Pubblicato il 16/10/2023, 17:02 | Scritto da La Redazione

Michael Wolff racconta l’autunno di Rupert Murdoch (e della Tv generalista)

Michael Wolff racconta l’autunno di Rupert Murdoch (e della Tv generalista)
Ogni quattro anni, gli appuntamenti elettorali con le presidenziali americane sono sempre momenti in cui decolla un nuovo trend della comunicazione. E' un fenomeno che si ripete almeno dal 1960, quando la sfida tra John F. Kennedy e Richard Nixon, con i loro dibattiti teletrasmessi per la prima volta in tutta l'America. Così su Il Foglio - Inserto.

Il tramonto della Tv

Il Foglio – Inserto, di Marco Bardazzi, pag. 7

Ogni quattro anni, gli appuntamenti elettorali con le presidenziali americane sono sempre momenti in cui decolla un nuovo trend della comunicazione. E’ un fenomeno che si ripete almeno dal 1960, quando la sfida tra John F. Kennedy e Richard Nixon, con i loro dibattiti teletrasmessi per la prima volta in tutta l’America, segnò il decollo della televisione come strumento principe della campagna elettorale. In mezzo, solo per restare agli ultimi anni, ci sono stati l’emergere per la prima volta dei social media (2008, ObamaMcCain), l’esplosione della mobilità e degli smartphone (2012, ObamaRomney), il boom dei big data e gli interrogativi sulla privacy (2016, Trump-Clinton) e il dilagare degli eventi digitali “a distanza” e delle videoconferenze durante la pandemia (2020, BidenTrump). La corsa alla Casa Bianca, con la sua enorme copertura mediatica e le centinaia di milioni investiti in comunicazione, è un acceleratore di innovazione che non ha eguali al mondo. Il 2024 è di nuovo un anno elettorale e l’aspettativa diffusa è che segni, nel bene e nel male, il successo definitivo dell’intelligenza artificiale. C’è molta attesa per verificare se ci sarà un’ondata di contenuti realizzati con l’AI generativa e se tra questi esploderanno in particolare quelli “fake” visivi. Negli ultimi mesi sono già circolate molte immagini di Donald Trump in manette o inseguito dai poliziotti che sembravano vere, ma erano ovviamente frutto del livello di sofisticazione raggiunto da programmi come Dall-E della società californiana OpenAl (la stessa che ha lanciato ChatGPT). Sicuramente i social e l’intelligenza artificiale avranno il loro palcoscenico nella corsa alla Casa Bianca che sta per aprirsi (il 15 gennaio si vota in Iowa per scegliere il candidato repubblicano, prima tappa del percorso che si concluderà il 5 novembre), ma la sorpresa più grossa potrebbe venire ancora una volta dal medium che domina tutto dalla metà del Ventesimo secolo: la tv. Non perché abbia chissà quali innovazioni da introdurre. Al contrario: il 2024 potrebbe segnare in America – e a ruota anche da noi – l’inizio della fine della tv. “Il business televisivo è in un momento di transizione drammatico: è un’industria che non si riprenderà”, spiega al Foglio Michael Wolff, che di media e politica se ne intende. Wolff è diventato celebre a livello mondiale qualche anno fa quando uscì il suo libro “Fuoco e Furia“, che svelò il caos che regnava alla Casa Bianca dopo il primo anno di presidenza di Donald Trump.

L’allora presidente gli aveva dato pieno accesso alla West Wing e Wolff aveva trascorso mesi nelle stanze del potere, parlando con Trump e con ciascuno dei suoi collaboratori. Ognuno dei quali si era lasciato andare a considerazioni e racconti in libertà che, raccolti insieme in un libro, crearono la narrazione di una situazione devastante e fuori controllo a Washington. Seguirono smentite, accuse di aver scritto inesattezze o falsità, minacce e sfuriate del presidente sull’allora Twitter (oggi X). Ma tutti hanno continuato a parlare con Wolff, che diede seguito con altri due libri al racconto di un’amministrazione che era tenuta in ostaggio dei colpi di testa di Trump e della sua ossessione per i media e la tv, in particolare per il network che aveva creato il suo successo: Fox News. Adesso Wolff è tornato alla carica con un nuovo libro dedicato proprio alla tv di Rupert Murdoch e alla figura del suo fondatore, l’uomo che suo malgrado ha creato il successo di Trump pur disprezzandolo profondamente. E di nuovo in tanti, in modo riservato, hanno raccontato tutto a Wolff, utilizzando lo scrittore e giornalista spesso come strumento per cercare di giocare le loro personali partite di potere, dentro Fox News e più in generale nel mondo repubblicano e dei conservatori Usa. Senza considerare, ancora una volta, che si tratta di un autore che gioca per sé stesso e non fa sconti a nessuno. Ne è nato così “The Fall”, appena uscito negli Stati Uniti e già protagonista di un terremoto nel mondo dei media. Il sottotitolo del libro dice tutto: “La fine di Fox News e della dinastia Murdoch“. Ma lo scenario che descrive va oltre e prefigura la fine non solo del network che ha caratterizzato gli ultimi vent’anni della politica americana, ma anche di tutto il sistema complessivo della televisione, visto sull’orlo del baratro e vicino a un epilogo provocato da una rivoluzione digitale che i media tradizionali non sono mai riusciti a cavalcare e che ora rischia di farli finire in bancarotta. Una prospettiva che, se si avverasse, avrebbe conseguenze planetarie: se entrasse davvero in crisi in America il mondo di Fox, Cnn, Nbc, Abc e Cbs, le conseguenze come sempre si avvertirebbero anche da questa parte dell’Atlantico e nel mondo televisivo di casa nostra. Per questo “The Fall” non è solo una sorta di necrologio per il mondo di Murdoch, ma un avvertimento a tutto il sistema televisivo nato nel Ventesimo secolo e ancora ancorato a modalità di produzione e organizzazioni del lavoro pensate in un’era dominata dall’approccio broadcast, che ora appaiono superate nell’attuale mondo sharing e nella stagione delle piattaforme digitali come Netflix, PrimeVideo o Disney+.
(Continua su Il Foglio – Inserto)

 

 

 

 

 

(Nella foto Rupert Murdoch)