Pubblicato il 04/11/2020, 19:02 | Scritto da La Redazione

Ospitate in Tv=Abbonamenti online ai giornali

Ospitate tv in aiuto dei giornali

ItaliaOggi, pagina 19, di Claudio Plazzotta.

Da parecchi anni i programmi televisivi ospitano una compagnia di giro di giornalisti della carta stampata. E, soprattutto in un periodo nel quale non brillano certo le vendite di quotidiani e periodici in edicola, in abbonamento o sul web, molti si chiedono perché queste firme sottraggano così tante energie al prodotto editoriale per il quale principalmente lavorano, concedendole, invece, a trasmissioni tv di altri editori. Una proposta interessante arriva su Twitter da Massimo Donelli, celebre giornalista che, tra l’altro, ha diretto Canale5, Tv Sorrisi e canzoni, Epoca, Fortune e ha condiretto Panorama: «Compensare i giornalisti ospiti in tv con abbonamenti digitali alle loro testate da regalare ai maturandi. Una classe alla volta, le copie aumenterebbero creando abitudine di lettura tra i giovani. Una nobile e redditizia operazione win-win per Fieg e broadcaster: chi comincia?».

Nella notte dei tempi si diceva che la partecipazione a programmi televisivi facesse aumentare la visibilità e le copie vendute del giornale per il quale le firme lavoravano. Ma ormai non ci crede più nessuno, soprattutto visti i risultati: come dice qualcuno, infatti, se fosse efficace questa regola allora Il Giornale di Alessandro Sallusti o L’Espresso di Marco Damilano dovrebbero vendere più del New York Times vista l’assidua presenza dei due direttori sul piccolo schermo. Diciamo invece che la tv è stata utilizzata soprattutto per migliorare l’immagine, la fama e anche il conto in banca dei giornalisti invitati: spesso, infatti, ci sono dei gettoni di presenza (Vittorio Feltri parla di 2-3 mila euro a ospitata per i programmi Mediaset), altre volte addirittura dei contratti quadro (quello di Marco Travaglio con La7, ad esempio, che nel 2017 l’editore Urbano Cairo aveva quantificato in 125 mila euro all’anno).

L’elenco degli ospiti fissi

C’è Fabrizio Biasin, a capo degli spettacoli e dello sport del quotidiano Libero, che in poco tempo è diventato un personaggio ormai di fama nazionale proprio attraverso una assidua e implacabile frequentazione degli studi televisivi, da Telelombardia a Tiki Táka (Italia1) o Quelli che il calcio (Rai2): «I giornalisti di quotidiani che vanno tanto in televisione e rubano il tempo al loro lavoro principale», ci raccontava Feltri, direttore di Libero, «di sicuro non fanno vendere più copie ai giornali. Però andare in televisione fa il bene dei singoli giornalisti, nel senso che dopo essere stati in tv la portinaia li riconosce. Ormai se non vai in tv non ti conosce nessuno».

È chiaro, quindi, che l’ospitata in tv non porta benefici al giornale per il quale si lavora, ma solo al giornalista. In alcuni casi il talent è editore di sé stesso (Marco Travaglio, Maurizio Belpietro, in un certo senso pure Vittorio Feltri, Andrea Scanzi o Daniele Capezzone) e può fare quello che vuole. In altri casi si tratta di rappresentanti di testate molto di nicchia, come quelle di Piero Sansonetti o Gaetano Pedullà, o neonate, come Stefano Feltri con Domani, e quindi può valere il discorso della promozione del giornale. In altri ancora l’editore del giornale e della rete tv possono coincidere, e quindi si tratta solo di ottimizzare le risorse in una partita di giro. Ma nella larga maggioranza dei casi, e pensiamo, per citarne solo alcuni, a Beppe Severgnini (Corriere della sera), Maurizio Molinari (direttore di Repubblica), Marco Damilano (direttore de L’Espresso), Massimo Giannini (direttore de La Stampa), Alessandro Sallusti (direttore de Il Giornale), Fabrizio Biasin (Libero), Franco Ordine (Il Giornale), Francesco Borgonovo (La Verità), Marianna Aprile (Oggi), Federico Rampini (Repubblica), Massimo Gramellini (Corriere della sera), Claudio Cerasa (direttore de Il Foglio), Franco Bechis (direttore de Il Tempo), Aldo Cazzullo (Corriere della sera), Tommaso Labate (Corriere della sera), Antonio Polito (Corriere della sera), Sergio Rizzo (Repubblica), Claudio Tito (Repubblica), si tratta di un caravanserraglio che scorrazza da un canale all’altro, magari con tanto di agenzia che ne cura gli interessi, e che non porta sostanzialmente nulla alle rispettive testate.

La proposta di Donelli

Di qui la proposta provocatoria di Massimo Donelli, ora docente universitario e consulente attraverso la sua piccola boutique di comunicazione Mediafaber: «L’idea mi è venuta pensando a tutti i talk-show in onda dall’alba a notte fonda. E ai tanti giornalisti che li animano in studio o in collegamento. Mi sono fatto un po’ di domande. Se li pagano, come la mettiamo con l’esclusiva? E se non li pagano, che cosa ci vanno a fare, visto che l’esser lì non porta benefici alla testata, basta guardare i dati di vendita, ma, al contrario, la danneggia, privandola della loro presenza in redazione? Infine, il broadcaster, che li paghi o no, guadagna comunque; il giornalista ospite guadagna in popolarità; e il giornale e il suo editore, invece, nisba? Allora ho un po’ rimuginato e, alla fine, ho pensato che se Fieg (Federazione italiana editori giornali, ndr) e tv si mettessero d’accordo ne avrebbero solo benefici. E i giornalisti farebbero una bellissima figura».

 

(Nella foto Massimo Donelli)