ermal Meta ai fratelli Verrienti, da Diego Mancino a Roberto Angelini».

Tra cavalcate elettropop e sorprendenti slanci cantautorali, Adesso mostra un lato più versatile di Emma. Che ora si tuffa in un’agenda da brividi.: a partire da domani, con il «firmacopie» a Porta di Roma alle 15, fino al tour che passerà nella Capitale il 23 e 24 settembre 2016 al Palalottomatica: «Penso già agli abiti di scena, voglio disegnarli io. So come far star comodo il mio corpo sul palco», rivela.

Emma, fissiamo gli impegni. Niente Sanremo, giusto?

«Ameno che non mi diano la poltrona di Leone… Scherzo».

La sortita di Conti che aveva detto di volere la Pausini co-conduttrice piuttosto che lei e Arisa?

«Non era quello il senso, ma anche se fosse non me la sarei presa. Non faccio la gara su altri artisti, non concorro per il primato in classifica, mi interessa fare dischi di qualità, e con Adesso mi sento vincitrice nella vita e nell’arte».

Ci sarebbe in vista Amici

«Con Maria non ci siamo ancora confrontate, è presto. Ma ha ascoltato il disco e le piace moltissimo. Gira voce che io abbia ricevuto offerte come giudice da altri talent, ma non commento, sono una signora».

Nella scorsa edizione c’è stato un bell’amalgama con Elisa. E si è presa un bel rischio a difendere Briga, a volte un po’ sbruffone.

«Io ed Elisa volevamo lavorare al servizio dei ragazzi per far nascere grande musica, e ci siamo riuscite. Siamo diventate quasi sorelle. In futuro di sicuro faremo qualcosa insieme. Briga? Nel pomeridiano gli facevo un mazzo così. Durante il serale aveva i suoi sbalzi emotivi, ma è un ragazzo molto più sensibile ed educato di quanto non sia apparso».

È stata a X Factor. In trasferta?

«No, mi hanno trattato coni guanti bianchi. Ho aperto un ponte tra Amici e XF? Mi piace più pensare che lì ci fosse Emma. Il miglior complimento per quella sera? “Sembravi in playback”. Ho una pasta vocale nuova. Lavoro per sottrazione».

Dopo di lei, Amoroso, Annalisa e poche altre, le porte della discografia sembrano chiuse per le nuove cantanti uscite dai talent.

«Non è un problema di sistema. Ma a volte questi ragazzi arrivano in tv e dopo sei mesi si rilassano troppo. Bisogna credere in se stessi e avere fame. Io dopo sei anni ne ho più di prima La strada comincia quando si spengono le telecamere».

Per lei, più che per tante colleghe uscite dai talent, c’è sempre un pregiudizio da affrontare.

«C’è astio, come se a me la vita avesse regalato tutto. E invece…».

A volte gli “haters” la bombardano di messaggi poco piacevoli.

«Mi hanno pure augurato la morte. Ne parlavo l’altro giorno con mia madre, che è molto discreta, non è una che ami vantarsi di me solo perché sono sua figlia E lei: “non te l’ho mai detto, ma forse non ti rendi conto che sei diventata una grande artista, solo un cretino non se ne accorgerebbe. Fioccheranno sempre le critiche”. Ma ho imparato a perdonare. E a volermi molto bene. E sono diventata più astuta».

I paparazzi, che pedaggio.

«Ci vanno giù pesante. Mi proteggo con il lavoro, circondandomi di persone giuste. Ci muoviamo a testuggine, come nell’antica Roma, e chiudiamo tutto fuori. Sono una ragazza, faccio la vita più normale del mondo, può capitare che mi lasci con un partner dopo qualche mese. Ma chissà perché con me fa notizia, con altri colleghi no».

C’è quel verso in Poco prima di dormire (“Un ritaglio di giornale dove forse valgo poco”), una confessione a cuore aperto.

«Dove mi confido con il mio pubblico. Ogni volta che salgo sul palco mi tremano le gambe, e cerco di dare un senso a tutto questo. Ci sono giorni che mi sveglio e dico: cambio vita, cambio tutto. Non avrei problema a guadagnarmi da vivere come commessa, maschera in teatro o cameriera L’ho già fatto a vent’anni, in un pub. Mi sono spesso chiesta come farmi largo in questo ambiente di giganti musicali. Poi a sera, quando torno a casa, abbasso il volume dei pensieri e dico: chissenefrega. So che il pubblico verrà ad ascoltarmi, e mi sosterrà».

Nel brano che apre il disco, Adesso (ti voglio bene) si rivolge invece alla sua famiglia.

«Siamo molto uniti, non ho mai dovuto scappare per cercare altrove la libertà. Quando ho lasciato il Salento è stato un trauma. Non dico “ti voglio bene” nelle telefonate, ho indossato una corazza per non soffrire. Questa canzone è liberatoria».

Che regali riceveva da bimba?

«Ero già grande quando mi donarono lo scooter. Ma mio fratello se ne impossessò. Ora penso di comprarmene un altro per girare per Roma ma mio padre, che ha lavorato al Pronto Soccorso, mi dice: “sai, poi prendi freddo, perdi la voce…”. Da piccola rubavo le cassette nella sua macchina, andavo in camera mia e con un altro registratore sovraincidevo la mia voce a quelle di Patty Pravo, Dalla, Mina. Facevo casini pazzeschi, ma mi sentivo già in studio».

Un classico che le incute timore?

«Ancora. Mina è geneticamente modificata. Io cerco di catturare un po’ del mood anni 70 in Quando le canzoni finiranno».

Invece Argento Adesso è scoperta, sul versante sessuale.

«Noi donne abbiamo le stesse esigenze degli uomini, a proposito di sesso. Giusto, no?».

Nell’album c’è un pezzo “sociale”, scritto con Amara.

«È Per questo Paese. Dovremmo avere il coraggio di dire come stanno le cose. Quando di pomeriggio finisce il mercato dietro casa mia, vedo troppa gente normale rovistare nelle cassette della frutta, anche quella marcia. Non sono barboni o clandestini. Dobbiamo rimboccarci le maniche, tutti. Io non sono di quelli che vanno dall’altra parte del mondo, voglio restare qui e cambiare le cose, abbiamo il diritto di farlo. L’Italia potrebbe risollevarsi puntando sulla cultura, sulla gastronomia. C’è una cattiva comunicazione sull’immagine di questo Paese».

Dopo le stragi di Parigi, molti artisti hanno interrotto i tour. La musica rischia la sconfitta?

«È solo questione di garantire la sicurezza per artisti e spettatori. Madonna ha mezzi per blindare un palasport, altri si sentono meno tutelati nei teatri e non se la sentono di rischiare. Ma se riusciremo ad adeguarci al cambiamento sociale ne usciremo più forti di prima. Detto questo, a prescindere dai terroristi, basta un solo psicopatico che ti punti la pistola sul palco».

Di che parla Io di te non ho paura?

«Di una donna picchiata per strada, a Roma, la sera in cui fu eletto Bergoglio. Vidi la scena. Fece in tempo a portar via la sua bimba da quell’uomo, la feci salire in macchina, la portai a casa. Tempo dopo, mi scrisse: aveva lasciato quel bruto».

Nel video del singolo Arriverà l’amore spiccano due elementi: la difesa di una coppia gay, e il suo gesto, Emma, al momento in cui canta “Non coprire nessuna ferita, perché sei più bella così”.

«Non da oggi sono in campo contro l’omofobia, in famiglia mi hanno insegnato che siamo tutti uguali e liberi di amare chi vogliamo. Qui a Roma passo sempre a salutare gli amici del Gay Village. Quanto al gesto del “taglio” sotto al seno, in quel punto del corpo sento racchiusa tutta la mia sensibilità. E le ansie che premono, tra cuore e diaframma».

 

Rassegna stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 17, di Emiliano Liuzzi.

Viola, il genio che manca (ancora) alla Rai

Nessuno può fare satira senza partire da lui. Eppure allora fu persino osteggiato.

Se lui, in un mondo di Gianfilippi e Pierfranceschi, non poteva che chiamarsi Beppe, all’anagrafe Giuseppe, il titolo di quel libro che resta oggetto fondamentale per chi opera nella satira e nell’umorismo, non poteva che essere Vite vere, compresa la mia. Perché Beppe Viola, uno dei tanti figliastri di Oreste del Buono, aveva tutto taroccato, trigliceridi, colesterolo, stazza fisica, ma quella che raccontava era una vita di sguardi e fotografie di una Milano che non c’è più, stretta tra corso Sempione, sede della Rai, dove lavorava, in via Lomellina, in arte via Lomella, dove era nato, fino al Derby Club (viale Monte Rosa) e San Siro, inteso come stadio e come ippodromo. Come hanno scritto Gino e Michele, non poteva nascere diversamente da Beppe Viola, possibilmente tutto attaccato, perché di Beppe ce ne sono sempre meno, ma i Viola restano abbondanti.

La casa editrice Quodlibet ha deciso di ristampare il libro che uscì nel 1981, ma che sembra scritto ieri, per colpa del linguaggio, non solo per ciò che racconta. Uno dei mali di Viola era quello di essere troppo avanti, per questo alla Rai non fece una grande carriera, nonostante la tv ancora oggi si abbeveri di cose sue, come le canzoni sulle immagini (invenzione sua), i replay e rallenti. Morì presto, e redattore ordinario, perché Viola era fuori dagli schemi. Non era controllabile, in una Rai dove ancora l’ufficio censura lavorava sodo. Tito Stagno, all’epoca suo direttore, lo scaricò – spesso coi direttori accade – quando mandò in onda le immagini di un derby Milan-Inter dell’anno prima, perché quello «di oggi è stato così brutto che ve lo risparmiamo». No, non poteva in quella Rai ingessata di fine Anni Settanta godere dell’ammirazione dei suoi superiori, nonostante oggi la Domenica sportiva tenti di assomigliare a lui, al Beppe, ma senza riuscirci, con battute, comici, Paola Ferrari. Il calcio, in quegli anni, e la tv pubblica, soprattutto, erano santuari inviolabili, poco avvezzi all’ingegnosità dei singoli.

Potremmo andare avanti per ore, ma vi toglieremmo il gusto di leggerlo, il libro, non importa dove: è una lezione di scrittura e di quel non prendersi mai sul serio che dovrebbe essere distribuito nelle scuole. Ci sono passaggi memorabili, come la lettera al direttore, ormai mitologica, o quella invece dedicata ai ladri che gli fecero sparire l’Innocenti, dove Viola si scusa per il disordine trovato, chiede i gusti, nel caso si decidesse a comprarne un’altra. O il racconto di lui, Enzo Jannacci, amico d’infanzia, e Cochi e Renato. A proposito di Jannacci: troverete una sua introduzione, ma non è facile leggere Jannacci. Matto lo era. Un altro genio, ma completamente fuori dagli schemi. Buona lettura, sempre che di questi tempi ormai drammatici, qualcuno abbia voglia di sorridere con intelligenza. Siamo convinti che sì, ce ne sia bisogno.

 

(Nella foto Emma Marrone)