Pubblicato il 28/12/2023, 19:03 | Scritto da La Redazione
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Morto suicida Lee Sun-kyun, stella di “Parasite”

Morto suicida Lee Sun-kyun, stella di “Parasite”
Siete cortesemente pregati di non diffondere informazioni false basate su ipotesi e supposizioni». Con questo monito, l'agenzia Hodu e U Entertainment annuncia la scomparsa della star del cinema sudcoreano Lee Sun-kyun, trovato morto nella sua auto ieri a Seoul accanto a un blocchetto di carbone, metodo spesso utilizzato in Corea del Sud per togliersi la vita. Così su La Stampa.

Si toglie la vita l’attore da Oscar di “Parasite” Vittima della Corea spietata che denunciava

La Stampa, di Carlo Pizzati, pag. 17

Siete cortesemente pregati di non diffondere informazioni false basate su ipotesi e supposizioni». Con questo monito, l’agenzia Hodu e U Entertainment annuncia la scomparsa della star del cinema sudcoreano Lee Sun-kyun, trovato morto nella sua auto ieri a Seoul accanto a un blocchetto di carbone, metodo spesso utilizzato in Corea del Sud per togliersi la vita. Ed è giusto rispettare quest’invito di fronte alla morte di un uomo di 48 anni inseguito dall’accusa d’aver fumato qualche spinello e aver usato droghe psicoattive. Nulla di più. Ma la storia dietro la morte dell’attore famoso per il ruolo nel film vincitore di quattro Oscar e della Palme d’Or, «Parasite», oltre ad essere apprezzato in molti lungometraggi e serie tv per il carisma, l’avvenenza e il talento recitativo, è piuttosto chiara. E ci racconta di un mondo severo, un contesto politico eccessivamente punitivo contro le droghe leggere, di una società con il più alto tasso di suicidi nei Paesi industrializzati e dei limiti di un sistema dove la competizione diventa un’arma letale. Non è un caso se ci troviamo nel Paese che ha regalato agli spettatori «Squid Game» la serie che racconta la spietatezza di un contesto di valori che non perdonano debolezze e scivolate. Nel caso di Lee «l’errore» è una serata finita male che si è rivelata il pretesto per un presunto ricatto, un’inchiesta, tanti guai e infine la vergogna, ecco la nostra unica supposizione, che deve aver spinto l’attore alla morte.

I fatti: il 24 ottobre una soffiata alla polizia di Incheon, nell’area metropolitana di Seoul, accusa l’attore d’aver usato droghe. E in Corea del Sud non si scherza con le sostanze stupefacenti. Specialmente da quando il presidente di destra Yoon SukYeol ha dichiarato una rigorosa «guerra ai narcotici» che nel 2023 ha portato al 30% in più degli arresti non solo tra chi vende o detiene ma anche tra chi usa droghe leggere. Si rischiano dai 6 mesi ai 14 annidi prigione. Anche se si dimostra che un cittadino sudcoreano si è drogato all’estero. Si apre l’indagine. Lee viene convocato in caserma dove glivengono letti i capi d’accusa. La notizia trapela. Decide quindi di ritirarsi dal set della serie thriller «No way out», «Nessuna via d’uscita». Che è come si dev’essere sentito l’attore. Dopo la fuga di notizie, fa ammenda non per la presunta responsabilità, ma per l’imbarazzo: «Voglio scusarmi sinceramente per la grande delusione causata a tante persone per il fatto d’esser coinvolto in questo spiacevole incidente. Mi dispiace perla mia famiglia, che deve soffrire questo difficile dolore in questo momento». Ad accusarlo è una donna incontrata una sera di ottobre in un locale esclusivo del quartiere ricco di Seoul, Gangnam, nome reso famoso alcuni anni fa dalla hit dance «Gangnam style». La hostess del club dice che Lee è andato a casa sua dove ha fumato marijuana e sniffato ketamina con una cannuccia «per curiosità». Dopo una serie di deposizioni, il 23 dicembre Lee viene detenuto per 19 ore durante le quali viene interrogato tre volte.