Pubblicato il 03/05/2023, 19:02 | Scritto da La Redazione
Argomenti:

Eleonora Daniele: La donna deve splendere per se stessa

Eleonora Daniele: La donna deve splendere per se stessa
Per capire chi sia Eleonora Daniele, serve più che mai partire dal suo passato, dalla casa dei suoi genitori, nella campagna veneta, dove è cresciuta, ultima di quattro fratelli. Così l'intervista di Chiara Maffioletti per il Corriere della Sera.

«Avevo un lavoro in banca, lo lasciai per il Grande Fratello Mara Venier fu importante»

Corriere della Sera, di Chiara Maffioletti, pag. 23

(…)

La svolta però è arrivata con il «Grande fratello». Era il 2oo1.

«Prima avevo lavorato come comparsa a “La sai l’ultima?”, con Gigi Sabani e Natalia Estrada, ma ancora credevo fossero esperienze momentanee: continuavo a lavorare in banca. C’era una mia collega che seguiva il “Grande Fratello” accanitamente e ricordo che pensavo fosse pazza per appassionarsi a quel programma. Non capivo il fenomeno. Poco tempo dopo mi sono presentata comunque ai provini».

Presa. E da lì la sua vita ècambiata.

«Subito dopo ho iniziato a fare le telepromozioni, per un paio d’anni. In quella occasione incontrai Mara Venier e fu molto carina con me: nelle promozioni mi avevano dato un altro nome, ma lei disse che non ero sbucata dal nulla, quindi dovevano chiamarmi con il mio nome. Una piccola cosa, ma importante».

Come fu visto nella sua famiglia questo grosso cambiamento nel suo percorso?

«Mio padre aveva qualche timore. Era un uomo legato alle vecchie tradizioni: per lui lo spettacolo era un mondo fatto di luci e pochi contenuti.. in un certo senso potrebbe essere stato il padre di Checco Zalone nel film in cui gli ricorda l’importanza del posto fisso… lo ha fatto anche con me, che a vent’anni avevo il mio lavoro in banca. Non voleva, insomma, che partecipassi al reality. Per me, piuttosto, aveva altri progetti».

Quali?

«Avrebbe voluto che io facessi una bambina. Voleva diventare nonno di una nipotina».

E una nipotina è arrivata.

«Molto dopo, lui era morto. Infatti dico che Carlotta è il regalo di mio papà. L’ho avuta da grande, avevo 43 anni. Dei ginecologi mi avevano molto spaventata circa la possibilità di avere figli sopra i 4o anni, fino a quando ho incontrato la mia che mi disse che era pieno di donne della mia età che desideravano avere il primo figlio».

Prima non li voleva?

«No, anzi. Avevo avuto anche dei mezzi litigi con chi sembrava non credere alla possibilità che una donna non volesse per forza avere figli. La mia è poi arrivata in maniera naturale ma prima non solo non l’avrei voluta ma, a 20 anni o a 3o anni, non sarei nemmeno riuscita a gestirla. Ho avuto delle compagne che già al liceo erano diventate mamme, ma io non ho mal provato questo desiderio. Se non una volta superati i quaranta. Ma per buona parte della mia vita non pensavo che avrei avuto figli. Carlotta è un piccolo regalo del cielo».

Lei è credente?

«Da quando mio padre se ne è andato via sento sempre la sua presenza vicino a me, per me è una specie di angelo custode. Non sono una credulona, ma ho avuto sensazioni molto forti e profonde, di una sua grande vicipan Ma anche la fede rappresenta per me un percorso: ho avuto un momento di crisi, in cui ho messo tutto in discussione».

Quando è successo?

«Sicuramente nella sofferenza che accompagna la disabilità ci sono dei momenti in cui ti fai tante domande. Mio fratello aveva delle crisi molto violente: ho assistito a situazioni davvero faticose. Lì sono arrivata a non credere, a mettere in crisi tutto. Ma è la ricerca stessa di Dio, credo, che determina la tua fede. Io l’ho ritrovata nella comprensione di quello che ci circonda. Oggi, mi considero una cristiana. Lo sforzo è cercare di saper distinguere quando stai vivendo qualcosa di bello e saperne gioire. Sto cercando di modificare il mio carattere, in questo senso. II mio perfezionismo non mi ha aiutata».

In cosa si traduceva questo perfezionismo?

«Non ho mai avuto la volontà di primeggiare, ma, piuttosto, era come se dentro di me pensassi che c’era sempre qualcuno meglio di me. Questo mi ha portata a soffrire di una continua ansia da prestazione: non mi accontento mai di me stessa, cerco la perfezione che però non è plausibile».

C’è qualcuno che l’haa aiutata a sentirsi più a suo agio nel suo ambiente?

«Sono molto affezionata a Luca Giurato. Ho vissuto con lui gli anni di Unomattina e mi ha insegnato che si può essere leggeri pur parlando di cose serie. Mi ha fatto conoscere questa doppia cifra, che aiuta quando fai intrattenimento. Tra noi era nata una complicità molto bella, ogni tanto lo chiamo anche oggi. Mi è rimasto molto nel cuore».

Altri incontri che le sono rimasti nel cuore?

«Gina Lollobrigida. Quando l’ho conosciuta la prima volta mi sono molto emozionata. Ed ero impressionata una donna come lei, che aveva vissuto tutto quello che aveva vissuto, che aveva conosciuto chiunque, con mille possibilità, restava una persona assolutamente eclettica e, soprattutto, una donna indipendente, padrona di sé stessa. Per me questo suo animo è stato un grande insegnamento oltre che un esempio di emancipazione».

Crede che le donne debbano ancora faticare motto per raggiungere l’obiettivo della parità?

«Le donne sono vittime di continui pregiudizi e delle sottoculture maschiliste che ancora esistono. Anzi, con i social stanno dilagando. La donna deve splendere per sé stessa, che non significa altro se non essere sé stessa, a prescindere da quello che gli altri vorrebbero. Per me è questo il principio fondamentale da cui dovrebbe partire la rivoluzione di ognuna di noi».
(Continua sul Corriere della Sera)

 

 

 

 

 

(Nella foto Eleonora Daniele)