Pubblicato il 19/12/2023, 19:03 | Scritto da La Redazione

Jerry Cala: “L’umorismo deve essere sempre cattivello e feroce”

Jerry Cala: “L’umorismo deve essere sempre cattivello e feroce”
Nella vita ci vuole au toironia», dice Jerry Calà. Ne ha avuta, in effetti, per raccontare la storia di un'improbabile banda di finti criminali che lo rapisce chiedendo un riscatto ai suoi amici Umberto Smaila, Mara Venier e Massimo Boldi, e al figlio Johnny. Così su Il Tempo.

«Nella vita ci vuole sempre autoironia»

Il Tempo, di Giulia Bianconi, pag. 23

Nella vita ci vuole au toironia», dice Jerry Calà. Ne ha avuta, in effetti, per raccontare la storia di un’improbabile banda di finti criminali che lo rapisce chiedendo un riscatto ai suoi amici Umberto Smaila, Mara Venier e Massimo Boldi, e al figlio Johnny. «Chi ha rapito Jerry Cala?», dal 19 dicembre sulle principali piattaforme, è il settimo film da regista dell’attore, classe 1951, che lo scorso weekend ha anche festeggiato a Cortina i quarant’anni di «Vacanze di Natale».

Calà, come nasce questo film?

«Dalla proposta un po’ bizzarra dei produttori. Poi con lo sceneggiatore Edoardo Bechis abbiamo trovato la chiave dell’autoironia per raccontare questi disperati che mi rapiscono e non si aspettano che i miei amici non vogliano pagare il riscatto. Probabilmente il Jerry del film non si è comportato molto bene. Questa è una commedia verosimile che si basa sulla comicità di situazione e per farla mi sono affidato a un grande cast di attori napoletani, come Sergio Assisi, Barbara Foria e Nando Paone, e ad alcuni cari amici, mentre con Clementino abbiamo scritto il brano “S’anno arrubbate a Jerry Calà”»

Dunque nella vita bisogna essere autoironici?

«Assolutamente, di certo non potevo fare un film celebrativo. Mi sono dato contro. L’umorismo deve essere sempre cattivello e feroce».

Oggi è ancora cosi?

«Siamo molto bloccati dal politicamente corretto. Ma in questa commedia non abbiamo avuto problemi, siamo andati dritti per la nostra strada. Non ci siamo autocensurati».

Nel film, durante un dibattito televisivo, un ospite dice: “trovo esagerata la santificazione di un comico che da 40 anni ripete le stesse battute”. E l’altro gli risponde: “è la solita invidia di voi intellettuali che poi vi chiudete in casa per guardare “Abbronzatissimi””. Gli intellettuali sono cosi?

«Beh, sono quelli che di nascosto nella loro stanzetta vedono tutti quei film. È un problema mondiale, gli intellettuali sono uguali ovunque, anche se in Italia sono peggio. Negli Usa se dici che sei un comico vieni accolto con grande rispetto, qui è l’opposto. Molti sono stati rivalutati da morti, io spero di essere rivalutato da vivo».

Così poi sarà interpretato in una fiction da Beppe Fiorello, come si dice nel film.

«Esatto (ride, ndr). Bisogna vedere come mi fa, però».

Secondo lei ha pagato lo scotto di aver fatto un certo tipo di commedia e cinema popolare?

«Ho fatto quello che mi ha indicato il pubblico. In Italia non c’è una grande considerazione di un cinema fatto di generi. Quando andrebbe rispettata la commedia, così come il crime e il cinema demenziale. Negli altri Paesi è più chiaro questo concetto. Da noi non si sa perché quando fai una commedia devi sempre lanciare un messaggio. Io comunque ho accettato le proposte che mi hanno fatto. Sono sempre aperto alle nuove».
(Continua su Il Tempo)

 

 

 

 

 

 

(Nella foto Jerry Calà)