Pubblicato il 13/12/2023, 13:03 | Scritto da La Redazione

Carlo De Benedetti: “Elkann ha comprato i giornali per coprire la fuga dall’Italia di Stellantis”

“Elkann ha distrutto Rep.”

Il Foglio, di Salvatore Merlo, pag. 1

“John Elkann è riuscito in quattro anni a distruggere il gruppo editoriale che il principe Carlo Caracciolo, suo prozio, aveva creato in circa quindici anni. Un massacro incomprensibile nei suoi scopi”. Dice così Carlo De Benedetti mentre volta in su il palmo, riunisce a punta le dita, e la sua mano oscilla su e giù a indicare commiserazione, a esprimere il platonico e sprezzante interrogativo: ma come cavolo è possibile? “John ha venduto tutti i quotidiani locali, che andavano bene. Poi ha devastato pure Repubblica, che ancora si aggira tra i quotidiani italiani con la maestà malinconica delle rovine. Mi dispiace moltissimo. E’ straziante. Addirittura avevano messo ad amministrare i giornali uno che allo stesso tempo si occupava della Juventus. Carta e palloni. Non so semi spiego. A quel gruppo dirigente ho visto fare cose che manco nella `cena dei cretini’: dicono ‘digital first’ ma non hanno investito un centesimo in serie acquisizioni sul digitale, mentre hanno annientato la carta”. Ma, scusi, Ingegnere, se è così perché Elkann ha comprato il gruppo che ora si chiama Gedi? Non si compra mica una cosa per sfasciarla, per distrua.erla. 0 sì? “Dipende. Elkann sostanzialmente ha comprato i giornali soltanto per coprire la fuga di Stellantis dall’Italia. Per coprire la deindustrializzazione e la smobilitazione degli impianti produttivi automobilistici di un gruppo che ormai è francese. Per il resto, di come vanno questi giornali mi pare evidente che non gli importi nulla”. Insomma in realtà John Elkann si è comprato la sinistra italiana? “Vogliamo contare il numero di interviste in cui Maurizio Landini, il segretario della Cgil, parla su Repubblica di Stellantis e della scomparsa della Fiat dal nostro paese?”.

Anche Radio Capital ora sta per essere venduta. “E’ la dismissione, le ripeto, mi pare evidente. Io capisco soltanto che a opera conclusa alla fine venderanno pure Repubblica e la Stampa. So che ci sono contatti”. Con la famiglia Angelucci, che edita il Giornale, Libero e il Tempo? “Non penso che venderanno a loro. Credo che Elkann stia pensando a un’espressione internazionale. Anche se c’è da dire che se Repubblica continua a essere gestita così non so nemmeno cosa resterà da vendere”. Ma lei, avendo visto come sono andate le cose, si è pentito di avere ceduto il gruppo Espresso a Elkann? “Guardi che l’hanno venduto i miei figli, io ero contrario. Dal loro punto di vista, Rodolfo e Marco, hanno fatto la cosa giusta liberandosi di un gruppo che li obbligava a schierarsi”. E mentre parla dei figli, De Benedetti lo fa col tono dolce di chi chiarisce gli equivoci e concilia i dissidi: “Guardi che loro non hanno sbagliato. Vede, i miei figli sono refrattari alle passioni politiche. Io sono diverso. Ognuno ha il suo carattere e le sue predilezioni. E poi devo dire che visto col senno di poi, dal punto di vista finanziario ed economico, la vendita dell’Espresso è stata la cosa giusta. L’operazione aveva un senso”. Però i figli di Silvio Berlusconi non vendono. “Marina è innamorata di suo padre, ha sempre avuto una sorta di venerazione per lui. Marina sa benissimo che Mediaset è vecchia, che non reggerà la concorrenza delle grandi piattaforme internazionali come Netflix. Eppure non vende perché quella è la creatura di suo papà. Anche se forse, guardi, è anche vero che non ci sarebbe nemmeno a chi vendere perché probabilmente oggi non c’è nessuno che se la compra quell’azienda. E finché fa utili, e Mediaset ancora ne fa, per la famiglia Berlusconi vendere non avrebbe molto senso”. A proposito: cos’ha pensato il giorno in cui è morto Silvio Berlusconi, il suo nemico di una vita. “Nemico mai. Avversario, sì. L’avevo sentito al telefono due giorni prima che morisse. Sapevo che stava male, e lui, pur affaticato, al telefono mi snocciolava una tiritera sul partito liberale di massa che aveva costruito”. Ancora smaniava, il Cavaliere, con nella voce fantasie e moine quali continuava a dettargliele l’antica abitudine di affascinare. “Io lo ascoltavo. E stavo zitto, anche se come può ben immaginare non ero d’accordo su nulla”. Quindi vi sentivate spesso? “No quasi mai, anzi direi proprio mai. Ma quella volta l’ho vissuta quasi come un addio, e quindi l’ho voluto chiamare. Anche se questo non cambia niente di ciò che io penso della sua influenza, negativa, sul paese e sulla politica”.
(Continua su Il Foglio)

 

 

 

 

 

 

(Nella foto Carlo De Benedetti)