Pubblicato il 19/07/2021, 19:05 | Scritto da La Redazione
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Jerry Calà: Festeggio i 70 anni all’Arena di Verona

Jerry Calà: «Ecco i miei 70 anni da doppia libidine»

Il Tempo, pagina 20, di Carmen Guadalaxara.

Prima di Jerry, Calà era Calogero Alessandro Augusto. Nato a Catania il 28 giugno 1951, poi emigrato a Milano per seguire il padre ferroviere. È nella Capitale Meneghina che assumerà il soprannome di «Jerry», datogli scherzosamente dai compagni di scuola, divertiti dalle sue gag alla Jerry Lewis. In occasione dei suoi 70 anni da «libidine» Jerry si regala un compleanno doc all’Arena di Verona. Festeggerà con un grande concerto che si terrà il prossimo 20 luglio: uno spettacolo unico, con l’organizzazione di The Best Organitation, che vuole essere una grande festa. Due ore di spettacolo, tanti ospiti, durante le quali Jerry non si risparmierà e, attraverso irresistibili racconti di vita vissuta, divertenti gag e canzoni indimenticabili, coinvolgerà gli spettatori con l’ironia e la spensieratezza che lo hanno sempre caratterizzato. Non mancheranno le canzoni simbolo delle commedie all’italiana di cui è stato protagonista al cinema, da Sapore di mare dei Vanzina, alla colonna sonora di Vacanze di Natale, ma ci saranno anche numerosi omaggi a grandi artisti della musica italiana

Jerry la gente ha voglia di divertirsi.
«Sempre con le dovute precauzioni. Le restrizioni sono state sacrosante, sono stato attento e sono rimasto un anno chiuso in casa. Ho fatto il vaccino e mi piace l’idea del generale Figliuolo di farlo anche nelle discoteche, un settore che dà lavoro a tante persone e che si trova a terra. Le discoteche sono sempre state demonizzate, ma almeno lì i ragazzi stanno al sicuro. Molto meglio che stare in strada o nei rave party clandestini».
70 anni festeggiati alla grande senza rimpianti.
«Un artista vero non rinnega mai niente di quello che ha fatto, perché tutto fa parte di un viaggio della vita attraverso il lavoro che fa, attraverso lo spettacolo, come qualsiasi altro lavoro che comprende sia cose fatte bene sia errori, è tutta vita. Adoro tutto quello che ho fatto perché è stato un percorso meraviglioso e mi ritengo fortunato per aver fatto dei film che dopo 30 anni vanno ancora in prima serata. A me fanno sorridere quegli artisti che rinnegano quello che hanno fatto, è dimostrazione di bassa levatura».

La sua hit dell’estate?
«Sapore di sale, anche per il film Sapore di Mare. La più grande canzone dell’estate. Poi Un’estate al mare di Giuni Russo, lei mi piaceva moltissimo. Era una canzone dell’estate d’autore, e poi i Righeira con Vamos a la playa e L’estate sta finendo. Le sanno pure i ragazzini di oggi, e sanno le battute dei miei film di quando non erano ancora nati, questo ci deve far riflettere: può darsi che i ragazzi non trovino qualcosa di veramente mitico, come invece si accorgono che erano le nostre canzoni, i nostri film».
Sapore di mare.
«Per me fu un film molto importante perché mi fece capire una cosa: potevo fare dell’altro. Ricordate tutti il finale che dopo tante risate faceva provare un brivido di commozione al pubblico? C’è un salto di vent’anni rispetto al resto della storia, siamo ai giorni nostri (cioè a quelli di quando fu girato il film, ovvero i primi anni Ottanta). Con sotto Celeste nostalgia, la canzone di Cocciante, io, truccato e invecchiato, non riconosco Marina Suma che mi viene a salutare. Dopo le mando un biglietto di scuse che lei legge mentre io faccio uno sguardo in una scena che Carlo Vanzina ha girato con un espediente imparato da Sergio Leone: carrello avanti e zoom indietro. Abbasso lo sguardo che poi si alza per perdersi nel nulla, mentre Marina mi guarda da lontano. In quel momento, vent’anni dopo, entrambi pensiamo a tutto ciò che è stato e a quello che non è stato e che sarebbe potuto essere se… Mi ricordo che, finita la scena, l’operatore alla macchina venne da me e mi disse: “Jerry, hai fatto uno sguardo che… Pensaci. Tu puoi fare anche dell’altro”. Lo ringraziai, credendo fosse un complimento come tanti. Invece alla prima del film ebbi una conferma. Seduto accanto a me c’era Carlo Verdone. Durante il finale, davanti a quello sguardo, Carlo mi strinse il ginocchio e mi sussurrò una cosa che suonava come un insulto, ma che era il più grande complimento: “Che fijo de na mignotta…”».
(Continua su Il Tempo)

 

(Nella foto Jerry Calà)