Pubblicato il 21/09/2022, 19:03 | Scritto da La Redazione

L’ultima trasmissione di Sua Maestà

Un’ultima trasmissione per una monarca il cui regno ha affiancato l’ascesa della TV

The New York Times, di James Poniewozik, pag. 12

La televisione ha fatto conoscere al mondo la Regina Elisabetta II. Era giusto che la televisione la vedesse uscire di scena. I sette decenni di regno della regina hanno attraversato quasi esattamente l’era della televisione moderna. La sua incoronazione nel 1953 ha dato inizio all’era degli spettacoli video globali. Il suo funerale, lunedì, è stato un corteo a colori accessibile a miliardi di persone. È stata l’ultima dimostrazione della forza di due istituzioni: la grandezza concentrata della monarchia britannica e il potere accumulato dalla televisione per portare gli spettatori in ogni angolo del mondo. “Devo essere vista per essere creduta”, avrebbe detto una volta Elisabetta. Non era tanto un vanto quanto il riconoscimento di un dovere moderno. Bisognava farsi vedere, che lo si volesse o meno. Era la sua fonte di autorità in un’epoca in cui il potere della corona non passava più attraverso le flotte di navi. Era il modo in cui forniva al suo Paese rassicurazione e stabilità. L’ultimo servizio funebre di un monarca britannico, re Giorgio VI, non fu trasmesso in televisione. Per un’ultima volta, Elisabetta è stata la prima. È entrata sulla scena mondiale, attraverso la nuova magia delle trasmissioni, come un volto giovane e risoluto. Ne è uscita come una corona ingioiellata su un cuscino viola, trasmutata infine in puro simbolo visivo. Gli americani che si sono svegliati presto lunedì (o sono rimasti svegli, in alcuni fusi orari) hanno visto immagini suggestive in abbondanza, su ogni rete di informazione. La vista mozzafiato dall’alto della bara nell’Abbazia di Westminster. Il flusso continuo di leader mondiali. La folla fitta lungo la processione verso Windsor, che lanciava fiori al corteo. I corgis. I telespettatori hanno anche visto e sentito qualcosa di insolito nell’ambiente dei notiziari televisivi: lunghi tratti di azione in diretta non narrata – la recita di preghiere, lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli – e momenti di silenzio. Ciò è stato notevole nel servizio sul golf della BBC World News, che ha lasciato che scene come il caricamento della bara su un carro armato si svolgessero in silenzio, con lo schermo privo delle consuete didascalie in basso.

Le reti commerciali americane, parenti alla lontana di questo servizio, riempivano i vuoti con chiacchiere di storia e analisi. I telegiornali hanno chiamato gli inglesi. (Su Fox News, i personaggi dei reality Piers Morgan e Sharon Osbourne hanno criticato le imprese mediatiche del principe Harry e di Meghan Markle). I “commentatori reali” hanno analizzato i punti del protocollo e inventariato i materiali e il simbolismo della corona, dello scettro e della sfera come se fossero dei periti d’asta. Ma anche la TV americana si è fermata durante la cerimonia funebre. Le telecamere hanno ammirato le arcate gotiche dell’Abbazia di Westminster, si sono immerse negli inni dei cori, hanno guardato i gioielli reali, si sono soffermate sul volto solenne di Carlo III durante l’esecuzione di – suona ancora strano – “God Save the King”. Infine, abbiamo osservato dall’alto i portatori che portavano la bara passo dopo passo sul pavimento di diamanti bianchi e neri come un pezzo di scacchi ornato. Il silenzio degli spettatori era un gesto di rispetto, ma anche una sorta di soggezione da turisti. Eravamo venuti fin qui; ovviamente volevamo goderci il panorama. Il regno di Elisabetta fu caratterizzato da una visibilità senza precedenti, nel bene e nel male. La sua incoronazione nel 1953 spinse gli inglesi a comprare televisori, facendo entrare il Paese nell’era della TV e invitando il pubblico a partecipare a un evento un tempo riservato all’alta borghesia. Questo cambiò qualcosa di essenziale nel rapporto delle masse con la monarchia. L’incoronazione, con i suoi paramenti e le sue benedizioni, significava il legame esclusivo del monarca con Dio. Una volta che questo non era più esclusivo, tutto il resto del rapporto tra il sovrano e il pubblico era oggetto di negoziazione.
(Continua sul New York Times)

 

 

 

(Nella foto il funerale della Regina Elisabetta II)