Pubblicato il 28/12/2020, 18:02 | Scritto da La Redazione

Gianfranco Funari raccontato dalla sua seconda moglie

«II Funari segreto raccontato da una ex moglie»

Libero, pagina 11, di Giovanni Terzi.

«È con immenso piacere che vi consiglio il libro Amame de meno di Rossana Seghezzi perché Rossana e io, in momenti diversi della nostra vita, abbiamo condiviso una parte del nostro cammino con un uomo davvero speciale che abbiamo amato molto e che ci ha amate molto. Io, la terza moglie di Gianfranco e Rossana, la seconda moglie, abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto. Quando Gianfranco Funari mi raccontava della sua vita passata con lei io lo ascoltavo con interesse e curiosità perché il loro come il nostro è stato un legame importante e nei confronti di un sentimento unico come l’amore ci vuole sempre rispetto e devozione. Potete ordinare il libro di Rossana, io non vedo l’ora che mi arrivi».

Questo il messaggio che Morena Zapparoli, ultima moglie di Gianfranco Funari, ha scritto su Facebook con l’intento di presentare il libro di Rossana Seghezzi, ex moglie del conduttore televisivo dal 1987 al 1997. «…il loro come il nostro è stato un legame importante e nei confronti di un sentimento unico come l’amore ci vuole sempre rispetto e devozione», la forza di questa frase sta nella complicatissima semplicità che essa rappresenta. Oggi intervistare Rossana Seghezzi ed ascoltare il racconto che fa del conduttore che ha rivoluzionato la televisione italiana è come fare un passo indietro, riconoscendo la genesi dei tanti talk-show contemporanei che addensano la nostra giornata televisiva.

«Con Morena c’è sempre stato un bellissimo rapporto, leale e sincero», inizia a raccontarmi Rossana «dovuto al fatto che Gianfranco non mi ha lasciato per lei, anzi il loro rapporto iniziò contemporaneamente alla mia storia d’amore con Egidio (Egidio La Gioia musicista e direttore artistico che ha interpretato Gesù in Jesus Christ Superstar di Carl Anderson e Ami Stewart). Vidi nascere l’amore tra Gianfranco e Morena…».

Un libro dopo quasi un quarto di secolo dalla separazione con Funari, perché?
«In realtà questo libro lo scrissi vent’anni fa. La mia analista, da cui ero andata dopo la separazione con Gianfranco, mi consigliò di scrivere un diario quasi per esorcizzare quel momento. Così iniziai a mettere nero su bianco i miei ricordi e le mie emozioni».
È stato un momento difficile la separazione da Funari?
«Un vero e proprio choc. Lo vedevo irritabile e nervoso negli ultimi periodi insieme. Il giorno di Natale per una banalità e davanti a tutta la mia famiglia decise di lasciarmi e andarsene via: mi creda che non era un suo modo di comportarsi. Poi capii il perché…».
Perché?
«Perché aveva iniziato da tempo una relazione con la sua truccatrice. Per me fu un dolore tremendo in quanto eravamo sempre in simbiosi umana e professionale. Per lui avevo lasciato la danza e tutto. Improvvisamente mi ritrovavo sola e mi cadde il mondo addosso».
Come mai il titolo Amame de meno?
«Era un modo di dire di Gianfranco a me. A volte ripeteva “a Rossa’ amame de meno”. Gianfranco era straordinario e affascinante: un giorno lui era in bagno in mutande e io lo fissavo ammirata sulla soglia della porta e lui, voltandosi, mi disse “ti sei voluta prendere questo bronzo di Riace”. L’ironia, l’iperbole, il finto cinismo nascondeva un animo libero e buono».
L’amore per la libertà fu uno degli aspetti che Funari pagò di più con il potere…
«Già, Gianfranco era un anarchico, un ribelle uno che non si poteva imbavagliare in alcun modo. Litigò con tutti, da Berlusconi ai dirigenti Rai, Mediaset. Era fatto così ma era geniale».
Cosa ricorda di lui?
«Lentamente dopo lo sconquasso della separazione i bei ricordi iniziarono a emergere. Dal punto di vista professionale posso dire di aver visto nascere Funari».
Dove?
«A TeleMontecarlo in un programma che si chiamava Torti in faccia e in cui mise di fronte con una formula innovativa dove proponeva contenziosi verbali fra categorie di semplici cittadini, formula che ripropose con successo con il programma Aboccaperta».

Ebbe successo?
«Posso dire che “l’intellighenzia” lo detestava, ma lo copiava; ricordo che Bruno Voglino, un dirigente Rai a cui fu proposto il format, lo rifiutò dicendo che non poteva avere successo. Ma Gianfranco era avanti e fu di grande successo».
Quale era il segreto del successo di Gianfranco Funari secondo lei?
«L’essere profondamente e sempre sè stesso, senza filtri e poi capiva la gente e ne riconosceva i gusti. Amava dire sempre che “in televisione per essere eccezionali bisogna mascherarsi da normali, abbassarsi al gradino più basso, corteggiare senza pudore le casalinghe”».
Funari aveva sempre espressioni forti che però sono rimaste impresse nella memoria della gente per esempio quando disse “la televisione è come la merda bisogna farla, ma non guardarla”. Che rapporto aveva con la televisione?
«Gianfranco amava farla, ma senza sottostare a ricatti. Infatti, venne epurato sia da Rai che da Mediaset».
Cosa ricorda di quei momenti?
«Ricordo quando Minoli, capo struttura in Rai, chiamò Gianfranco per farlo entrare in azienda. Nessuno se lo aspettava e fu esaltante. Guadagnava tantissimo all’epoca, quasi seicento milioni delle vecchie lire, e furono anni entusiasmanti. Poi inaugurò le trasmissioni nella fascia meridiana di Rai2 con la trasmissione Mezzogiorno è… che andrà avanti per tre stagioni, fino a quando, a causa dell’invito fatto a Giorgio La Malfa e non gradito dai vertici dell’azienda fu allontanato».
Cosa accadde?
«Giampaolo Sodano lo chiamò e disse che era meglio non invitare il politico repubblicano, ma Gianfranco andò dritto per la sua strada».
E poi?
«Riprese ad arringare il pubblico mettendo i politici a confronto con la gente comune su Italia1 a Mezzogiorno Italiano, ma anche lì fu cacciato assieme a Carlo Freccero».

 

(Nella foto Gianfranco Funari)