Pubblicato il 22/12/2023, 19:01 | Scritto da La Redazione

Maccio Capatonda: Il mio lavoro si basa sulla condivisione

Maccio Capatonda: Il mio lavoro si basa sulla condivisione
Maccio Capatonda, come Marty McFly, è tornato indietro nelfuturo: nel suo nuovo film,Il migliore dei mondi, su Prime Video, interpreta Ennio Storti che, parole sue, è una versione di se stesso di qualche anno fa: «Ho preso spunto dal me del 2015. E un personaggio un po' freddo, cinico, antiemotivo. Così su La Stampa.

Maccio Capatonda “I collechi per me sono prima di tutto amid II mio lavoro nasce dal cazzeggio con loro”

La Stampa, di Valentina Ariete, pag. 33

Maccio Capatonda, come Marty McFly, è tornato indietro nelfuturo: nel suo nuovo film,Il migliore dei mondi, su Prime Video, interpreta Ennio Storti che, parole sue, è una versione di se stesso di qualche anno fa: «Ho preso spunto dal me del 2015. E un personaggio un po’ freddo, cinico, antiemotivo. Volevo mostrare come la tecnologia ti renda distaccato: il mondo di oggi è molto sicuro, appena ci annoiamo abbiamo qualcosa che ci fa distrarre. Non abbiamo mai delle esperienze negative forti. Questa cosa, a poco a poco, ci rende un po’ aridi: siamo sempre bisognosi di esperienze soddisfacenti e gratificanti», dice. Il personaggio che ha creato stavolta è un uomo che ha affidato completamente la propria vita, sia affettiva che lavorativa, alla tecnologia. Per uno strano scherzo del destino però si ritrova in un 2023 alternativo, in cui lo sviluppo tecnologico si è fermato agli Anni ’90. Maccio scrive, interpreta e dirige insieme a Danilo Carlani e Alessio Dogana. Perché, al contrario di Ennio, Capatonda crede nel potere dell’amicizia.

È producente lavorare con gli amici?

«Il mio lavoro nasce proprio dal cazzeggio con amici: quelli che sono stati miei colleghi erano prima di tutto amici. E lo sono rimasti. È fondamentale per me: è un lavoro che sibasa su questo, sulla condivisione. E anche su una sorta di affinità umoristica. E non è facile trovare persone affini dal punto di vista dell’umorismo. Quindi una volta che li trovi te li tieni stretti».

Com’è dirigere un film in tre?

«Per anni ho diretto le mie cose da solo, poi, dopo aver girato The Generi, sono rimasto traumatizzato: non riuscivo a premere motore e poi andare in scena ogni volta. Facevo molta fatica. Ho sentito il bisogno di avere un supporto per performare meglio, sia da regista che da attore. Con Danilo e Alessio lavoro da 15 anni. Facciamo anche le regie degli spot insieme. Siamo un collettivo: ci chiamiamo Senegal».

Non litigate mai sul set?

«Il contraddittorio dà linfa al film: ogni scena viene rivisitata tante volte nella nostra testa. Ognuno ha la sua idea, ma poi viene fuori una cosa migliore che se fosse fatta solo dal singolo. Siamo come un mostro a tre teste. Nella maggior parte dei casi comunque siamo molto allineati».

E le idee come nascono?

«Ci chiudiamo, anche nei weekend, a fare quelli che chiamiamo simposi: in realtà cazzeggiamo molto, però è un cazzeggio produttivo, serio. Se uno non lo fa scatta subito il: perché non cazzeggi?!?».

E questa idea in particolare come è nata?

«Il soggetto iniziale era per una serie che si ispirava a Black Mirror: si chiamava Black Maccio. Era una serie antologica da 6-7 puntate. L’idea che abbiamo usato nel film in realtà era per un episodio intitolato Clinica 56k. Black Mirror è la mia serie preferita, quindi mi ha dato l’input iniziale. Altre ispirazioni sono state Her di Spike Jonze, Se mi lasci ti cancello e Ritorno al futuro».
(Continua su La Stampa)

 

 

 

 

 

(Nella foto Maccio Capatonda)