Pubblicato il 25/03/2022, 17:02 | Scritto da La Redazione
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Gianfranco Funari, che pensava che la tv fosse più forte della politica

Funari e il mito della televisione

Il Fatto Quotidiano, pagina 20, di Nanni Delbecchi.

Al funerale di Gianfranco Funari la chiesa era affollata di gente comune, un estremo picco di ascolto che lo avrà fatto esultare; in compenso, pochi addetti ai lavori, non pervenuto il mondo politico. Questo ricordo di Piero Chiambretti è la morale della favola vera raccontata dal documentario Funari Funari Funari disponibile su Sky Arte, che ha riacceso i riflettori sul più rimosso degli anchorman. In una televisione dove si resta in pista fino alla consunzione, dalle eterne protezioni girevoli, Funari è stato una meteora di successo.

Di grande successo, raggiunto con l’intuizione che la politica stava diventando la prosecuzione del cabaret con molti più mezzi. La Tv era un Casinò dove si poteva sbancare, e tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ’90 Funari fa davvero saltare il banco, abbattendo i confini tra intrattenimento e attualità. Basta fagioli a mezzogiorno: porte aperte ai politici, che dal video non avrebbero più schiodato. Ray-ban fumé, sguardo fecondatore, sorriso di ceramica idrosanitaria, alfiere di Di Pietro e aedo della mortadella, fedele al motto «la tv è come la cacca: bisogna farla, non guardarla», Funari diventa il principe azzurro della casalinga di Voghera. Per tre volte viene licenziato (la prima volta dalla Rai2 socialista, le altre due da Mediaset) e per tre volte torna a scommettere su di sé.

Le prime due vince molto, la terza, dopo l’affermazione di Berlusconi alle Politiche del ’94, paradossalmente gli sarà fatale. La forza di Funari fu mostrare alla politica il potere della Tv; l’errore fatale fu credere che la tv fosse più forte della politica (illusione durata giusto i due anni di Tangentopoli).
(Continua su Il Fatto Quotidiano)

 

(Nella foto Gianfranco Funari)