Pubblicato il 17/02/2023, 19:02 | Scritto da La Redazione
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Claudio Cecchetto: “Amadeus? Faceva il pendolare da Verona per non disturbare”

Claudio Cecchetto: “Amadeus? Faceva il pendolare da Verona per non disturbare”
Lo "scopritore di talenti" più famoso d'Italia si confessa a Renato Franco sulle pagine del Corriere della Sera: l'appartamento di Milano con Fiorello e Sandy Marton, Marco Baldini, Gerry Scotti che voleva emigrare e Amadeus che ogni giorno arrivava nella città meneghina da Verona.

«Così resi coinquilini Sandy e Fiore A Jovanotti lanciai un ultimatum»

Corriere della Sera, di Renato Franco, pag. 25

(…)

Il Fiorello privato?

«Come quello pubblico. Non è un comico che interpreta un personaggio, la sua natura è da intrattenitore. Vuole che chi ha davanti si diverta e stia bene con lui, ci sia una persona o cento. È un animatore continuo, non c’è differenza tra quando è sul palco o giù dal palco. La mia previsione era che da animatore di villaggi sarebbe diventato animatore del villaggio Italia».

Anche Marco Baldini ha iniziato da li.

«Mi colpì subito. Gli avevo chiesto di mandarmi una cassetta per capire che tipo era, ne arrivarono 25. In lui intravidi subito la spalla per Fiorello, perché gli altri deejay non avevano capito che non dovevano fare a gara con lui, perché Fiorello vinceva sempre. Baldini era perfetto, faceva l’assist ma tutti i gol doveva farli Fiore».

Un inquilino mancato di quell’appartamento è Amadeus.

«Fu la sua forza. Mi disse che abitava a Milano da un amico che lo ospitava, ma non era vero. Dopo un mese che lo vedevo con le occhiaie pensavo fosse per serate ricche di stravizi, invece ogni giorno prendeva il treno alle 5 di mattina da Verona. Non mi disse niente per non creare problemi. Proprio questa disponibilità ml è piaciuta. Poi andò nella casa che aveva lasciato Tracy Spencer».

Gerry Scotti invece la casa ce l’aveva.

«Ma voleva andarsene da Milano. L’ho bloccato sulla scaletta di un aereo mentre stava partendo per l’America. All’epoca se dicevi che facevi il disc jockey poi ti chiedevano: sì, ma di lavoro cosa fai? Lui lavorava anche come copy per la McCann, l’agenzia di pubblicità, e quello gli sembrava un lavoro più solido. Gli parlai e lo convinsi a rimanere, gli dissi che era nato per questo lavoro. Io volevo una radio fatta di persone che riconoscevi dalla voce, per me il suo timbro diverso era un plus».

L’anima di Jovanotti?

«Penso di averla capita molto prima degli altri. Tutti vedevano come era, io vedevo come sarebbe stato. Ricordo il primo incontro: partecipava a una gara e si trovò contro un gruppo (i Tutu) che avevo proposto io; Lorenzo perse lo scontro diretto, ma dissi subito a un mio collaboratore: saluta i Tutu, voglio l’altro. Gli feci una telefonata dà boss, un aut aut: se vieni bene, se no ne trovo un altro. Avevo paura di aver esagerato».

Uno che le è sfuggito, un inquilino mancato?

«Me lo chiedono spesso. No. Assolutamente. Ho un sesto senso che non mi ha mai tradito».
(Continua sul Corriere della Sera)

 

 

 

 

(Nella foto Claudio Cecchetto)