Pubblicato il 24/10/2022, 17:02 | Scritto da La Redazione
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Il futuro della Radio? è nelle Università

Studi di registrazione oltre le aule: negli atenei crescono le Webradio

Il Sole 24 Ore, di Margherita Ceci, pag. 15

Se all’estero sono spesso la norma, soprattutto nei Paesi anglosassoni, in Italia rimangono ancora un fenomeno di nicchia, qualcosa di chiuso dentro le mura universitarie e talvoltapoco conosciuto persino dagli stessi studenti. Eppure, le radio universitarie sono una quarantina in tutta Italia, e oltre trenta di queste fanno capo a Raduni, l’associazione degli operatori radiofonici universitari. A ideare e produrre programmi, podcast e palinsesti sono studenti o ex studenti affezionati; per alcuni, si tratta di un trampolino di lancio per lavorare nel campo anche dopo gli studi, per altri è un modo di vivere l’ateneo anche fuori dalle aule. «Sono più di 30 o ragazzi che ogni anno fanno un lavoro dicomunicazione atitolovolontario – commenta Carlo Papier, presidente di Raduni -, molti di loro diventeranno speaker, giornalisti, registi in emittenti nazionali, testate giornalistiche e televisioni. È una riflessione che abbiamo posto anche alla Federazione nazionale della stampa, che ha istituito un osservatorio a riguardo. ii percorso di formazione di un operatore radiofonico completo è di almeno due anni, ma a oggi non vengono rilasciate certificazioni di alcun tipo, se non le attestazioni di partedpazione e frequenza ai percorsi, agli eventi formativi, alle produzionie alle altre attività svolte all’interno dell’ateneo». La prima radio nasce nel 1998 da un’idea di un professore di Comunicazione, si chiama Facoltà di Frequenza, trasmette in Fm ed è la radio ufficiale dell’Università di Siena.

Ma le frequenze disponibili sono poche, i finanziamenti dell’ateneo ancora meno, nel mentre internet, che sta prendendo il sopravvento, permette di trasmettere a costi molto più bassi delle Fm: il decennio 2000-2010 vede spuntare una dietro l’altra le web radio universitarie. Si trasmette online, tramite il sito web, che contestualmente ospita gli articoli scritti dalla redazione. Nel 2006 arriva Raduni, il primo raduno nazionale delle radio universitarie, e da lì nasce l’associazione, che attualmente permette alle singole radio di raggiungere eventi di respiro nazionale e internazionale che altrimenti, in quanto piccole realtà, faticherebbero a raggiungere. Lo dimostrano le partecipazioni come reporter a Sanremo e al Festival del cinema di Venezia, o la partecipazione ad Europhonica, il format europeo delle radio universitarie che punta a diffondere le politiche comuni. Quanto ai finanziamenti, la situazione varia molto a seconda delle forme giuridiche dei media: dalle associazioni culturali, ai mezzi di comunicazione dell’ateneo e alle testate registrate, fino a enti e fondazioni sino a gruppi informali di studenti «Se la radio è gestita dall’ateneo – spiega Pahler – è l’ateneo che pensa ate, ma dipende, ci sono anche bandi europeio fondi. Per esempio il Fondo Antonio Megalizzi, che abbiamo promosso in seguito alla sua scomparsa nell’attentato del 2018 a Strasburgo, dove si trovava in qualità di reporter universitario». In alcuni casi, la prima a credere nelle potenzialità della radio è l’università stessa, come accaduto per Fuori Aula Network, dell’Università di Verona, in cui l’ateneo ha deriso di investire le proprie risorse tramite un assegno di ricerca per far ripartire la radio, interrottasi durante il Covid.
(Continua su Il Sole 24 Ore)