Pubblicato il 24/11/2022, 11:34 | Scritto da La Redazione
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Gerry Scotti: “Io, in Tv quasi per caso”

Gerry Scotti: “Io, in Tv quasi per caso”
Il conduttore ripercorre la propria carriera con Chiara Maffioletti de Il Corriere della Sera: dagli inizi in radio con Claudio Cecchetto, che l'ha portato in Tv con Deejay television, alla sliding door del Festivalbar con Vittorio Salvetti. Una carriera niente male per un "ragazzino timido".

«Al liceo ero il più povero Conquistavo con le torte le figlie della Milano bene»

Corriere della Sera, di Chiara Maffioletti, pag. 33

Gerry Scotti si definisce un ragazzo fortunato, la cui vita è stata ben più incredibile dei suoi sogni. Per merito — ma quasi sempre anche un po’ per caso — questo ex bambino timido della periferia di Milano ha vinto una serie di sfide che, però, ancora oggi fatica a definire tali. «Non avevo spirito di rivalsa e non ho mai desiderato diventare chi sono: non era il mio obiettivo. Semplicemente sono successe molte cose che sembravanoperfino a me al di là della mia portata».

È in assoluto tra gli uomini più popolari d’Italia. Ma per errore?

«Facevo la radio e mi sembrava il massimo. Sentiamo Linus da 3o anni: se non avessi preso la mia strada, oggi sentireste lui e me, perché quello volevo fare, la radio».

Poi, però, è arrivata la televisione.

«Cecchetto si è preso la briga per primo di dirmi che quello che facevo in radio potevo farlo, allo stesso modo, in Tv: aveva inventato la radio visione con Deejay television. Mi sembrava il massimo allargamento della mia professionalità: lo vivevo come una protesi, come un abusivismo che prima o poi avrei condonato. Non vedevo l’ora di tornare a fare solo e soltanto la radio».

Invece, dopo qualche anno, si è ritrovato a condurre anche il Festivalbar.

«Non posso dire che mi sia capitato per caso, ma quasi: sempre Cecchetto mi aveva proposto di fare le telepromozioni al posto suo, così ho passato l’estate del 1987 dietro le quinte del Festivalbar. La serata della finale, all’Arena di Verona, davanti a 3omila persone, esco per fare la mia pubblicità delle patatine. Salvetti, il patron della manifestazione, aveva una stanzina grande un metro per due, da dove supervisionava tutto. Sente il boato e urla: vi avevo detto di non far salire sul palco nessun cantante. Al che, imbarazzati, gli dicono che ero uscito io a fare le telepromozioni. Appena finisco mi chiamano, bianchi in volto: devi andare da Salvetti. Ecco, ho pensato, è successo il patatrac. Entro nella sua stanza e mi dice: “Gerry Scotti? L’anno prossimo il Festivalbar lo presenti tu”». (Qui il conduttore si commuove, succederà altre volte ndr).

Una sorpresa totale.

«Non era nemmeno nelle mie speranze. Questo è stato il primo grande atto contro la mia previsione e anche contro la mia volontà».

Davvero non si era mai immaginato presentatore in tv? Nemmeno da bambino?

«Ero un ragazzino timido. Se c’era la recita di fine anno non alzavo certo la mano per partecipare, nemmeno per presentare, quindi dire che ce l’avevo nel dna sarebbe raccontare una frottola. Quando avevo 12 anni mio zio Paolino mi regalò il magnetofono geloso, per registrare le canzoni che passavano in radio: era il nostro Spotify. Quando ho sentito per la prima volta la mia voce registrata con quello strumento mi ha dato un tale fastidio che ho cancellato il nastro».

Eppure è stata un escalation…

«In tv conducevo programmi musicali. Un giorno, nel parcheggio di Mediaset incontro Patina Ruffin, la signora della tv. Mi guarda e mi dice: “Ti devo parlare, domani alle n in ufficio da me”. Una voltati, mi chiede: “Sei contento di fare quello che fai?”. “Non mi sembra vero signora”, rispondo. Ma lei fa cenno di no con il dito e dice: “Tu sei adatto per essere formato famiglia: l’anno prossimo condurrai Il gioco dei Nove».

Felice?

«Macché. È un po’ come se a uno che oggi conduce X Factor dicessero di andare a fare il giochino tv delle sette di sera. Ma anche per Vianello ero la persona giusta. Per me era una notizia ferale: non mi sentivo all’altezza, non mi sentivo nel ruolo. Non avevo idea, quando sono entrato in quello studio, che per 35 anni sarebbe diventato il mio lavoro, la mia vita e il modo in cui tutti gli italiani mi hanno conosciuto».

Oggi ha fatto pace con questa dimensione?

«Ora è il mio momento di pace, in cui stacco e mi diverto. Poi ho fatto tante altre cose, prime serate, e sono continuate a capitarmi eredità che andavano oltre le mie necessità. Quando mi hanno proposto La Corrida pensavo a una candid camera. Come la volta in cui mi hanno detto di fare con Delia Scala la sitcom Io e la mamma».
(Continua sul Corriere della Sera)

 

 

 

(Nella foto Gerry Scotti)