Pubblicato il 22/04/2012, 12:34 | Scritto da La Redazione

STEFANO CHIODAROLI: «SOGNO UNA FICTION NOIR, DRAMMATICA E SERISSIMA»

Il comico, reso popolare da “Zelig” e “Colorado”, ha raccontato a TVZOOM le sue prospettive di carriera e la sua attuale svolta come attore drammatico.

«Saluto un mio amico di 4 anni con cui ho chiacchierato di caccia grossa nella savana, di alieni e di imprese per supereroi e sono da te», mi dice Stefano Chiodaroli con un’aria da duro dal cuore di meringa. La stessa attitudine con cui ha scardinato le porte del surreale affermandosi come comico erede di quella scuola varesotta che ha dato i natali a Renato Pozzetto, Cochi Ponzoni, Francesco Salvi, Massimo Boldi, per citare in ordine sparso. Lui, fin dai primi tempi di Zelig e del personaggio del “panettiere”, è un po’ come loro. Cala la carta del paradosso con un’energia quasi aggressiva, tiene banco e al contempo lo sbanca, poi svela il trucco, si toglie la maschera del grottesco e mostra una venatura di malinconia nascosta forse dal suo essere quasi turbolento, manco si trattasse di un testosteronico Pierrot. Capace di interpretare anche ruoli drammatici, come nei recenti film Vallanzasca e Helena & Glory.

Stefano, di recente l’abbiamo vista su Comedy Central in Copernico, che ci può dire di questa esperienza?
«Copernico è un programma tributo alla comicità genovese, dunque io ho fatto solo qualche apparizione nelle vesti di ospite e soprattutto di amico. L’ho fatto volentieri. Nel programma si alternano volti conosciuti e talenti emergenti».
A proposito di talenti emergenti: come giudica la situazione delle nuove leve di comici in Italia?
«Le cose sono cambiate rispetto a quando ho esordito io. Una volta, per emergere, era un percorso obbligato fare la gavetta nei locali, facendoti conoscere a poco a poco. La televisione era un approdo, ma arrivava dopo e solo quando arrivava iniziavi a modellare il tuo personaggio secondo tempi e ritmi da telecamera. Oggi le nuove leve parlano un linguaggio già televisivo, pensano e inventano il proprio personaggio secondo ritmi da canale tv. Da un certo punto di vista, il rischio è quello di comprimere il talento in un contenitore forzato, senza modellare appieno un repertorio».
Il rischio è disperdere il talento dei giovani emergenti?
«Dipende dalla personalità dell’individuo. Io suddivido i comici in due fasce: chi cerca solo di compiacere il pubblico entrandoci subito in empatia, offrendogli esattamente ciò che vuole sentire e svolgendo una sorta di compitino, e chi punta all’eccellenza di palco, ovvero a stupire, a destabilizzare lo spettatore, sapendo rischiare. Nella seconda categoria si può trovare chi ha davvero qualcosa da dire».
Tutti i grandi comici appartengono a quella categoria?
«Direi di sì.Tutti gli artisti seguono un filo dorato attraverso il quale danno sfogo alla propria sensibilità. Prendiamo, per esempio, Cochi e Renato: hanno osato, hanno espresso ciò che gli passava per la testa senza timore reverenziale e senza autocompiacimento. Non a caso, erano avanti anni luce rispetto ai loro tempi e risultano modernissimi ancora oggi». 
A lei è mai capitata la giornata storta, il pubblico freddo?
«Ogni tanto succede. Agli esordi, ma ancora adesso, magari quando non sono la persona giusta al momento giusto. Un tempo avevo una tremenda ansia da prestazione, bruciori di stomaco, mixati a euforia ingiustificata quando una serata era andata oltre le aspettative. Oggi so gestirmi. Seguo la politica dei piccoli passi, senza fughe in avanti».
Però oggi Stefano Chiodaroli non è solo un comico, è anche un attore drammatico.
«Coltivo l’ambizione professionale di mettermi sempre in gioco, di provare a fare altro, diversificando gli impegni. Un po’ per assecondare la vanità, un po’ per sperimentare urgenze di comunicazione. Mi sono presentato ai provini per ruoli drammatici pensando: “Ok, io sono conosciuto per essere Chiodaroli il comico, ora voglio provare altre parti”. Da lì è arrivato il ruolo in Vallanzasca e nel recente Helena & Glory, trasmesso da RaiUno».
Che cosa le manca, ora?
«Forse approfondire il ruolo di conduttore. E poi, un nuovo allestimento teatrale. Anche una fiction. Ho già pronto il soggetto per un thriller-noir in dodici puntate, serissimo, dal forte impatto, senza scorciatoie per compiacere lo spettatore. Avrei in mente già il regista e gli interpreti. Devo trovare un produttore e un editore». 
Pensando ai suoi esordi, è affezionato a qualche personaggio in particolare?
«Al panettiere. L’ho creato osservando i panettieri dalle mie parti. Fanno un lavoro con orari pazzeschi, sono tutti un po’ esauriti. Ho messo in luce quegli aspetti, estremizzandoli. Ho sempre coltivato il gusto per il paradosso, per l’estremizzazione grottesca. Per l’energia quasi violenta. Io non avrei mai potuto fare il comico damerino. La scuola del Teatro Arsenale mi ha insegnato a esasperare i tratti, a sfruttare la fisicità e l’aggressività come forza di rappresentazione. Gino e Michele, agli inizi, mi dicevano che un comico non può essere troppo aggressivo sul palco». 
A proposito di Gino e Michele: Zelig quest’anno se la passa meno bene rispetto al passato…
«Innanzitutto bisogna sottolineare come Zelig mandi in onda oggi sketch già in cantiere da diverso tempo. E poi, mettiamola così: un tempo, erano le telecamere al servizio del live. Oggi, è il live a essere pensato al servizio delle telecamere. Sembra di assistere a un Canzonissima della risata. Si perde un po’ la freschezza del passato».
Stefano Chiodaroli, ripensando al suo, di passato, ha mai avuto un piano B, nel caso la carriera non fosse decollata?
«Non faccio mai piani B. Se faccio delle scelte, mi taglio volutamente i ponti alle spalle, dimodoché siano scelte portate avanti con la massima energia, secondo la politica dei piccoli passi che ho già descritto. Mi piace pensare all’esistenza di un destino in un senso un po’ induista. Ogni mestiere porta con sé dei compiti da svolgere, l’essenziale è farlo al meglio, con un impatto sociale positivo per chi ti segue, stando bene tu e facendo star bene gli altri».
 
Gabriele Gambini
 
(Nella foto Stefano Chiodaroli nei panni comici del personaggio del Panettiere)